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Ecco perché il nome di Paolo Savona spaventa gli europeisti di professione

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La campagnetta velenosetta di giornaloni e ventrilo-quirinalisti contro Savona è infondata nella sostanza (è più europeista di loro), indegna nella forma, e mostra solo la debolezza di chi la conduce e di chi la ispira.

Paolo Savona al Ministero dell’economia scatena panico e forte opposizione perché sfugge, nella narrazione mainstream, al ruolo dell’antieuropeista scalmanato e improbabile da talk show, le cui castronerie sono facilmente smascherabili. Savona è un europeista critico, razionale, competente: conosce economia, diritto, storia, macchina del governo e trattati europei alla perfezione. Hai visto mai che le sue ricette siano praticabili e disturbino davvero i manovratori (risultando in fondo persino europeiste)?

Savona non ha fatto dell’uscita dell’Italia dall’Euro il suo obiettivo politico. Ritiene però irresponsabile che il nostro paese, le nostre istituzioni non abbiano un “piano B”, nell’ipotesi di una crisi definitiva e insuperabile dell’Eurozona, o di una impossibile rinegoziazione delle regole e dei trattati – ritenuta necessaria da più parti.

Non è antieuropeo l’ex ministro dell’industria del Governo Ciampi, è al contrario convinto che le sue proposte, superando le attuali distorsioni che rendono l’Unione una gabbia inefficiente, che allontana da essa crescenti quote di cittadini europei, servano al meglio proprio la causa dell’Unione europea.

Tra l’altro, va considerato che la Lega ha rinunciato alla presidenza di una delle due Camere per il dialogo Centrodestra-M5S. Ha accettato un nome indicato dai cinquestelle per Palazzo Chigi, per far partire il governo giallo-verde. Ora propone per l’Economia un nome che sarebbe la figura di più alto profilo del nascente governo. Può politicamente accettare di dover cedere anche su questo?

Sorge il sospetto che si voglia favorire un assetto del nuovo Esecutivo eccessivamente sbilanciato e penalizzante per la Lega, così da precostituire le premesse per una sua futura uscita e sostituzione al fianco del M5S, quando i tempi saranno maturi, di un’altra forza politica, magari nata dalle ceneri del Partito democratico.

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