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Perché non è una buona idea fare affari con il regime iraniano

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Apprendiamo dall’account Twitter del Consolato iraniano a Milano che il console di Teheran Daryoush Sowlat ha incontrato il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, accompagnato da Alan Christian Rizzi, sottosegretario responsabile dei rapporti internazionali. Le parti, secondo quanto riportato nel tweet, hanno discusso di collaborazioni tra la Regione e alcune province iraniane.

Ci sono due ragioni però che suggeriscono al presidente Fontana di evitare qualsiasi collaborazione con il regime iraniano: una di natura politica e civile, l’altra economica.

Partiamo dalla prima: la Regione Lombardia promuoverebbe una cooperazione economica con il regime di Teheran mentre migliaia di iraniani stanno manifestando contro di esso, mettendo a rischio la loro stessa vita. E in migliaia sono stati già o uccisi o feriti o arrestati nella repressione dei mesi scorsi ancora in atto. Non solo: il regime con cui Fontana vorrebbe promuovere un approfondimento delle relazioni economiche, è lo stesso che si dichiara pubblicamente non solo negazionista, ma anche in favore della distruzione dello Stato d’Israele. Dovrebbe ricordare il presidente Fontana, in quanto esponente della Lega, che è stato proprio il suo leader di partito Matteo Salvini a dire che chi è nemico di Israele e chi non riconosce il diritto ad esistere dello Stato ebraico è nemico anche della Lega. Dunque, coerenza vorrebbe che fermasse qualsiasi tipo di relazioni con la Repubblica Islamica dell’Iran, almeno fino a quando essa non cambierà la sua ideologia jihadista e il suo agire eversivo.

La seconda ragione, quella economica, non è meno rilevante della prima: fare affari con l’Iran è molto pericoloso. Non è infatti possibile sapere con chi davvero si va a fare affari nella Repubblica Islamica, essendo gli interessi dei Pasdaran estesi in ogni settore dell’economia nazionale. Ergo, promuovendo questa cooperazione, si espongono gli imprenditori lombardi al rischio di fare affari – anche inconsapevolmente – con le Guardie della Rivoluzione, con l’effetto di poter cadere sotto sanzioni internazionali (come successo ad alcune banche italiane, come Intesa San Paolo).

Peggio: il regime iraniano non ha ancora aderito ai parametri richiesti dal Financial Action Task Force (FATF), organo intergovernativo che garantisce contro il riciclaggio di denaro, soprattutto a fini di finanziamento del terrorismo internazionale. Nonostante due leggi approvate dal Parlamento di Teheran, l’adesione ai parametri del FATF è stata bocciata due volte dal Consiglio dei Guardiani ed è ora nelle mani del Consiglio per il Discernimento (organo che dovrebbe dirimere le controversie tra Consiglio dei Guardiani e Parlamento). Sono mesi che il Consiglio ha in mano la questione e mesi che i suoi membri fanno capire di non essere a favore della posizione pro-FATF del Parlamento.

Tra un mese, inoltre, si svolgeranno le elezioni parlamentari in Iran e proprio il Consiglio dei Guardiani ha cassato la candidatura di decine di candidati considerati scomodi dal parastato, ovvero da chi veramente governa la Repubblica Islamica (clerici e Pasdaran). Dunque, le possibilità che l’Iran aderisca ai parametri anti-riciclaggio si riducono al lumicino e ovviamente ciò aumenta le possibilità che Teheran ritorni nella lista nera del FATF.

Ci chiediamo: è un “partner” che offre sufficienti garanzie alla Regione Lombardia per sviluppare business e cooperazione?