Quando all’università affrontai l’esame di diritto costituzionale, per far capire l’importanza della gerarchia delle fonti – che pone la Costituzione sopra ogni altra legge italiana – mi venne illustrato un bellissimo esempio pratico sul confronto tra i diritti in gioco: libertà individuali e diritto alla salute, nonché il ruolo della giustizia nella pratica quotidiana. Il caso, manualistico, era rappresentato dal diritto alle cure per il malavitoso rimasto ferito dopo uno scontro a fuoco con la polizia.
Questa situazione sembra essere perfettamente aderente a quanto sta accadendo nelle ultime settimane, per il Covid-19 e per la reviviscenza di una serie di figure mediatiche (televirologi e ministri romanzieri) che stanno tornando ad alzare notevolmente il tiro, come si suol dire, per incentivare la vaccinazione. Capiamoci, chi scrive è un convinto vaccinista, ma essere favorevoli ai vaccini – in virtù di una sconfinata fiducia nella scienza e nel progresso – non significa dover porre all’indice chi la pensa diversamente, perché semplicemente la Costituzione non possiamo ignorarla.
Il punto di guardia è uno: il vaccino contro il Covid-19 è sperimentale, e lo sarà fino al dicembre 2023 a prescindere dagli studi che hanno fatto in passato, i test di laboratorio e quanto altro. È sperimentale, almeno sotto un profilo burocratico-amministrativo, e finché resterà tale un obbligo vaccinale orizzontale (cioè per tutti) non sarà possibile poiché rappresenterebbe un provvedimento irrimediabilmente viziato da illogicità e non proporzionalità.
Serve però una precisazione, in quanto la definizione “sperimentale” finisce sempre per generare confusione, creando un misto di paure e dubbi nell’errata supposizione che si stia effettuando una vera e propria sperimentazione da laboratorio. Chiariamo, non è così. La natura “sperimentale” è legata ad una specifica procedura che si articola in 4 fasi, l’ultima (che sta attraversando il vaccino) serve appunto per la valutazione di effetti a medio/lungo termine ed avrà scadenza al 31 dicembre 2023, salvo proroghe da parte dell’Aifa stessa (si parla di “sorveglianza attiva degli eventi avversi”).
Essendo sperimentale, però, non si possono escludere degli effetti indesiderati, e questo ne impedisce la possibilità di essere obbligatorio per tutti.
Per superare questo vincolo, che porterebbe ad un aperto contrasto con la Costituzione tutta e non solo con l’articolo 32, si deve restringere il campo ad alcune categorie (per esempio i sanitari o la scuola), e comunque non è detto che possa bastare, poiché – sempre per la medesima questione – potrebbe essere considerata una “cura” a tutti gli effetti ed entrare in contrasto proprio con l’articolo 32.
Ma ipotizziamo che venga stabilito un obbligo, solo per alcune categorie, e non potendolo estendere in linea orizzontale – dal momento che il vaccino è sperimentale fino al 31 dicembre 2023, una norma di quel tipo sarebbe non proporzionale e manifestamente illogica, nonché in contrasto con una serie di diritti inviolabili della Costituzione oltre che con l’articolo 32 sulla salute – non sarà possibile stabilire alcun genere di limitazione per chi non si vaccina: non è solo una questione giuridica, è il doveroso esercizio delle proprie libertà individuali che si manifesta nella sua migliore espressione. La libera scelta.
Arriviamo al punto di caduta. Minacciare chiusure, limitazioni, Green Pass anche a colazione o addirittura la “sospensione dell’assistenza sanitaria per i non vaccinati” sarebbe illegittimo, incostituzionale, illiberale.
Ma è ancora più pericolosa la polarizzazione della “battaglia” al virus, con un vero e proprio attacco – simil ghettizzazione – per tutti coloro i quali non si sono ancora sottoposti alla vaccinazione, seppur poi il virus circoli sempre e comunque e l’unica vera differenza la faccia solo l’assenza della forma grave della malattia in chi si è sottoposto al siero (anche i vaccinati trasmettono il virus). Una ideologizzazione che è rappresentata da gesti, dichiarazioni e prese di posizioni davvero poco comprensibili, perché il libero convincimento è una cosa, la costrizione e il ricatto morale stile “cura Ludovico” in salsa mediatica è ben altro.
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Sul Green Pass mi sia concesso un piccolo appunto, stuzzicato anche dal commento del prof. Venanzoni proprio su queste colonne.
Il problema è duplice: giuridico e di attuazione pratica. Il Green Pass pone un problema giuridico, perché vi è una enorme – e irrisolta – questione di tutela della privacy e trattamento dei dati sanitari che, tra i dati sensibili, rappresentano quelli maggiormente sensibili; ma pone anche un problema di tipo materiale/pratico, poiché l’applicazione estensiva dello strumento comporterebbe che bar, ristornati, palestre, cinema, e quanto altro, si dotino di strumenti di controllo e con l’inevitabile epilogo stile App Immuni ove la moltiplicazione della burocrazia l’ha fatta naufragare prima ancora di partire.
Sul punto è interessante, e singolare, la posizione della Fondazione Gimbe che ha espressamente bocciato il Green Pass alla francese, che comunque ancora non si basa su alcuna norma ma solo su una conferenza stampa di Macron.
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Per chiudere e tornando all’inizio. L’esempio del malavitoso ferito, replicabile in innumerevoli altre situazioni ove un individuo si pone in condizione di cagionare un danno alla propria salute, è la consacrazione dell’articolo 32 della Costituzione ma – e forse soprattutto – è la sacrosanta affermazione delle libertà individuali. Il malavitoso sarà processato, ma prima di tutto gli viene salvata la vita. Oggi, in questo clima di generale schizofrenia, potremmo trovare qualche sagace saggio con il ditino alzato, pronto a dirci “eh ma è un rapinatore, possiamo lasciarlo morire per strada”, con un loquace ghigno che nemmeno Pol Pot, al pari di chi vorrebbe togliere le cure per i non vaccinati o magari impedire loro di prendere un caffè al bar.
È chiaro che non si può accettare questa posizione. Ogni limitazione alle scelte del singolo è incostituzionale e riprovevole. Che si chiami Green Pass oppure obbligo vaccinale, poco cambia. Essere favorevoli ai vaccini non significa dover bollare chi è contrario. Perché, molto semplicemente, la prossima volta quel ditino potrebbe puntare su di voi.