C’è una domanda, molto semplice, che quasi nessuno pone quando si parla della tragedia dei migranti. Tragedia che sempre più sta assumendo i contorni di una vera e propria invasione del continente europeo, visto il numero di persone che continuano a riversarsi sulle coste italiane e greche con la volontà di proseguire poi – nella maggioranza dei casi – verso le nazioni del Nord.
Il quesito è il seguente. Perché gli straricchi Paesi arabi, in primis quelli del Golfo, fanno poco o niente per aiutare questa massa di sventurati ai quali li accomuna quasi sempre la fede religiosa e una concezione della vita, dello Stato e della convivenza civile improntati a precetti che gli europei non possono accettare, pena lo stravolgimento di quella “società aperta” che è si è fatta strada da noi con enorme fatica?
La galassia di regni, sultanati, emirati e sceiccati diventati ricchissimi grazie ai proventi del petrolio potrebbe, se solo lo volesse, intervenire sul piano tanto umanitario quanto economico, in nome di quella solidarietà tra fratelli che la Lega Araba ha sempre predicato guardandosi bene, tuttavia, dal metterla in pratica.
Arabia Saudita, Emirati, Qatar, Kuwait etc. possiedono capitali immensi che, a volte, le dinastie che li dominano fanno addirittura fatica a impiegare. Il lusso sfrenato in cui i regnanti locali vivono è ben noto. Ne abbiamo la prova ogni volta che un emiro, accompagnato da uno stuolo di mogli, va da Harrods o nei negozi più celebri di Roma e Parigi facendo letteralmente incetta di articoli di lusso.
Eppure, invece di aiutare i loro confratelli, gli Stati suddetti hanno adottato – e tuttora adottano – una politica molto ambigua. Il ruolo di sauditi e qatarioti nella crescita dei movimenti fondamentalisti più radicali è ormai così noto da non necessitare di ulteriori commenti. Finanziano inoltre emittenti televisive che trasmettono in lingua inglese, ma sono soltanto apparentemente neutrali. In realtà ospitano anche predicatori che incitano alla cosiddetta “guerra santa”.
Mi si può rispondere, in primo luogo, che i suddetti Paesi hanno già le loro gatte da pelare. Quasi tutti risentono della presenza nel loro territorio di consistenti minoranze sciite in un contesto sunnita. Anzi, a volte gli sciiti sono addirittura maggioranza e, nonostante periodiche ribellioni, finora sono sempre stati trattati con metodi repressivi.
In secondo luogo, è possibile obiettare che “ospitano” già masse di lavoratori stranieri – per lo più sottopagati – che provengono dalla vicina Asia. E non solo musulmani. Si pensi per esempio ai filippini cattolici, spesso vittime di episodi di violenza.
Però, insomma, vien da chiedersi perché mai soltanto l’Europa dovrebbe praticare senza discutere la carità e la misericordia invocate in continuazione da Papa Francesco. E perché mai, inoltre, solo all’Europa (e all’Italia in particolare) tocchi l’umiliazione di sentirsi urlare sulla faccia “vergogna!”, come accadde in occasione di un naufragio di migranti in prossimità delle nostre coste.
Solidarietà, carità, misericordia e, se è il caso, pure la vergogna, vanno giustamente ed equamente condivise, altrimenti le esortazioni sono soltanto uno sterile esercizio di retorica.
Visto che le autorità spirituali ci dipingono un giorno sì e l’altro pure come cattivi, insensibili e immorali, qualcuno cominci a rammentare che al mondo c’è ben di peggio. Forse è già troppo tardi, ma vale comunque la pena di togliersi questa non piccola soddisfazione.