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Il più brutto Fico del Bigoncio

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Esiste un’antica espressione dalle origini tutte romane, la quale, italianizzata, fa: “Il più bel fico del bigoncio” oppure “Il migliore fico del bigoncio”. Potremmo dedicarla, giocando con il suo cognome, al Presidente della Camera Roberto Fico, ultimamente al centro dell’attenzione mediatica per alcune dichiarazioni che contraddicono la linea politica della maggioranza di Governo che lo ha eletto allo scranno più alto di Montecitorio. Ma dovremmo riferirci al “più brutto fico del bigoncio”. Brutto, ovviamente a livello politico, senza alcuna intenzione e nemmeno interesse di offendere o ironizzare sul piano umano e fisico. Quindi, politicamente parlando, Roberto Fico è diventato brutto, bruttissimo per Salvini e Di Maio e non potrebbe essere altrimenti.

Il Governo giallo-verde si è finora impegnato concretamente, facendo anche bene, su un solo argomento, ovvero l’immigrazione clandestina, mentre in merito ad altre questioni, (Flat-tax, reddito di cittadinanza, economia in generale), i motori paiono ancora spenti. E Roberto Fico che fa? Si distingue dal resto della maggioranza proprio su ciò che sta più a cuore a Matteo Salvini e che non viene ignorato nemmeno da buona parte del M5S e dei suoi elettori. Ma il Presidente della Camera diviene bruttino, sempre e solo da un punto di vista politico, anche dinanzi agli occhi di un po’ tutto il Paese e di coloro i quali non sono leghisti e tantomeno pentastellati, però hanno una loro testa e cercano di usarla con buonsenso. Bruttino dunque, nel merito e nel metodo. Nel merito, se Fico vuole i porti sempre aperti e ritiene che le Ong siano tutte senza macchia e che possano pertanto fare tutto ciò che vogliono in assenza di qualsiasi controllo, si fa interprete della linea lassista, tipica della sinistra in genere, che ha caratterizzato gli ultimi governi a trazione Pd.

Una linea fallimentare però che è stata abbondantemente bocciata dagli italiani, anche da chi non sostiene per nulla Lega e M5S. Infatti non c’è bisogno di essere fans sfegatati di Salvini, per rendersi conto di come gli sbarchi, indiscriminati ed incontrollati, di clandestini non siano più sostenibili per l’Italia e che servano forti segnali di discontinuità affinché i partner europei si sentano parte del problema. L’UE ha logiche talmente contorte che spesso è difficile ottenere qualcosa, pur alzando la voce, ma se Roma torna a rintanarsi nell’immobilismo, come vorrebbe Fico, di certo Parigi e Berlino non accorrono di loro iniziativa in aiuto del Belpaese. Nel metodo, assistiamo invece all’ennesimo Presidente di uno dei due rami del Parlamento, il quale, anziché essere garante di tutte le fazioni ed opinioni politiche, esprime con noncuranza delle posizioni partigiane e sembra dare inizio ad una battaglia tutta politica all’interno del M5S e della maggioranza giallo-verde. È vero, Roberto Fico ha dietro di sé i cattivi esempi di Bertinotti, Casini, Fini, Boldrini e Grasso.

Chi ha provato ad utilizzare l’autorevolezza offerta dalle presidenze di Camera e Senato, per incidere di più nel proprio partito o schieramento e chi, Fini e Grasso, ha addirittura fondato nuove formazioni politiche senza sentire il dovere istituzionale di dimettersi. Ma Fico appartiene ad una coalizione di governo che si dice “del cambiamento”, quindi sarebbe opportuno non perseverare con i vizi della vecchia ed odiata casta.