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“Più Stato” non è la soluzione: i successi del mercato contro un virus che arriva da uno Stato totalitario

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La prima e più grande vittima di questa pandemia sarà il capitalismo, il sistema di libero mercato. In Italia, e non solo, si moltiplicano le voci che vogliono la sua distruzione, quantomeno il suo ridimensionamento. Il mercato “abbandona” il malato se non ha abbastanza soldi di suo, “contagia” la gente tramite il libero scambio, “costringe” i piccoli commercianti a chiudere se gli unici che possono stare sul mercato sono grandi aziende. E quindi, la frase d’ordine è: ci vuole più Stato. Non che prima della pandemia il governo non lo dicesse già, ma ora media e governo paiono convinti di essere arrivati alla resa dei conti finale.

Purtroppo, come nel 1929, il mercato morirà sotto il peso delle calunnie. Perché se c’è qualcosa che questa epidemia sta dimostrando, è semmai il fallimento dello Stato. Mentre l’unica salvezza arriva dal mercato. Esageriamo? Non proprio. Prendiamo, ad esempio, il Paese che finora ha dimostrato di combattere con più successo questo virus, facendo arretrare il numero dei contagi: la Corea del Sud. Ebbene, la sanità sudcoreana è quasi interamente privata, nel senso che lo Stato dà una copertura assicurativa di base ai cittadini, ma gli ospedali sono gestiti da privati o da enti non statuali nel 94 per cento dei casi. Attualmente, la performance di quella sanità privata, quanto a posti letto disponibili, prestazioni mediche e tracciamento delle persone contagiate, sta dando l’esempio al resto del mondo. L’aspetto tecnologico della lotta al virus, in Corea del Sud, ci appare come un’innovazione straordinaria: sapere esattamente dove si diffonde il contagio, chi lo sta diffondendo e informare in tempo reale tutti per permettere loro di evitare i rischi (senza chiudere tutto il Paese come sta facendo il governo Conte). Ed è un prodotto di sviluppatori privati. Il governo ha sviluppato e diffuso la sua app, ma solo successivamente, nel frattempo ha avuto il buon senso di far agire i privati.

In Italia lo scoppio dell’epidemia è avvenuto in Lombardia, la regione dotata di un sistema sanitario misto, sia pubblico che privato. Ebbene, da un quarto a un terzo dei letti messi a disposizione sono di istituti privati. Ciò vuol dire, semplicemente, che è solo grazie alla presenza della sanità privata se il sistema non è già collassato sotto il peso della massa dei contagiati. Il Sistema sanitario nazionale è pagato da tutti i contribuenti con la fiscalità generale. Tuttavia, adesso si lamenta una carenza di posti letto e di personale addestrato. Ma i tagli non ci sono stati: la spesa è continuamente aumentata (salvo flessioni per tre anni) dal 2000 al 2019. Minori prestazioni a fronte di maggiori spese sono il chiaro sintomo della mala-gestione del pubblico. In compenso, nell’emergenza di queste settimane, come ai tempi del Rinascimento, sono soprattutto i grandi donatori che stanno colmando le carenze del pubblico, con i loro capitali privati: Esselunga, Unicredit, i big della moda (Armani, Bulgari, D&G, Etro), oltre ai sempre vituperati Chiara Ferragni e Fedez che hanno lanciato una raccolta fondi milionaria. Per non parlare di tutti i comuni cittadini che, in queste settimane, partecipano alle maratone di raccolta fondi per gli ospedali sotto pressione.

Al trionfo della filantropia, purtroppo, si contrappone il macigno della burocrazia. Gli ultimi esempi? Le mascherine inutilizzabili inviate dalla Protezione Civile al personale medico della Lombardia. E il freno posto da Roma alla costituzione di un nuovo ospedale d’emergenza in zona fiera a Milano. In compenso, stando a fonti di cronaca locale, la stessa Protezione Civile avrebbe bloccato 500 mila mascherine donate alla città di Brescia (una delle più colpite dall’epidemia). Dove sarà reperito tutto il materiale necessario che lo Stato non fornisce e non autorizza neppure? Ovviamente dal mercato libero. Finché sarà possibile. La Consip dichiara di aver seguito procedure molto accelerate per la gestione delle gare d’appalto per l’equipaggiamento medico necessario agli ospedali (e soprattutto alle terapie intensive). Alcuni commentatori non sono altrettanto entusiasti di come si sta comportando l’agenzia per gli acquisti della Pubblica Amministrazione. Il problema, a monte, è capire quanto il monopolio degli acquisti possa rallentare il reperimento rapido di materiale medico, in tempi di emergenza, dove ogni ora è importante per decidere della vita e della morte di centinaia di cittadini.

Quindi non c’è proprio alcun motivo per chiedere “più Stato”. Anche perché poi, chi ha dato inizio all’epidemia? La mala gestione e la noncuranza di uno Stato più Stato di tutti gli altri: il regime totalitario cinese. Anche se adesso sta riscrivendo la storia, con la complicità di fior di giornali italiani, è da Wuhan che è nata l’epidemia e si è diffusa perché, per ragion di Stato e prestigio ideologico, il regime ha soffocato ogni notizia utile a fermarla agli inizi. E alla fine di tutta questa vicenda, se ne usciremo vivi, cosa porrà fine all’epidemia? Un vaccino. E chi lo produrrà? Quasi certamente: qualche “malvagia” multinazionale farmaceutica.