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Biocarburanti, perché è una battaglia di retroguardia

Travolti principi che la stessa Ue proclama. Su alcuni “no” chiari e inequivocabili da dire oggi, il governo Meloni può costruire un nuovo corso in Europa nel 2024

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“La partita per i biocarburanti non è affatto persa”, ha assicurato il presidente Giorgia Meloni commentando al termine del Consiglio europeo l’intesa tra la Commissione e il governo tedesco per la deroga sugli e-fuel.

Principi travolti

Italia abbandonata, lasciata sola, raggirata dai soliti tedeschi? Confessiamo che quella sui biocarburanti è una partita che non ci appassiona. La riteniamo una battaglia di retroguardia, per una tecnologia che ad oggi appare ancora più immatura e costosa dell’elettrico.

Ne comprendiamo il valore nella logica di riduzione del danno, ma che il governo italiano strappi o meno questa deroga, non può cambiare la sostanza: il bando su diesel e benzina travolge in ogni caso i nostri interessi, la nostra industria, e diversi principi – su tutti quelli cruciali del libero mercato e della neutralità tecnologica.

Principi che nel momento stesso in cui vengono proclamati da questa Unione europea, vengono ipocritamente rinnegati in nome di un presunto bene comune superiore. Eppure, nessuno sembra rendersi conto di quanto ci costerà cedere su tali principi, sdoganando un potere politico sempre più arbitrario e volubile, che oggi vieta una tecnologia e ne impone altre, domani chissà.

Non è su innovazioni imposte per legge che abbiamo edificato la nostra civiltà, ma su tecnologie che si sono affermate in competizione tra loro in un contesto di libero mercato.

Attacco alla libertà

Ma stiamo assistendo ad un attacco alla libertà a tutti i livelli. Non si fermeranno all’auto, la casa è già nel mirino. È un attacco global, sul piano monetario. E local, basti guardare alla forte limitazione degli affitti brevi voluta dal sindaco di Venezia.

Se non si hanno chiari i principi da difendere il rischio è quello di salvare un albero mentre viene spazzata via l’intera foresta. Stanno staccando una ad una le foglie di un carciofo. Puoi salvarne due o tre, ma quello che ti resterà in mano non sarà più un carciofo.

Ormai è tardi, il treno della transizione ecologica è già partito? Può darsi, ma se non si mettono in discussione i presupposti delle politiche green, opponendo una contro narrazione al climatismo, sarà sempre troppo tardi.

Sono i target la follia

La logica della limitazione del danno andrebbe anche bene, se fosse chiaro il disegno complessivo. Ma la realtà è che questo governo sostiene di condividere gli obiettivi e le scadenze temporali di decarbonizzazione, lo ripete ogni giorno: “Stiamo dimostrando come anche i biocarburanti rispettino le emissioni zero: se una tecnologia risponde a quei target che ci siamo fissati, quella tecnologia può essere utilizzata”.

Ma se sono i target a essere sbagliati, perché fondati su una ossessione quasi religiosa, o comunque sproporzionati, insostenibili dal punto di vista sia economico che geopolitico?

Se premetti ogni volta che condividi i target di decarbonizzazione, stai ammettendo di condividerne anche i presupposti: in pratica, stai salendo a bordo del treno, non stai cercando di fermarlo. Sono i target la follia, di cui queste direttive non sono che la coerente, inevitabile conseguenza.

2024, l’ultima chiamata

La prima data utile, e probabilmente l’ultima chiamata, per provare a correggere la rotta dell’Ue su questo come su altri temi, è il 2024: le prossime elezioni europee.

Si presenta infatti l’occasione, per Giorgia Meloni, di determinare le condizioni sia politiche che numeriche per sganciare il PPE dai socialisti, e dar vita a Strasburgo ad una maggioranza di centrodestra (sull’asse PPE-ECR) che esprima una Commissione di centrodestra, ponendo fine al cartello popolari-socialisti che da decenni tiene in ostaggio le istituzioni comunitarie – con un sempre più marcato scivolamento a sinistra delle politiche – e determinando così per la prima volta una vera alternanza.

Missione non impossibile, ma sicuramente la strada è in salita. Il momento è favorevole perché in Germania è finita la lunga esperienza delle Grandi Coalizioni guidate da Angela Merkel e la CDU è all’opposizione, ma non è scontato che ciò basti a porre fine alla Grande Coalizione, vero e proprio agglomerato di potere, che regna a Bruxelles e Strasburgo. Dovranno verificarsi diverse condizioni.

La forza dei “no”

Ma è proprio in questi mesi che il governo Meloni dovrebbe seminare, costruire politicamente questo percorso, sulla base di parole e atti chiari su temi qualificanti come l’immigrazione e, appunto, le politiche green, senza temere di venire etichettati come “negazionisti climatici” – come, tra l’altro, sta già accadendo pur senza mettere in discussione la decarbonizzazione.

Anche se i rapporti di forza oggi non permettono di bloccare le direttive sull’auto o sulla casa, è da alcuni decisi, inequivocabili “no”, da dire però qui e ora, che può nascere domani un nuovo corso politico in Europa. Certo non da una navigazione di piccolo cabotaggio, che si accontenti di limitare i danni. Si può vincere o perdere, ma è l’unico modo per giocarla davvero la partita.

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