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Boccata d’aria fresca e liberale sulla giustizia. Forza Nordio

Ministro ineccepibile in audizione, promette una riforma liberale e garantista, e tolleranza zero sulle storture della malagiustizia italiana (“ispezioni immediate e rigorose”)

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Raramente, anzi a nostra memoria mai, ci era capitato di ascoltare da un ministro della giustizia linee programmatiche ispirate da una visione così liberale e garantista come quelle che abbiamo ascoltato ieri mattina da Carlo Nordio, in audizione davanti alla Commissione Giustizia del Senato (oggi bis alla Camera).

Il ministro Nordio ha annunciato l’intenzione di avviare “una riforma garantista e liberale del codice penale”, da realizzare “in parte con leggi ordinarie e in parte con revisione costituzionale”.

Ha spiegato che è arrivato il momento di risolvere le “contraddizioni insanabili” nel codice penale, adeguandolo “ai principi costituzionali” e realizzando la “completa attuazione” del codice Vassalli nella procedura penale.

Durante l’audizione non ha tralasciato nessuna delle questioni più spinose: la presunzione di innocenza, che “continua ad essere vulnerata”, un’azione penale “arbitraria e talvolta capricciosa”, l’uso e l’abuso della custodia cautelare “come strumento di pressione investigativa”, lo “snaturamento dell’informazione di garanzia, diventata condanna mediatica anticipata e persino strumento di estromissione degli avversari politici”, nonché intercettazioni e separazione delle carriere.

Parole pesanti, inequivocabili, ma verità incontrovertibili.

Tolleranza zero sulle intercettazioni

Il ministro Nordio ha quindi annunciato una “profonda revisione” della disciplina delle intercettazioni, di cui ha stigmatizzato “l’uso eccessivo e strumentale“.

Il numero di intercettazioni in Italia è “di gran lunga superiore alla media europea, con un costo molto elevato di centinaia di milioni di euro”, ha osservato il ministro, aggiungendo tra l’altro che “non si è mai vista una condanna sulla sola base di intercettazioni”.

E ovviamente il vero e proprio scandalo della loro diffusione “arbitraria e impropria” a mezzo stampa, contro cui il Ministero adotterà una linea severissima.

Le trascrizioni che non servono ai fini dell’inchiesta devono finire al macero e, invece, finiscono sui giornali. Attraverso “la loro oculata selezione e diffusione pilotata”, ha denunciato, sono diventate uno “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”.

“Ogni qual volta ci sarà una violazione del segreto istruttorio – ha avvertito il ministro – l’ispezione sarà immediata e rigorosa“.

L’abuso della custodia cautelare

In merito alla carcerazione preventiva, “il paradosso più lacerante è che, tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo, da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati”.

Proprio perché “confligge con la presunzione di innocenza”, secondo Nordio la decisione sulla custodia cautelare “non può essere demandata al vaglio di un giudice singolo”.

Separazione delle carriere

Dall’obbligatorietà dell’azione penale, che “si è tradotta in un intollerabile arbitrio”, alla separazione delle carriere, il ministro ha attaccato frontalmente gli ultimi due tabù della malagiustizia italiana.

Ha ribadito “l’esigenza di una separazione vera tra pm e giudice”. “Non ha senso – ha osservato – che il pm appartenga al medesimo ordine del giudice, perché svolge un ruolo diverso”.

Le reazioni politiche

Soddisfazione e sostegno al ministro da tutte le forze di maggioranza. Da Matteo Salvini e Giulia Bongiorno della Lega, a Pierantonio Zanettin di Forza Italia: “Dopo la fase di oscurantismo giuridico dell’ex ministro Bonafede, si apre davvero una stagione di speranza”.

Sostegno pieno dalla Meloni

Ma le parole più importanti, ovviamente, sono quelle arrivate dal presidente del Consiglio. Piena copertura alla riforma che ha in mente Nordio: “Penso che la riforma della giustizia sia prioritaria, non sono l’unica a pensarlo” e “l’approccio disegnato da Nordio è ovviamente un approccio che il governo condivide“, ha affermato Giorgia Meloni.

A suo avviso, una riforma della giustizia dovrebbe avere “due grandi obiettivi: garantire il massimo delle garanzie a indagati e imputati e garantire la certezza della pena, una volta che la sentenza passa in giudicato”. “Mi considero una garantista nella fase di celebrazione del processo e una giustizialista nella fase di esecuzione della pena”.

Anche Meloni si è soffermata sulle intercettazioni (“vanno superate storture come l’utilizzo improprio delle intercettazioni e il fatto che finiscano sui giornali”) e sull’obbligatorietà dell’azione penale (“è un tema che condivido, importante”).

Un consenso che va oltre i gruppi di maggioranza. Nordio è stato “ineccepibile”, per Enrico Costa di Azione, mentre Carlo Calenda su Twitter ha limitato il suo apprezzamento al tema delle intercettazioni (parole “completamente condivisibili”).

Ma comunque aperture che fanno sperare in un clima più favorevole, per lo meno in Parlamento.

L’isteria dei giustizialisti

Giustizialisti e magistratura associata se ne sono accorti, hanno capito benissimo che Nordio fa sul serio, la maggioranza è compatta, parte dell’opposizione è aperta a discutere su questi temi, quindi che il vento spira a favore del ministro, e infatti mostrano segni di nervosismo.

Dalle primissime reazioni già isteriche dei 5 Stelle e di parte del Pd, alla scontatissima levata di scudi dell’Anm, tutto indica che la direzione è quella giusta.

“Un giudizio vago e ingeneroso”, secondo il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, quello del ministro sull’uso delle intercettazioni, uno strumento che ribadisce essere “importantissimo”.

Sulla separazione delle carriere e l’obbligatorietà dell’azione penale il ritornello è sempre lo stesso: i pm sotto il controllo dell’Esecutivo, l’attacco all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, la politica che deciderà quali reati perseguire, etc.

La solita paccottiglia. Come se oggi l’azione penale non fosse già politicizzata e la magistratura irresponsabile delle sue malefatte.

Dopo anni, ieri mattina abbiamo sentito l’odore del napalm sul giustizialismo. E ci è piaciuto. Che sia la volta buona?