Politica

Così la Corte ha sdoganato la compressione di libertà intangibili

Altro che “bilanciamento”, annichilimento senza nemmeno basi scientifiche: sospesi diritto al lavoro (art. 1) e retribuzione, un unicum tra le democrazie occidentali

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La Corte ha ritenuto che quel bilanciamento fatto dal legislatore sulla scorta di dati scientifici non fosse irragionevole”, così ha risposto il presidente della Corte costituzionale, Silvana Sciarra, a una domanda della giornalista de La Verità Maddalena Loy, relativa ai criteri seguiti dalla Consulta quando viene chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di una norma.

La scienza tra i criteri di giudizio

In particolare, in occasione della relazione annuale della Consulta, la Loy ha domandato se la conformità alla scienza rientri tra le valutazioni di competenza della Corte. Più che evidente il riferimento alle recenti sentenze sul tema degli obblighi vaccinali.

La Sciarra ha spiegato che non è stata la prima volta che i giudici costituzionali hanno considerato la scienza un parametro di giudizio. Per esempio, hanno proceduto in questo modo quando si sono occupati dei vaccini obbligatori per minori in età scolare o anche nell’ambito delle decisioni assunte in materia di procreazione assistita:

Ogni volta la Corte dei diritti valuta la scelta del Legislatore e valuta se quel Legislatore – che ha studiato i dati scientifici – lo ha fatto in maniera non irragionevole, o in alcuni casi in maniera ragionevole.

Salute e solidarietà

Sollecitata ulteriormente, il presidente della Consulta ha aggiunto che valori costituzionali come “la tutela del diritto alla salute e il principio di solidarietà” hanno indirizzato la decisione verso la legittimità della normativa pandemica.

Nell’ambito di questi valori costituzionalmente presidiati, l’ulteriore verifica è stata poi rivolta alle modalità con cui il Legislatore ha operato il bilanciamento delle scelte sulla base dei dati scientifici e statistici offerti dalle autorità sanitarie tipo Oms o Aifa. Nell’immediatezza delle sentenze, il presidente della Corte aveva espresso gli stessi concetti in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Altro che bilanciamento

Su Atlantico Quotidiano, già in quella circostanza furono mosse una serie di obiezioni a questo approccio della Corte che vanno evidentemente ribadite e ulteriormente sviluppate. Innanzitutto, appare discutibile la questione del bilanciamento perché, se si scende sul piano concreto, è facile osservare come la normativa italiana sia stata del tutto squilibrata nel contemperamento dei valori e dei diritti in conflitto.

In particolare, la normativa imposta dal governo Draghi è stato un unicum nel panorama delle democrazie occidentali. Nessun altro Paese ha privato i renitenti all’iniezione del diritto al lavoro e alla retribuzione. Peraltro, considerato che – come recita l’articolo 1 – la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, contraddizione e sproporzione appaiono abbastanza evidenti.

In una logica assai punitiva, i cittadini che hanno rivendicato il loro diritto all’autodeterminazione hanno dovuto pagare un costo molto alto. Senza considerare, tutte le altre attività vietate a chi ha rifiutato la puntura di Stato: dalla fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico fino all’accesso in bar e ristoranti.

A questo proposito, bisognerebbe sempre allegare il memorabile servizio del Tg1 sulla giornata deprimente ed umiliante del soggetto sprovvisto di Green Pass.

Senza basi scientifiche

Non convince neppure l’altra questione, quella relativa alla ragionevolezza o meno delle norme. Sarebbe semplice ricordare che il teorema (“la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiate o non contagiose”) su cui si sono basati gli obblighi sanitari si è rivelato privo di fondamento e di basi scientifiche.

Se poi, come si è detto, le dosi ripetute hanno rappresentato uno scudo per evitare forme più acute della malattia, la decisione di vaccinarsi o meno sarebbe dovuta rientrare, a maggior ragione, nella sfera di autodeterminazione dell’individuo, lasciandogli ampi margini per una scelta libera e consapevole. Insomma, lo Stato doveva offrire le dosi e non imporle con obblighi più o meno surrettizi.

Ascoltare la Costituzione, non la scienza

Quanto al richiamo ai dati scientifici – molti dei quali non dimostrati o incongrui – è abbastanza arduo ritenere che possano avere rilevanza nell’ambito del giudizio di costituzionalità delle leggi così come perimetrato dall’art. 134 della Costituzione.

Insomma, il giudizio della Corte dovrebbe limitarsi alla verifica della compatibilità della norma esaminata con i principi costituzionali. Le costituzioni moderne di stampo liberale sono un presidio a garanzia dei cittadini contro la potenziale invasività del potere statale. Invece, il Legislatore si è comportato come se l’art. 32 della Costituzione potesse prevalere sempre e comunque su qualsiasi altro interesse o diritto protetto.

Peraltro, sempre l’art. 32 al secondo comma pone un limite ben preciso all’azione politica: la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Siamo sicuri che aver privato milioni di persone del lavoro e della dignità o aver costretto tanti altri a un trattamento che probabilmente avrebbero rifiutato sia conforme al dettato costituzionale?

E, più in generale, abbiamo la certezza che l’impostazione così rigida dello Stato italiano nella gestione sanitaria sia stata in linea con i principi di una democrazia liberale che dovrebbe considerare intangibile la sfera dei diritti individuali? È costituzionalmente corretto subordinare l’esercizio di quei diritti naturali al possesso di una certificazione sanitaria rilasciata solo dopo ripetute inoculazioni?

Un pericoloso precedente

Non si è forse creato un pericoloso precedente con cui si potrà giustificare la compressione delle libertà personali in presenza di una nuova emergenza? Altrimenti, prendendo in prestito le parole amare di Silone, potrà ancora verificarsi che il potere politico, anziché essere a servizio del popolo, si serva di esso orientandone pesantemente le scelte ed esercitando un controllo capillare sulle “vite degli altri”.