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Culle vuote, verso catastrofe economica e sociale. Qualcuno se ne occupa?

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Non si parla mai abbastanza del più grande problema dell’Italia: la mancanza di figli. Molti italiani ignorano del tutto questo dramma e soprattutto non hanno la più pallida idea delle conseguenze di una fecondità così bassa.

Non ha senso parlare di futuro e di programmi politici se noi italiani in quel futuro non ci saremo più. Per questo motivo, arginare il crollo demografico dovrebbe essere il punto centrale di un programma politico serio, concreto, con una visione dell’Italia nel lungo periodo.

Qualche dato

Il popolo italiano è il secondo più anziano del mondo dopo quello giapponese. L’età media si alza, non solo perché la qualità della vita è notevolmente migliorata negli ultimi decenni, ma soprattutto perché facciamo pochi figli.

Consultando il sito dell’Istat e i rapporti Censis, ci si rende conto dalla portata del problema. In Italia le donne arrivano al primo parto all’età di 32,16 anni, gli uomini hanno il primo figlio a 35,51 anni. Il tasso di fecondità, per intenderci il numero medio di figli per donna, è di 1,24. Ben al di sotto del 2,1, il cosiddetto tasso di sostituzione necessario per “rimpiazzare” i genitori.

È importante precisare che questo tasso di fecondità rappresenta la media tra le donne italiane e le donne straniere che partoriscono in Italia. Le donne con cittadinanza straniera in Italia hanno una media di 1,89 figli mentre le donne italiane hanno una media di 1,17 figli. Gli stranieri fanno più figli degli italiani e questo sul lungo periodo può portare ad un solo risultato: la scomparsa degli autoctoni.

Il tasso di fecondità cambia, anche notevolmente, all’interno dell’Italia. A Bolzano il tasso è di 1,62 (2,4 per le donne straniere), a Palermo 1,38 (2,06 per le donne straniere), a Verona 1,18 (2,07 per le donne straniere) fino a scendere nella regione con il tasso di fecondità più basso, la Sardegna: Oristano con una media di 0,89 figli (1,67 per le donne straniere), Cagliari 0,89 (1,37 per le donne straniere), Sassari 0,96 (1,59 per le donne straniere).

Dal 2015 il numero di nati vivi non supera le 500.000 unità, nel 2019 sono nati vivi 417.614 bambini e sono morti 627.000 cittadini italiani. Ogni anno il saldo naturale (differenza tra nati e morti) dell’Italia è in negativo, ogni dodici mesi perdiamo circa 200.000 italiani.

I tassi di fecondità in Africa

Per fare un paragone con i tassi di fecondità che si registrano in Africa: in Niger una donna ha una media di 7,19 figli, in Guinea 7,07, Burundi 6,8. La Nigeria, che oggi conta 206 milioni di individui, con un tasso di fecondità del 5,32, nel 2050 arriverà a contare 375 milioni di abitanti, gli stessi abitanti che avranno gli Stati Uniti d’America in quell’anno. Dove emigreranno tutti questi africani spinti dalla miseria?

Fuga dall’Italia

Come se non bastasse, un’altra piaga dell’Italia è l’emigrazione: negli ultimi 10 anni hanno lasciato l’Italia oltre 460.000 individui in età attiva tra i 18 e i 39 anni, principalmente settentrionali. Questa emigrazione favorisce l’invecchiamento del Paese.

All’emigrazione verso l’estero si aggiunge un’emigrazione interna, se i settentrionali emigrano in altre nazioni, i meridionali tendono ad emigrare nel Nord Italia. Nei prossimi 40 anni con l’emigrazione interna il Nord guadagnerà circa un milione di individui (nel Settentrione si concentrerà il 74 per cento della popolazione italiana), il Centro ne guadagnerà 400.000, di conseguenza il Sud ne perderà 1,3 milioni.

Impatto socio-economico

Oltre al dramma della lenta scomparsa fisica del popolo italiano con annessa sostituzione etnica, c’è una catastrofe economica e sociale che attende le nuove generazioni.

Con l’aumento della popolazione anziana (oggi gli over 64 rappresentano oltre il 23 per cento della popolazione ed entro 40 anni gli italiani sopra i 65 anni saranno uno su tre (!) concentrati soprattutto nel Mezzogiorno), aumentano le malattie e necessità di assistenza che gran parte delle famiglie non riescono – e non riusciranno – a sostenere economicamente.

Non solo, le strutture sanitarie non sono state potenziate e sono sottorganico con disservizi che si sono aggravati negli ultimi due anni.

Una questione di sopravvivenza

Lo Stato deve fare poche cose ma bene, garantire la sopravvivenza del proprio popolo mettendo le giovani coppie nelle condizioni di concepire i figli come una gioia e non come un peso, è una di queste.

Il fattore economico non è l’unica variabile che contribuisce alla denatalità, tuttavia è uno dei motivi principali. Non è vero che non ci sono soldi, ci sono, ma vengono spesi male. Gli italiani devono pretendere dai partiti delle politiche concrete in tal senso, è una questione di sopravvivenza. Non abbiamo più tempo.

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