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Dove sta andando il Pd? Con Elly Schlein la svolta woke

Ma con Schlein segretaria il partito sarebbe ancora più lontano di quello attuale dalle preoccupazioni degli italiani, in particolare dei ceti meno abbienti

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Mancano pochi mesi al prossimo congresso del Pd, in cui gli iscritti — si scrive “iscritti” ma si legge “correnti” — eleggeranno il nuovo segretario.

I probabili candidati

Papabili candidati: (1) Dario Nardella, attuale sindaco di Firenze ed ex uomo di fiducia di Matteo Renzi (“ex” perché non lo ha seguito nell’avventura di Italia Viva che, come spiegheremo in seguito, potrebbe essere la vera sorpresa di questa stagione politica insieme al partito fondato da Carlo Calenda, quantomeno all’interno del centrosinistra).

(2) Matteo Ricci (no, non si tratta del celebre gesuita e cartografo vissuto ai tempi della dinastia Ming, ma del suo omonimo, sindaco di Pesaro); (3) Paola De Micheligaffeur di professione (come dimenticare  l’imbarazzante alternativa al Ponte sullo Stretto proposta su Twitter dall’allora ministro delle infrastrutture: “Abbiamo istituito una commissione per capire qual è lo strumento migliore per collegare la Sicilia alla Calabria. Per collegarle su ferro, su strada e con una pista ciclabile”).

(4) Stefano Bonaccini, eletto per due volte governatore dell’Emilia Romagna, al quale i media hanno attribuito un’aurea salvifica, fra l’apollineo e il dionisiaco, solo perché si tratta di una persona normale. Sì, nor-ma-le: un discreto amministratore vicino alla piccola e media impresa, che predilige il linguaggio del volgo agli asterischi di Michela Murgia. Ma che, a confronto di molti suoi compagni di partito, appare effettivamente un novello De Gasperi.

Elly Schlein

(5) E infine eccola lì: Elly Schelin, la candidata più a sinistra di sempre su cui scommettono, pressoché all’unisono, gli apostoli della sconfitta, coloro che più hanno contribuito — vogliamo sperare involontariamente  — alla schiacciante vittoria del centrodestra alle ultime elezioni.

Su di lei, Andrea Scanzi ha speso parole ricche di fiducia, una fiducia politicamente letale per chi, ahilui o ahilei, ne rimane investito (Di Maio docet): “Schlein potrebbe attirare l’elettorato di sinistra”. Già immaginiamo l’entusiasmo delle masse popolari…

Pensate, per un momento, all’operaio che, stremato dopo dodici ore di lavoro, torna a casa e accende il televisore. Chi trova in prima serata? Elly Schelin pronta ad impartire lezioni, a lui e agli altri deplorables, ovvero alla gente comune, su come va il mondo: sul riscaldamento climatico, sull’evasione fiscale, sugli immigrati, sui diritti Lgbtq e sul linguaggio “inclusivo”.

Ma davvero pensate che la prima preoccupazione dei ceti meno abbienti, che in questa fase a stento riescono a pagare le bollette, sia la swha oppure la declinazione al femminile del titolo “presidente del Consiglio dei ministri” (Sì, abbiamo assistito anche a questa polemica, liquidata con grande efficacia da Giorgia Meloni: “Chiamatemi come vi pare, se volete anche Giorgia”).

Una vittoria spartiacque

La vittoria del centrodestra, anzi, del destra-centro segna uno spartiacque fra un prima e un dopo, un cambiamento radicale simboleggiato dalla nomina di alcuni ministri che, a torto o a ragione, sono stati scelti nei rispettivi ruoli per rompere con il passato: Carlo Nordio al Ministero della giustizia (l’Anm aveva addirittura annunciato uno sciopero al momento della sua nomina), l’ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi al Ministero dell’interno, Eugenia Roccella alla Famiglia ed altri ancora.

Molti italiani, perfino chi non ha votato a destra o non ha votato affatto, ricorderanno la data del 25 settembre anche come momento di rivincita verso l’egemonia politically correct che ha contagiato, come un virus, il mondo della cultura – per prevederne l’ascesa qui in Italia, bastava volgere lo sguardo oltre oceano, dove la cultura woke ha preso piede già da diversi anni, causando il licenziamento di giornalisti e professori universitari sgraditi.

La svolta woke

Della cultura woke Elly Schlein è una delle esponenti più attive, quasi un’agit prop: “Possiamo unire le lotte per la giustizia sociale e ambientale, nel segno dell’intersezionalità, attorno a una visione condivisa: ecologista, progressista e femminista insieme”.

Già questa frase, pronunciata a gran voce durante un comizio prima del voto, basterebbe per dimezzare il già insoddisfacente 18 per cento dei consensi faticosamente conquistato da Enrico Letta alle ultime elezioni.

Da un lato, con l’eventuale elezione di Schlein a segretaria, avverrebbe la definitiva trasformazione del Pd nella Rifondazione Comunista del nuovo millennio, forse ancor più a sinistra del Movimento 5 Stelle a trazione contiana. Dall’altro, si aprirebbero nuovi spazi per il ticket Renzi-Calenda, entrambi pronti a cannibalizzare l’elettorato riformista che non si riconosce più nei Dem.

Ci terremo aggiornati. Nel frattempo, auguriamo buona fortuna a tutti. Anzi, a tutt*.