Puntuale, quasi a completare il curriculum politicalcorrettista di Carola Rackete, è arrivata la sua richiesta di chiudere gli account social di Matteo Salvini. Motivo? Istigazione all’odio. C’era da aspettarselo. Come avevamo raccontato su Atlantico, la Rackete incarna perfettamente i canoni del politicamente corretto. La sua proposta non è affatto casuale. Quando il politicamente corretto incontra una narrazione opposta, e altrettanto forte, cerca di ridurla al silenzio con diversi metodi di delegittimazione. In questo caso la Capitana ha giocato la carta dell’odio.
L’hate speech, a ben vedere, è l’ultima modalità con cui si sta cercando di limitare la libertà di espressione. Sulla base dell’odio e delle discriminazioni, in alcuni Paesi europei, sono in fase di approvazione delle leggi per eliminare account e pagine che postano questo tipo di contenuti. Cosa significhi odio, resta tutto da vedere. Con l’allargamento del concetto di discriminazione, come dimostrato dagli estremismi liberal, tutto può diventare potenzialmente odio. Il rifiuto del multiculturalismo, del femminismo o della causa LGBTQ, può bastare per essere ritenuti dei discriminatori. La logica binaria e polarizzante la fa da padrona: o ci si trova dalla parte giusta della barricata, o altrimenti si rischia di essere accusati di razzismo, omofobia, sessismo, fascismo e molto altro.
L’Italia, ovviamente, non è ancora giunta a questi livelli. Ma è bene tenere gli occhi aperti per evitare una deriva simile. E qui torniamo allo scontro Rackete-Salvini. Si può pensare che i post del ministro degli interni, per il loro linguaggio, abbiano spinto alcuni utenti ad insultarla così beceramente? C’è un nesso causale chiaro e univoco? Difficile da dimostrare. Certo, le dichiarazioni di Salvini sono state aggressive e giustizialiste (anche se fidarsi della magistratura in Italia è sempre più difficile…). Tuttavia, le sue uscite, pur grezze, devono essere accettate in un dibattito pubblico che assomiglia sempre più a una rissa. Rissa in cui anche la sinistra non si è certo risparmiata. Quella delle ultime settimane è stata dunque una scazzottata deprecabile e di basso livello, ma pienamente inserita nella legittimità democratica. Non si capisce perché la Capitana abbia chiesto il sequestro dei social di Salvini. Il sospetto, considerando le modalità con cui opera il politicamente corretto, è che anche lei si sia affidata alla censura. Una dinamica ormai nota, secondo cui tutte le opinioni che si discostano da quelle considerate Vere, e quindi intoccabili, devono essere messe fuorigioco. Da queste premesse tutto si fa più chiaro, basta applicarle agli ambienti europei più progressisti: l’accoglienza è un dogma, Salvini l’ha messa pesantemente in discussione (con il consenso di non pochi Italiani) e quindi va messo a tacere.
L’auspicio, lo ripetiamo ancora una volta, è che sul tema immigrazione si apra un dibattito responsabile che rifugga dagli slogan, dai moralismi e dalle demonizzazioni. Che alla rissa, insomma, si sostituisca il dialogo. A destra come a sinistra.