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Prima la Cina, ora la Russia: Italia ridotta a scenografia di propaganda, come un Paese del Terzo Mondo

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Prima gli aiuti cinesi, ora quelli russi. Tutti bene accetti, intendiamoci, ma non avrebbe guastato una maggiore cautela del nostro governo in modo da evitare di ridurre l’Italia ad una mera scenografia per l’esibizione delle altrui volontà di potenza.

Mentre non è ancora chiaro quale aiuto sia concretamente arrivato ai nostri ospedali, è fuor di dubbio che sia Pechino che Mosca abbiano saputo presentare i loro “doni” con grande efficacia e che il governo e i media italiani si siano prestati a garantire a entrambi il massimo ritorno di immagine. Una compiacenza che non è sfuggita, né è stata gradita a Washington. Ma se nel caso degli aiuti russi l’alleato americano sembra bonariamente pronto a chiudere un occhio, è forte invece l’irritazione per la leggerezza con cui Roma si sta rendendo complice della infowar cinese, essendo avvertita con maggiore preoccupazione la minaccia dell’influenza di Pechino sul nostro Paese.

Fonti politiche di alto livello hanno riferito a La Stampa che “tra quelle forniture russe l’80 per cento è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma, poco più che un pretesto” per far sfilare una colonna di camion militari da sud a nord della nostra penisola. A differenza delle spedizioni cinesi (soprattutto ventilatori polmonari e mascherine), quelle russe sarebbero attrezzature per la disinfestazione batteriologica di aree, un laboratorio da campo per la sterilizzazione e la profilassi chimico-batteriologica, e attrezzature di questo tipo.

Non sembra invece roba di poco conto quella arrivata nei nove aerei Ilyushin atterrati a Pratica di Mare, almeno stando a quanto dichiarato dall’ambasciatore russo a Roma, Sergei Razov, all’agenzia Agi: si tratta di “122 medici militari, virologi ed epidemiologi, 8 equipe mediche… 30 unità di mezzi speciali-unità mobili e moduli di elaborazione dati installati su veicoli Kamaz“. Inoltre, “presidi di protezione, unità mobili per la disinfezione dei mezzi di trasporto e del territorio, in grado di sanificare anche condutture idriche, attrezzature medicali tra cui alcune decine di ventilatori polmonari, macchine di analisi biologica e patogena, 100 mila sistemi di test, mascherine sanitarie di alta classe di protezione, guanti, mille completi di protezione, 700 completi medico-infettivologo”. E un “nuovissimo laboratorio, uno dei 15 di cui dispongono in totale le Forze di Difesa NBC”. Tutto questo, “a titolo gratuito”, ha tenuto a precisare l’ambasciatore Razov.

“In Italia sono stati inviati quegli uomini che qualche anno fa hanno affrontato l’epidemia di Ebola in Africa. Si tratta di personale abituato a lavorare in situazioni di particolare crisi e stress”, ha spiegato a Russia Beyond Dmitrij Safonov, ex analista militare del giornale Izvestiya, precisando che gli specialisti hanno portato con sé le ultime attrezzature mediche presentate alla fiera militare “Armiya 2018” e “Armiya 2019”. Secondo il sito, oltre ad aiutare l’Italia, la Russia spera di ottenere il genoma del coronavirus “europeo” (quello cinese lo ha già isolato) per prepararsi alla diffusione dell’epidemia sul proprio territorio.

Ok, La Stampa, e Jacopo Jacoboni in particolare, sono biased sulla Russia, però la colonna di camion che percorre la Pontina da Pratica di Mare a Roma e 600 chilometri di autostrada fino a Bergamo è una spettacolare sfilata propagandistica, probabilmente non necessaria allo scopo di far arrivare gli aiuti a destinazione. Le immagini riprese dalla corrispondente di Rossiya-1, Asya Emelyanova, sono in effetti di grande impatto. Così come lo è la foto diffusa da Mosca di militari russi che studiano una carta geografica del nostro Paese insieme a un militare italiano all’interno del Ministero della Difesa, a Roma, come fossimo in guerra, da alleati.

Va detto che il contingente russo, perché di questo si tratta, è di elevato profilo: è guidato dal generale maggiore Sergey Kikot, un’autorità in tema di antrace e vice capo di Stato maggiore del comando difesa Nbcr (nucleare batteriologico chimico radiologico) e può contare su numerosi esperti che hanno i gradi di generali, colonnelli, maggiori, tenenti colonnelli, impegnati in passato in operazioni militari di contenimento del rischio batteriologico all’estero e in patria.

Legittimo chiedere al nostro governo cosa ci sia davvero dentro quei camion. E legittimo chiedere e chiedersi quale sia la libertà di movimento concesso ai militari russi sul nostro territorio. E quali gli obiettivi della loro missione, dal momento che è difficile credere che ufficiali di tale livello si siano mossi solo per accompagnare qualche mascherina, ventilatore e strumento diagnostico. Domande a quanto pare ritenute non meritevoli nemmeno di un’interrogazione da parte delle opposizioni parlamentari. Il tema, ovviamente, non è se accettare o meno gli aiuti, che inevitabilmente sono sempre, da chiunque provengano, anche strumenti di soft power, ma evitare di renderci oltremodo strumento di propaganda, per altro ai danni dei nostri principali alleati e della nostra stessa immagine internazionale.

Che risponda o meno al vero che il materiale inviato dalla Russia è inutilizzabile, come sostiene la fonte citata da La Stampa – ma non si direbbe a giudicare dall’elenco fornito dall’ambasciatore Razov – il presidente Conte ha comunque deciso, sostanzialmente in solitudine, di concedere a Putin un grande show propagandistico: truppe russe sul suolo di un Paese Nato. Provate a immaginare se lo avesse solo proposto Salvini… A differenza di quella di Pechino, volta a riscrivere la storia dell’epidemia, a riabilitare la sua immagine presentandosi come modello di successo nella lotta al coronavirus, quella di Mosca in Italia è un’operazione militare a tutti gli effetti, in divisa. Una provocazione alla Nato e al suo principale contributore, gli Stati Uniti, ma anche un modo per competere direttamente con la Cina, mettendosi al suo stesso livello di superpotenza che ha forza e capacità (anche militare) di correre in soccorso dei Paesi “amici”.

Va detto che sia Pechino che Mosca hanno avuto gioco facile ad inserirsi nel vuoto lasciato dall’Ue e dai Paesi vicini dell’Italia, almeno nelle prime settimane dell’emergenza. “Quando è stato chiaro che a Bruxelles non si coordinavano gli aiuti e i singoli Stati andavano ognuno per conto proprio, è risultato chiaro che si era aperto un varco per altri, Cina e Russia appunto”, ha spiegato all’Agi Aleksandr Baunov, analista del Carnegie Center di Mosca.

Ieri una fonte dell’Eliseo ha fatto sapere stizzita che “Francia e Germania hanno inviato mascherine all’Italia quanto la Cina”.

Nelle ultime ore l’ambasciata americana a Roma si sta sforzando di promuovere anche gli aiuti Usa, ma a quanto pare con nulla o scarsa collaborazione da parte italiana. Sul suo profilo Twitter ha documentato l’arrivo alla Fiera di Milano di sette camion (non militari, fa meno scena) con le attrezzature mediche donate dall’Esercito Usa alla Regione Lombardia. “Sono orgoglioso dell’Esercito Usa, che ha donato forniture mediche per combattere il Covid-19 alla Regione Lombardia, e del lavoro di squadra della Missione Bandiera degli Stati Uniti: rappresentano l’impegno degli Usa verso l’Italia e il continuo sostegno ai nostri alleati nei momenti di crisi”, sono state le parole dell’ambasciatore Eisenberg.

Dalla base tedesca di Ramstein è arrivato nella base Usaf di Aviano un sistema medico mobile e fisso in grado di stabilizzare fino a 40 pazienti En-Route (ERPSS). Il sistema fornisce 10 posti letto e può supportare i pazienti per 24 ore. La Rappresentanza permanente dell’Italia alla Nato ha ringraziato e pubblicato alcune foto degli aiuti, mentre il generale Jeff “Cobra” Harrigian, comandante Usafe-Afafrica, ha sottolineato l’importanza di “affrontare insieme le sfide” e la necessità di una “risposta comune a questa crisi sanitaria globale”: “Stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri amici italiani, lo U.S. Department of State e l’U.S. European Command, per assicurarci di fornire l’attrezzatura giusta in modo sicuro e tempestivo”.

Nei giorni scorsi, è arrivato in Italia, a Cremona, l’ospedale da campo donato dalla Samaritan’s Purse, un’organizzazione umanitaria evangelica Usa (il mondo dei cristiani evangelici a cui appartiene il vicepresidente Mike Pence e importante bacino elettorale per lo stesso Trump).

Ma è niente in confronto allo sforzo di immagine compiuto da cinesi e russi con la complicità del nostro governo e, soprattutto per i primi, dei nostri media.

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