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Prima si risolve l’emergenza sanitaria, prima potrà ripartire l’economia: intervista all’assessore lombardo Foroni

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Nel Basso lodigiano c’è un focolaio e senza interventi drastici la situazione sarebbe peggiorata. Le polemiche sono sterili, occorrono interventi speciali per la zona rossa. Parla l’assessore lombardo Foroni

“Sono decisioni difficili per tutti, soprattutto per l’opinione pubblica, ma anche se sono le misure più dolorose restano quelle più opportune”: a più di dieci giorni da quando è calata un’invisibile cortina di ferro che separa la zona rossa del resto del mondo, Pietro Foroni, assessore al territorio e alla Protezione civile di Regione Lombardia, ci tiene a rimarcarlo. Lodigiano, ex sindaco di Maleo, uno dei paesi della Bassa oggi in isolamento, nonché ex presidente della Provincia di Lodi, Foroni è più che coinvolto nella sfida che quei comuni sono chiamati ad affrontare e ricorda come attenda da due settimane di poter riabbracciare le figlie e rivedere i suoi genitori.

Da quando si è diffusa la notizia del primo contagio si sono susseguite informazioni spesso discordanti tra loro: chi afferma che il Covid-19 è poco più che una normale influenza, chi ribatte che non va trattato come tale anche perché il livello di contagio è molto più alto. E poi ordinanze e provvedimenti che hanno interrotto la normalità della vita, mentre il trascorrere del tempo fa inevitabilmente crescere le apprensioni e alimenta il clima surreale che si respira. Un quotidiano conflitto tra l’emergenza sanitaria e la voglia di ricominciare, che coincide con la richiesta incessante di poter riaprire le attività lavorative che si fa largo nei video e post rilanciati su Facebook. Prima ci si ritrova sulla piazza del paese per confrontarsi con il sindaco e sapere quali conseguenze potrebbe comportare il mancato rispetto delle norme in vigore, quindi le immagini e i resoconti vengono condivisi sulla piazza virtuale.

“Sono convinto di una cosa: davanti a questa situazione Regione Lombardia ha agito per la tutela sia delle persone che dell’interesse pubblico, mettendo da parte qualsiasi valutazione di tornaconto elettorale”, spiega Foroni quando si spostano le lancette allo scorso 22 febbraio, il giorno in cui si trovò a fare i conti con un provvedimento che avrebbe paralizzato anche casa sua. Posizione rafforzata dai commenti giunti dall’Organizzazione mondiale della sanità che ha garantito il pieno sostegno alle misure adottate dall’Italia e dai numeri: quasi cento contagi a Castiglione d’Adda, che conta meno di 5.000 abitanti, una sessantina a Codogno e una quarantina a Casalpusterlegno. “Lì c’era un focolaio, se non fossimo intervenuti la situazione sarebbe diventata più complessa. Consideriamo soltanto i molti pendolari che raggiungono Milano ogni giorno”.

Misure dure, ma necessarie. Le polemiche, ne è convinto Foroni, “sono sterili, si trasformano in tanti rivoli che non rafforzano il fiume”. Perché se l’emergenza sanitaria peggiorasse, i contraccolpi economici diventerebbero ancora più pesanti di quanto già non lo siano: è uno dei punti di discussione più caldi sul tavolo della politica. Da una parte la frenesia della ripartenza, dall’altra la cautela medica con ospedali come quelli di Lodi e di Cremona sempre più congestionati e alla ricerca di nuovo personale per allentare la pressione.

Nella zona rossa ci si augura che per rivedere una parvenza di normalità occorra aspettare solo un’altra settimana, che il numero di casi diminuisca, che il rapporto non sia più di due contagiati per ogni persona ammalata, ma inferiore. Vietato abbassare la guardia, ma allo stesso tempo è importante infondere fiducia nei suoi abitanti sopratutto con lo sguardo rivolto al futuro e allora sarà obbligatorio rimettersi in piedi. Perché “non può essere gestito tutto solo come una misura sanitaria, occorre anche dare speranza a chi è stato colpito dal punto di vista economico”, suggerisce Foroni.

“Serviranno interventi speciali, come dichiarare il Basso lodigiano una zona economica speciale: la sospensione di bollette e termini fiscali per due mesi è inutile, il periodo deve essere di almeno due/tre anni se vogliamo garantire una prospettiva a tutte queste persone che hanno accettato provvidementi così drastici. Chiedere di più ai cittadini sarebbe troppo”. Aiuti anche dall’Unione europea? “Da sovranista come si direbbe oggi, mi attendo che l’Europa sconfessi gli stessi sovranisti, dimostrando vera solidarietà, altrimenti sarà l’ennesima dimostrazione che così com’è non funziona”.

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