L’Alta Corte australiana ha prosciolto il cardinale George Pell dalle accuse di abusi sessuali su minori. Il massimo organo di giustizia australiano ha anche disposto la scarcerazione dell’ex prefetto della Segreteria per l’economia vaticana.
Il cardinale Pell ha passato, ingiustamente, più di 400 giorni nel carcere di massima sicurezza di Barwon. La sentenza del 7 aprile chiude una vicenda, dai contorni oscuri e drammatici, durata quasi due anni. Tutto è iniziato il 29 giugno 2017, quando la polizia australiana ha confermato la messa in stato d’accusa del cardinale per gravi reati sessuali sui minori, i quali sarebbero stati commessi negli anni settanta, quando Pell era parroco nella diocesi australiana di Ballarat. L’11 dicembre 2018 viene dichiarato colpevole di abusi sessuali su due minori dalla County Court dello stato di Victoria in Australia ed il 13 marzo 2019 condannato a una pena detentiva di 6 anni. Il cardinale annuncia ricorso in appello, che viene però respinto. Nel mese di novembre, a causa di alcuni vizi formali nelle procedure precedenti, segnalati dal giudice Mark Weinberg, l’Alta Corte d’Australia accoglie la richiesta.
Si arriva così al 7 aprile 2020, con il cardinal Pell che viene prosciolto poiché la corte evidenzia che c’è “una possibilità significativa che una persona innocente sia stata condannata perché le prove non stabiliscono la colpevolezza al richiesto standard probatorio”. Infatti i giudici australiani spiegano che il numero di testimoni a favore di Pell e quello contro (20 a 1), avrebbe dovuto far sorgere dei dubbi nel grado precedente. Il verdetto di proscioglimento è stato emesso all’unanimità. Pell non avrebbe potuto commettere gli abusi a danno dei due coristi per il fatto che si trovava all’esterno della cattedrale di Melbourne.
Una tempesta mediatica, di livello internazionale, senza precedenti aveva travolto l’ex tesoriere del Papa. Perché, la maggior parte dei media, aveva condannato il cardinale ancor prima dell’emissione della prima sentenza. Condannare Pell, a priori, era servito, come spesso accade in questi casi, ad attaccare la Chiesa cattolica in generale ed assestargli l’ennesimo colpo basso. Ma la notizia del proscioglimento ribalta la sentenza e lo scenario disegnato da media ed élite progressista, infatti la stessa non occupa i primi posti dei siti dei giornali. Qualcuno dovrà porsi delle domande e qualcuno dovrà anche chiedere scusa.
Il cardinale Pell, poco dopo la sentenza, ha dichiarato: “Ho sempre professato la mia innocenza mentre soffrivo una grande ingiustizia. Non provo risentimento nei confronti di chi mi ha accusato… Di sofferenza e amarezza ce ne sono già state abbastanza. Il mio processo, in ogni caso, non era un referendum sulla chiesa cattolica… Il punto era se io avessi commesso questi crimini terribili, e non l’ho fatto. L’unica base per una guarigione duratura è la verità e l’unica base per la giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti”.
Termina una detenzione iniqua. Pell, ennesima ed autorevole vittima di una giustizia ingiusta, torna in libertà. Potrà ricominciare a celebrare la messa e recitare il breviario, in carcere gli era stato vietato. Si era sempre professato innocente, ed aveva ragione. Si è chiuso un altro capitolo del libro nero delle persecuzioni giudiziarie e della spettacolarizzazione dei processi senza riscontri.
La Settimana Santa, quella più importante dell’anno, che porta alla Pasqua, è iniziata con una buona notizia, che ci ricorda che le vittime dell’ingiustizia non vanno mai dimenticate.