Qualcuno avverta Negri: se le imprese non fanno affari con l’Iran non è per la Lega o la “lobby ebraica”, ma per il regime

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Alberto Negri non si smentisce mai. L’editorialista ex Sole24Ore, ormai giornalista principalmente per il Manifesto, ha scritto il 17 aprile un pezzo sull’Iran per il Quotidiano del Sud, nuovo giornale diretto da Roberto Napoletano (ex direttore del Sole24Ore).

Il pezzo praticamente dà meramente conto delle parole dell’ambasciatore iraniano in Italia Hamid Bayat che, durante un incontro con alcuni giornalisti, ha attaccato l’Italia per non aver ancora firmato la partecipazione al meccanismo europeo anti-sanzioni Instex, per aver smesso di importare petrolio dall’Iran, e per non aver permesso la creazione di una banca ad hoc italiana, di piccola dimensione, per continuare a fare affari con Teheran. Praticamente, l’idea – a quanto pare (secondo Negri) sostenuta da Confindustria e dal senatore Petrocelli, a capo della Commissione Affari esteri del Senato – era quella di prendere una banca popolare fallita e farla lavorare unicamente nel business tra Italia e Iran…

Un piano che, secondo Negri, sarebbe fallito perché avrebbe trovato la Lega contraria. Qui, Alberto Negri si supera, passando dall’analisi al complottismo. Sì, perché Negri scrive testualmente: “Eppure la Lega dovrebbe essere dalla parte delle piccole e medie aziende italiane: si vede che per stare in sella, è meglio avere l’appoggio della lobby ebraica che dei nostri imprenditori”.

Si tratta in primis di affermazioni assurde e completamente false che dimostrano come, pur di non parlare di cosa significa fare affari con l’Iran, Negri scelga volontariamente di cavalcare un ridicolo complottismo.

Già, perché al di là di quel che scrive Negri, fare affari con Teheran significa investire in un Paese dove la corruzione è altissima, il riciclaggio di denaro a fini terroristici è una prassi e la presenza dei Pasdaran nell’economia del Paese è praticamente incontrollata e incontrollabile. Per queste ragioni – e non per la “lobby ebraica” – la Cassa Depositi e Prestiti ha rifiutato di assicurare il business tra Roma e Teheran, costringendo il Governo Gentiloni ad incaricare Invitalia di questo compito (decreti attuativi poi mai realizzati). Per queste ragioni, ben prima di Trump, nessuna banca importante occidentale ha accettato di garantire gli affari in Iran, impedendo di fatto alle compagnie europee – tra cui quelle italiane – di realizzare gli investimenti nella Repubblica Islamica.

Così come nulla c’entra la “lobby ebraica” se, da mesi ormai, l’Iran non riesce a far passare la legge di riforma bancaria in linea con le richieste del Financial Action Task Force (FATF). Una riforma approvata due volte dal Parlamento iraniano e cassata dal Consiglio dei Guardiani, dal Consiglio per il Discernimento e dalla stessa Guida Suprema. Perché chi veramente comanda in Iran – ovvero non il Parlamento iraniano – non ha alcuna intenzione di rinunciare al sostegno a Hezbollah, Hamas e le milizie paramilitari sciite in Siria e Iraq, per uscire dalla blacklist del FATF. In Iran, infatti, l’ideologia che tiene in piedi il regime e che ne garantisce la sopravvivenza, è ben più importante del rispetto dello stato di diritto…

Alberto Negri, ancora una volta, sembra abbandonarsi alla fascinazione per regimi fondamentalisti, all’immaginazione di mostri inestistenti e al capovolgimento del senso della storia, eleggendo a buoni i cattivi e viceversa… Che dire? Quanta pena…

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