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Renzi offre una sola certezza: non mantiene né quello che promette, né quello che minaccia

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Renzi offre una sola certezza: non mantiene né quello che promette, né quello che minaccia. Se ce ne fosse stato bisogno, lo ha confermato anche nella vicenda delle mozioni di sfiducia individuali contro il ministro della giustizia, Alfonso Bonafede. Ricapitoliamo i fatti: Bonafede, rappresentante del tardo-giustizialismo e dunque ottuso come tutti gli epigoni, sta attraversando un periodo nero frutto della sua ipocrisia e sostanziale incapacità di gestire la giustizia. Dopo le rivolte, all’ombra dei clan, scoppiate nelle carceri all’inizio dell’epidemia, arrivano le pesantissime parole del magistrato Nino Di Matteo che lo accusa, sostanzialmente, di avergli rifiutato la nomina a capo del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria per l’opposizione dei boss. Non è finita, perché poche settimane fa deflagra, sempre tra le mani del ministro, la polemica per la scarcerazione “facile” di centinaia di condannati per mafia, fra cui alcuni al 41 bis. Vicenda anch’essa esplosiva, tanto che non pochi adombrano, per la sincronia degli eventi (ma non ci sono riscontri in merito), una possibile trattativa (nemesi micidiale per un giustizialista) per il mantenimento della pace sociale nel Sud Italia nel periodo del lockdown. Capro espiatorio: si dimette Francesco Basentini, direttore del DAP (posto cui sarebbe dovuto andare Di Matteo), fedelissimo di Bonafede. Le disgrazie non vengono mai sole: cinque giorni fa si dimette Fulvio Baldi, capo di gabinetto del ministro, per via di alcune intercettazioni di telefonate fra Baldi stesso e il giudice Luca Palamara, quest’ultimo indagato per corruzione. Insomma, una tempesta perfetta, tanto che le opposizioni sia di centrodestra che quelle liberal di Più Europa e Azione, pur con accenti diversi, presentano le loro mozioni di sfiducia individuali contro il ministro.

Le mozioni sono presentate al Senato, dove il gruppo parlamentare di Italia Viva è determinante. Renzi, a febbraio, conduce un attacco durissimo proprio contro Bonafede per via della riforma ultragiustizialista della prescrizione: in buona sostanza, con la riforma la prescrizione non c’è più e il manettaro Bonafede, con il silenzio complice del Pd, introduce il “fine processo mai” nel nostro ordinamento. Italia Viva promette, giustamente, sfracelli. Si dichiara pronta, per difendere il principio di non colpevolezza e della ragionevole durata del processo, a presentare una mozione di sfiducia al ministro. Inutile dire che la mozione non viene presentata, la questione si sfilaccia, scoppia l’emergenza coronavirus e delle battaglie garantiste di Renzi non si trova più traccia.

Le mozioni di sfiducia contro Bonafede, presentate dalle opposizioni pochi giorni fa per i fatti sopra descritti, sembrerebbero un’occasione d’oro per Italia Viva per regolare i conti con l’inviso ministro. Se è vero che Renzi, per sacrosante ragioni di principio garantiste, appena tre mesi fa era pronto a rischiare di far cadere il governo pur di fermare Bonafede, perché non sfiduciarlo dopo la sequela di catastrofi politiche combinate dal Guardasigilli, ora che stiamo uscendo dall’emergenza sanitaria? La letale legge sulla prescrizione è sempre lì e la mozione della Bonino sembra fatta apposta per consentire a Italia Viva di sfiduciare il ministro senza dare l’impressione di accodarsi al centrodestra. Renzi invece fa partire il solito teatrino: “Decideremo solo dopo aver ascoltato la relazione del ministro al Senato”, “sfiduciare il ministro non significherebbe sfiduciare il governo” e così via. Nel frattempo spedisce la Boschi a trattare (ma cosa?) con Conte a Palazzo Chigi e fa alzare la cortina fumogena delle dichiarazioni velatamente minacciose dei suoi. Risultato? Stamattina Renzi in Senato ha pronunciato un duro intervento contro Bonafede, dicendo di condividere le questioni di merito poste nelle mozioni, ma gli ha votato la fiducia per, ha spiegato, “motivi politici”: Conte infatti aveva fatto capire che la sfiducia avrebbe provocato le sue dimissioni.

Ora, come stupirsi se, nonostante tutto il protagonismo del suo leader, Italia Viva sta al 2 per cento? Che credibilità gli possiamo accordare? D’altra parte, tutto ciò è coerente con la vicenda politico-patologica di Renzi: promette a Letta di “stare sereno” e subito dopo gli sfila la poltrona di presidente del Consiglio, promette di lasciare la politica se perderà il referendum sulle riforme costituzionali ed invece fonda un partito tutto suo, minaccia di far cadere il governo un giorno sì e l’altro pure e poi vota sempre a favore. Ha fondato un partitino per avere un potere di interdizione che è incapace di esercitare efficacemente, è ininfluente, dunque è condannato all’estinzione politica. Dispiace, perché l’Italia avrebbe bisogno come il pane di un partito autenticamente liberale, garantista, sincero nelle sue battaglie, amico delle imprese senza essere legato agli oligopoli. Mi rendo conto: tutte cose impossibili da pretendere da un partito il cui capo sia Renzi.

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