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Russi sempre più padroni in Siria, mentre gli iraniani ripiegano e il coronavirus dilaga

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Il tentativo del dittatore siriano Bashar al Assad di oscurare la crisi di coronavirus in Siria è ormai miseramente fallito, anche in quel Paese la diffusione del virus è incontrollabile. A confermarlo sono anche le recenti informazioni di intelligence secondo cui il 12 aprile scorso ben 40 miliziani delle forze paramilitari sciite sono stati ricoverati in ospedale, per aver contratto il Covid-19. Nel frattempo, i medici e i sanitari dell’ospedale Abu Kamal – al confine tra Siria e Iraq – sono stati minacciati da rappresentanti del regime iraniano, che hanno loro intimato di tacere sui casi di coronavirus presenti nella struttura.

Ovviamente, i militari russi sono completamente coscienti di quanto accade in Siria. Lo sono a tal punto che, a quanto pare, sin dalla metà di marzo, hanno dato ordine a Damasco di non mischiare in alcun modo i soldati russi con le forze iraniane presenti nel Paese (a metà marzo Assad negava ancora la presenza di Covid-19 nel Paese). A metà aprile, quindi, l’opposizione siriana rendeva noto che i militari russi si erano riposizionati lontano dal quartiere Bustan al-Qaser di Aleppo, proprio perché in quell’area erano presenti i miliziani sciiti.  

Recentemente si è discusso di un possibile ritiro proprio degli iraniani dalla Siria. A quanto pare, più che di ritiro, bisognerebbe parlare di ridispiegamento. È sicuramente vero che i raid costanti di Israele hanno colpito duramente le forze di Teheran, ma invece di tornarsene a casa, pare che vengano dislocate in altre aree del Paese. Ad ogni modo, si registra una minor presenza di miliziani sciiti filo-iraniani nelle aree di Deir ez-Zor, presso al-Mayadin, vicino a Palmyra e anche nella capitale Damasco, dove c’è la moschea dedicata a Sayeda Zeinab (si trattava soprattutto di foreign fighters afghani della Divisione Fatemyoun). È possibile che parte di questi miliziani – soprattutto afghani della Divisione Fatemyoun – siano stati inviati sulla linea del fronte, nelle aree vicine ad Aleppo e alla provincia di Idlib. Nel Sud della Siria, al confine con Israele, viene anche registrato un aumento della presenza di jihadisti libanesi di Hezbollah.

Ad ogni modo, la Russia si è affrettata a coprire alcuni vuoti lasciati dagli iraniani, in particolare presso Deir ez-Zor, dove una serie di check points prima gestiti da filo-iraniani sono ora nelle mani della polizia militare russa, dei contractors della Wagner Group o di altre forze legate a Mosca. Alcune aree sono finite sotto il controllo della Brigata Gerusalemme (da non confondere con la Forza Quds iraniana), milizia prima legata all’Iran e ora pare controllata direttamente dai russi. Russi che sembrano essere riusciti anche a controllare la Forza di Difesa Nazionale (NDF), milizia pro-governativa siriana, i cui componenti negli ultimi mesi lamentavano il mancato pagamento dei loro salari da parte sia di Damasco che degli iraniani. Ora pare che diversi comandanti della NDF siano finiti sul libro paga dei russi. Nei report di intelligence, si sottolinea che la crisi con i Pasdaran iraniani è iniziata proprio a causa della crisi del coronavirus.

Quanto suddetto, dimostra due cose: la competizione tra Russia e Iran in Siria, che è non solo militare ma anche politica (si pensi alla recente defezione del cugino di Assad, Rami Makhlouf); e che i russi sono in grado di coprire velocemente i vuoti iraniani, dimostrando di avere adesso una posizione considerata sicuramente più forte e generalmente accettata nel Paese rispetto a quella iraniana.

Detto questo, il ridispiegamento dei miliziani iraniani deve preoccupare, non solo a livello militare, ma anche sanitario. La crisi del coronavirus in Siria è coperta dalla censura e, come noto, Teheran nasconde a sua volta i dati reali. Il rischio che il contagio degeneri fuori dalla Siria, magari con l’arrivo di miliziani sciiti e sunniti dalla Siria in Libia, deve preoccupare tutti, Italia in testa, soprattutto davanti al rischio che 20.000 migranti lascino il Nord Africa per arrivare in Europa.

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