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Sanremo Festival di regime: la continuazione della politica coi giullari

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La politica non è uguale per tutti e Sanremo è la continuazione della politica coi giullari. Cosa dicono le leggi della politica? Dicono: siccome non sappiamo come uscirne, ebbene si chiuda come e più di prima. Però con le dovute eccezioni. La rediviva setta delle Sardine, succursale giovanilistica piddina, è sbarcata a Roma, al Nazareno in sostegno dell’ex segretario Zingaretti, tendenza dursiana, con sacchi a pelo, tende da campeggio e borse termiche. Faccenda comica, ma si può capire. Santori e gli altri mammasantissima hanno lavorato tanto e adesso pretendono il loro premio. Ma come mai solo loro in libera uscita mentre il Paese è blindato? Draghi, il tecnico, non li vede questi scappati dalle loro casette borghesi di Bologna o Catanzaro? Non li vede Speranza, il ministro della malattia? Non li vedono le forze dell’ordine mandate a presidiare viali, lungomari e piazze invase della noia del fine inverno? Li vedono ma fanno finta di niente perché hanno ricevuto precise istruzioni.

Allo stesso modo, a Sanremo non si vedono i privilegi anche sfacciati, offensivi: una settimana di prediche pelose e cialtronesche, ispirate dai ministeri del controllo, dagli stessi che sul palco si abbracciano, si baciano, si strusciano di lingua e di culo, rigorosamente senza pezza verde o bianca a cono, a imbuto. La scena finale un tripudio, tutti su tutti in ammucchiata pazza, i Maneskin che Orietta Berti chiama “naziskin”, il macabro duo Michielin Fedez, che paiono Mercoledì e Zio Fester, così, en plen air, nel turbinar di coriandoli con gli orchestrali che li guardano imbavagliati e un po’ mesti.

A Sanremo hanno portato via, schedato come un delinquente e cacciato un povero cristo di cantante di strada, tale Piero Venery, che impersonava Freddie Mercury, perché sprovvisto di mascherina. All’aperto, lui che si agitava e intorno rada e prudentissima folla. Trattato come manco gli stragisti dell’Isis, persona non grata in Riviera per i prossimi tre anni ma a questa stregua le facce da Ariston dovrebbero essere messe al 41bis a vita. Tutte senza eccezioni.

Un’altra cosa accomuna politica di regime e Festival di regime: l’infantilismo da fine impero. Di qua le Sardine, questi professionismi della fuffa e del far poco che passati i 35 anni fanno ancora le “okkupazioni” goliardiche e si mettono in posa; di là una pletora di gruppuscoli di poco talento e di molto karaoke, braghe corte psichedeliche, scarp de tennis, donne vestite da meringa o con la camicia di forza, uomini non più maschi, barbette e smalto in scrupolo al postgender imperante di stampo piddino, travestimenti da museo delle cere, tutine, gonne polisex, culetti rappanti o piangenti e tante filastrocche senza serietà, ostentatamente puerili, come a dire: ma sì, facciamo pure gli idioti, che non c’è più niente da difendere.

Non mancava neppure una inquietante somiglianza tra il Sardina Mattia e Lodo, il cantante degli Stato Sociale che già dal nome è tutto un programma. E questi ci dicono che loro comunque sono diversi da noi. Loro possono. Ah, state zitti e buoni, come la canzone dei “naziskin” e lasciate al potere buono e giusto l’agio di finire il lavoro.

Tredici mesi di lockdown, si accorgono che non funziona e cosa fanno? Un lockdown ancora più serrato. “L’ultimo”, scrive Repubblica, e se lo scrive Repubblica si può giurare che non è vero. L’ultimo fino al prossimo. Ma lo fanno per noi, pecore matte che non sappiamo gestirci, che trasgrediamo ai dettami del potere buono tra i quali quello di guardare Sanremo e di adorarlo. Non siamo in grado di provvedere a noi stessi, ci serve, leninisticamente, un partito guida, un regime sull’autoritario tecnicista paternalistico. Ci servono i Miozzo e gli altri del CTS, gli Speranza e le Lucarelli, ci servono perfino i Lodo e i Mattia. Dite che loro non li vedi mai con la mascherina? Che discorsi, loro sono artisti di un tempo che non c’è, virtuosi dell’arte imbonitoria e ossequiente. E voi fate il favore, zitti e buoni e tenetevi su la mascherina che “non serve a niente lo sappiamo, ma è per gentilezza verso chi la porta”, come diceva un ispettore al povero Freddie Mercury mentre lo portava via.

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la grande bugia verde