Le Sardine, dopo aver riempito le piazze per contestare Matteo Salvini, sono uscite in televisione svariate volte collezionando non poche brutte figure: da quella epica di Mattia Santori, che alla domanda di Alessandro Sallusti sulla contrarietà o meno alla prescrizione ha risposto “se un bambino autistico quando gli passa un pallone da basket questo ritrae le mani, come riesce a passargli la palla e fare in modo che questo la raccolga con le mani che non sa usare?”, alla sardina Edoardo Caroli, che alla domanda sulla crisi libica ha risposto “Non credo sia una domanda alla quale le sardine ad oggi riescano a rispondere soprattutto dopo il grande concerto di ieri nel quale è stato evidenziato che le persone vogliono che i politici parlino di più di questi temi. […] Uno dei messaggi delle sardine è che i politici dovrebbero provare a spiegare in maniera più chiara e più semplice agli elettori e ai cittadini italiani quello che sta succedendo, in modo tale che anche loro sappiano le conseguenze di tutto quello che leggono e vedono nei telegiornali”. Insomma, tante parole inutili per non dire che della situazione libica non sapeva assolutamente nulla. Di esempi simili sulle Sardine se ne potrebbero fare tanti, da errori storici a strafalcioni grammaticali, ma loro si sono spinti oltre: hanno scritto un libro.
Viene naturale chiedersi: forse se la cavano meglio con lo scritto? A marzo di quest’anno i fondatori del movimento (Andrea Garreffa, Roberto Morotti, Mattia Santori, Giulia Trappoloni) hanno pubblicato un libro, “Le sardine non esistono” (Einaudi, 2020). Dopo averli sentiti sbraitare in piazza, con i loro numerosi appelli alla buona politica, all’antirazzismo, e con tutti i temi cari alla sinistra petalosa, ci si aspetterebbe un libro che descrive approfonditamente le loro idee. La prima cosa che colpisce invece è la “corposità” del testo: quattro persone per scrivere 96 pagine. Dopotutto, sono avvezzi a fare baldoria nelle piazze, nello studio sono un po’ pigri, ha ammesso sempre il comandante in capo delle Sardine Mattia Santori, quando gli hanno chiesto un parere sul Me: “Io sono laureato in economia ma diciamo che non pratico da un po’, perché adesso mi occupo di energia e ultimamente di fenomeno di massa di partecipazione di massa e non sono temi nostri”. Ci teneva a informarci della sua laurea in economia, però anche sul Mes non si è preso la briga di leggersi mezzo articolo, sempre perché loro stanno dalla parte della buona politica dei competenti, contro i populisti improvvisati. Tuttavia, in un libro ciò che conta è il contenuto, non la lunghezza.
Non è un saggio, è scritto a mo’ di racconti. Si aprirà con una citazione di Antonio Gramsci? Neanche per sogno, si apre con loro che mangiano fusilli al pomodoro:
“5 novembre 2019. Tovaglia a quadri, marrone e gialla, con sottili linee blu. La solita, quella morbida e spessa, quella usata per tante colazioni, tanti pranzi, tante cene. È macchiata in vari punti, intrisa di chiacchiere, dibattiti, sogni e paure. Sopra, quattro piatti fondi. Bianchi con un bordo netto, a linee bianche e blu. Quattro forchette, quattro coltelli, quattro bicchieri. Tovaglioli di carta. Un bicchiere tondeggiante, uno più squadrato, uno a calice, un altro con una forma tutta sua. Tutti diversi, ma tutti appoggiati sulla stessa tovaglia, come noi. Il vapore della pasta scolata sparisce nella cappa. Fusilli al pomodoro, preparati con cura, terzo fra i pochi ingredienti presenti in casa. Acqua del rubinetto in una brocca e ci mettiamo a sedere. La pasta è in tavola, fumante. Mangiamo, pensierosi”.
Non arrivano a mezza pagina che già iniziano a parlare della Lega:
“Mancano poco meno di tre mesi alle elezioni regionali di gennaio 2020. Bologna, la nostra città, è tappezzata di manifesti della Lega che recitano: «Liberiamo l’Emilia-Romagna». Ci chiediamo se questo messaggio sia accettabile”.
Nelle loro manifestazioni sono apparsi cartelloni con la scritta “Lega Salvini e lascialo legato”, con l’immagine di un omino impiccato. Che fine ha fatto la violenza del linguaggio che le Sardine vogliono combattere? Noi, che non siamo Sardine, “ci chiediamo se questo messaggio sia accettabile”. Come tutta la sinistra arcobaleno, anche le Sardine partono da una visione manichea della realtà: da una parte c’è il bene, dall’altra c’è il male e ogni mezzo è lecito per combatterlo; loro, facendo parte delle forze armate del bene, si sentono in dovere di usare qualsiasi mezzo, anche il linguaggio violento che contestano agli avversari politici. Esclusivamente dal loro punto di vista, il fine giustifica i mezzi.
Poco dopo passano all’attacco:
“È di sicuro la seconda via quella da prendere, dunque continuiamo a ragionare. Il 14 novembre Salvini tornerà a Bologna per la presentazione della candidatura di Lucia Borgonzoni alla presidenza della Regione. E dove farà il suo comizio? Al PalaDozza, il palazzetto dello sport tempio della pallacanestro. Lo conosciamo bene e sentiamo di ‘giocare in casa’. Ha 5.570 posti a sedere, non uno di più. L’intuizione è immediata: fermeremo la guerra dei numeri ancor prima che si combatta. Non lasceremo spazio alla possibilità che un dato oggettivo venga travisato e lo faremo sapere a tutti. 5.570 posti? Benissimo. Noi saremo di più e saremo in piazza Maggiore, in quello stesso luogo umiliato da una fandonia del passato. Sì, ma… Noi chi? Bella domanda! Mettiamo su il caffè. Si sono fatte le 14:30 e ognuno deve tornare alle proprie faccende. Ci ripromettiamo di riparlarne l’indomani e ci salutiamo con una sola certezza: «Bologna non si Lega»“
Si sentono un po’ carbonari, come se stessero davvero scrivendo la storia, peccato che in Emilia-Romagna la sinistra è sempre stata al potere, peccato che hanno avuto sempre l’appoggio dei media, la simpatia di Conte, di Prodi e di Monti, l’appoggio del Pd, che li ha incaricati di fare la campagna elettorale in Emilia-Romagna, si sono fatti fotografare allegramente con la famiglia Benetton, perfino Soros simpatizza per le Sardine. Insomma, tutto sono tranne che rivoluzionari pericolosi per il sistema, perché di quel sistema – con probabilità inconsapevolmente – sono una buffonesca protesi. Dopo vent’anni di antiberlusconismo ci tocca la piaga dell’antisalvinismo, perfettamente incarnato dalle Sardine, sciatte, impreparate e po’ ignoranti, buone per i concerti, insignificanti per la politica. Va segnalato che Berlusconi veniva contestato quando governava, con i nuovi campioni della democrazia oggi si arriva al paradosso di contestare un leader, e un partito, che stanno all’opposizione.
Concludiamo ricordando una delle ultime dimostrazioni della loro superiorità culturale, il 3 luglio su Twitter: “L’On Matteo Salvini non c’è l’ha fatta”. Si sono messi sul piedistallo dalla cultura, si sentono moralmente superiori, tutto dall’alto della loro autoreferenzialità, ma ogni giorno dimostrano esattamente il contrario.