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Su Savona in conflitto due principi, entrambi sanciti dalla Costituzione

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Mattarella non cede su Savona: un altro nome o niente via libera. Ok, è nelle prerogative della sua carica, come prevede la “Costituzione più bella del mondo” e come illuminati commentatori ed “esperti” si affannano a ricordare – non senza una robusta dose di fastidio e, oserei dire, di “ripugnanza antropologica” – agli italiani, proverbialmente ignoranti del dettato costituzionale (e di un sacco di altre cose, ça va sans dire). Peccato, però, che siffatta prerogativa non sia stata fatta valere in un’infinità di altri casi. Ci sono precedenti eloquentissimi, l’ultimo dei quali sconfina nella più classica delle commedie all’italiana: quando divenne ministro dell’Istruzione una signora non solo non laureata, ma persino non in possesso di un vero e proprio diploma di maturità. Ma la lista di ministri inetti, incompetenti, a volte persino impresentabili, e tuttavia “avallati” dai vari Presidenti della Repubblica, sarebbe lunghissima. Evidentemente il principio vale “ad usum delphini”, quando fa comodo insomma, cioè qualche volta sì ma il più delle volte no. Ma sta scritto nella Costituzione, che, lo sanno tutti, “è la mejo ar monno”.

Comunque, quello che disturba di più, in tutta questa faccenda, è un’altra cosa: il conflitto tra due principi, quello del rispetto del dettato costituzionale con riferimento ai poteri e alle prerogative del Capo dello Stato, e quello del rispetto di un principio parimenti sancito dalla Costituzione, cioè quello della sovranità popolare. Praticamente, i due partiti che stanno tentando di dar vita al nuovo governo dopo aver conquistato, in forza dei voti ricevuti, un’ampia maggioranza in Parlamento, non sono liberi di esprimere un ministro dell’Economia che rispecchi le loro idee, espresse chiaramente durante la campagna elettorale. Nel caso specifico, le Vestali della Costituzione per lo più richiamano l’attenzione solo su una delle due facce della medaglia, quella delle prerogative del Presidente, ignorando completamente l’altra.

Si tratta di scegliere: tra le due, direi che la più importante è la seconda. Di gran lunga. Di conseguenza difendo l’indicazione di Paolo Savona per il dicastero dell’Economia, sia pure senza negare il diritto sacrosanto del Presidente ad avere un altro orientamento. Ma siccome, in questo caso, c’è un conflitto, e una delle due parti deve necessariamente cedere, ritengo che dovrebbe prevalere l’indicazione dei due partiti vincitori delle elezioni. Questo mi sembra un modo onesto di affrontare la questione. Vorrei che altrettanta onestà la manifestassero i più strenui difensori di Mattarella.

Un’ultima cosa: caso mai avrei compreso di più un diniego di Mattarella nei confronti di un candidato premier del tutto inesperto e con un curriculum accademico un po’ “abbellito”, praticamente l’opposto di Paolo Savona, che come ministro avrebbe una preparazione e delle competenze al di sopra di ogni obiezione. Ma Savona non piace a Bruxelles, e proprio perché la sa troppo lunga e quindi fa paura, mentre Conte, al momento, sembra meno pericoloso.