Nonostante le pressioni degli Stati Uniti, è stato lasciato scadere l’embargo Onu sulla vendita di armi alla Repubblica Islamica dell’Iran, terminato il 18 ottobre scorso, come previsto dall’accordo nucleare del 2015. Teoricamente, quindi, da lunedì 19 ottobre il regime iraniano è libero di comprare e vendere armi, da chiunque sia disponibile a fornirgliele. Per questa ragione, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha annunciato che Washington imporrà sanzioni contro chiunque decida di fare affari nel settore degli armamenti con l’Iran.
La scadenza del 18 ottobre è stata festeggiata da Teheran come una grande conquista, segno non solo del diritto iraniano di comprare e vendere armi, ma anche della sconfitta della diplomazia americana, che ufficialmente aveva puntato sul rinnovo dell’embargo Onu. Il problema per l’Iran però è che, come sempre, esiste una grande differenza tra le parole e i fatti.
La prima differenza sta appunto nella questione diplomatica: è vero che gli Stati Uniti hanno fallito nel rinnovare l’embargo delle Nazioni Unite, ma è anche vero che era un fallimento annunciato (data la posizione di Cina, Russia e dell’Unione europea). Ma questo fallimento è stato usato da Washington per imporre prima sanzioni contro 18 istituti di credito iraniani e poi, come suddetto, per annunciare che chiunque farà affari nel settore degli armamenti con l’Iran sarà sottoposto alle sanzioni Usa. Dunque, proprio grazie al presunto fallimento diplomatico, gli Stati Uniti hanno allargato il raggio di azione per colpire coloro che proveranno a sostenere il regime iraniano.
La seconda questione è geopolitica: se è vero che la Cina, la Russia e la stessa Ue non hanno sostenuto il rinnovo dell’embargo sulle armi verso l’Iran – un errore gravissimo – ciò non significa automaticamente che intendano iniziare a rifornire gli arsenali militari della Repubblica Islamica. Secondo gli analisti esperti di difesa, infatti, sia Pechino che Mosca sono molto riluttanti all’idea di vendere liberamente armi all’Iran, sia per non incorrere in ulteriori sanzioni americane e sia per non sostenere un alleato scomodo, che molto spesso – soprattutto agli occhi della Russia – si è rivelato un pericoloso competitor (si pensi alla Siria).
Potremmo assistere, quindi, ad una sfilza di notizie sulle agenzie di stampa iraniane, in cui si preannuncia un accordo nel settore militare con questo o con quell’altro attore. Ma come per l’accordo strategico tra Cina e Iran – della durata addirittura di 25 anni – le questioni da trattare tra Teheran e Pechino sono di più di quelle concluse. Basti solo pensare che, in questi giorni, l’Iran ha dovuto smentire che la Cina ha congelato una serie di asset iraniani, in rispetto alle sanzioni americane.
Infine, una nota sull’Ue e sull’Italia: il 19 ottobre l’ambasciata iraniana a Roma ha diramato una nota ufficiale, in cui ha auspicato che Ue e Italia “adottino misure volte a facilitare l’annullamento delle restrizioni sulla vendita di armi convenzionali alla Repubblica islamica, dopo che ieri è scaduto l’embargo su tali transazioni in base alla risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che recepiva l’accordo sul nucleare del 2015”. Nella stessa nota, l’ambasciata iraniana fa riferimento al paragrafo 5 dell’Allegato B della Risoluzione 2231, in cui si afferma che “tutti i governi possono prendere parte alle sotto descritte attività e rilasciarne l’autorizzazione: fornitura e vendita o trasferimento diretto e indiretto di tutti tipi di carro armato, cingolati, artiglieria pesante, velivoli militari, elicotteri da guerra, navi da guerra, missili e batterie missilistiche”. Infine, l’affermazione piuttosto minacciosa secondo cui che “qualora l’Iran non ottenesse concretamente vantaggi dall’annullamento delle restrizioni e sanzioni annunciato dalla Risoluzione 2231, non sussisterebbero ragioni per il suo impegno nell’accordo (sul nucleare, ndr)”.
Curioso che il regime iraniano faccia riferimento all’allegato B della risoluzione 2231, perché è lo stesso allegato che vieta al regime iraniano di compiere test missilistici con vettori intrinsecamente capaci di trasportare un ordigno nucleare. Ovvero, ciò che Teheran ha fatto decine di volte dal 2015 ad oggi, in piena violazione dell’accordo che ora pretende di veder rispettato pienamente. Violazioni denunciate dagli stessi ambasciatori di Francia, Gran Bretagna e Germania alle Nazioni Unite!
La comunità internazionale, l’Europa e l’Italia in testa, dovrebbero assolutamente evitare di assecondare le richieste del regime iraniano. Piuttosto, essere ben accorti nel controllare che Teheran non li inganni, provando a comprare tecnologie ufficialmente per ragioni “umanitarie” o “industriali”, per poi riusarle a fini militari (dual use). L’esito sarebbe quello di portare le imprese europee e nazionali a rischiare di essere inserite nelle sanzioni americane, con effetti devastanti nelle relazioni con Washington.