La guerra in Ucraina sta in pratica stravolgendo lo scenario politico mondiale. Gli Stati Uniti, in particolare, devono affrontare cambiamenti imprevisti poiché nazioni un tempo alleate ora assumono posizioni terze, o anti-occidentali.
Emblematico è il caso della Federazione Indiana. Vicina ai russi quando ancora esisteva l’Unione Sovietica, soprattutto in funzione anti-cinese, ora New Delhi non ha adottato sanzioni, facendo irritare parecchio Washington.
In realtà l’India, che da sempre ambisce a giocare un ruolo di primo piano nella politica globale, autoproclamandosi “la più grande democrazia del mondo”, ha spesso fatto da sponda all’Occidente. Fa parte, tra l’altro, dell’alleanza “Quad”, alla quale partecipano anche Stati Uniti, Australia e Giappone, che è nata per cercare di frenare l’espansionismo cinese.
A questo punto Pechino resta un’avversaria, visto che indiani e cinesi da anni conducono una sanguinosa guerra per il predominio sulle cime dell’Himalaya. Meno nemici di prima, però. Il premier ultranazionalista Narendra Modi, che favorisce in ogni modo gli indù a scapito di cristiani e musulmani, era in precedenza molto vicino a Donald Trump. Non sembra invece gradire Joe Biden e ha adottato una posizione sostanzialmente filo-russa. Non solo la sua delegazione all’Onu non ha votato la risoluzione di condanna dell’invasione russa. Ha pure accolto con tutti gli onori il ministro degli esteri russo Lavrov. I due hanno avviato trattative per pagare con la moneta indiana, la rupia, gas e petrolio russi, concessi da Mosca a prezzi di saldo.
Notevole l’irritazione americana per questa mossa che, se concretizzata, sarebbe un altro segnale che il dollaro non è più ritenuto da molti quale valuta standard per il commercio internazionale. Lavrov ha inoltre indicato il governo indiano quale mediatore privilegiato nella crisi ucraina. India e Cina, pertanto, assumono un ruolo rilevante in un conflitto che, invece, dovrebbe riguardare principalmente l’Unione europea.
Si noti, tra l’altro, che il premier indiano ha adottato un approccio ben diverso con il ministro degli esteri britannico, Liz Truss, lei pure in visita a New Delhi recentemente. Ha ricevuto un trattamento distaccato e nessuna promessa, nonostante si occupi per il governo di Londra anche del Commonwealth, del quale la Federazione Indiana è un importante membro. Inoltre l’India, allineandosi anche in questo caso alla Cina, non ha espresso alcuna condanna delle stragi compiute in Ucraina dalle truppe di Putin.
Come se non bastasse un altro alleato storico degli Usa, l’Arabia Saudita, non solo non ha adottato sanzioni, ma ha respinto le richieste di aumentare la produzione di petrolio, dando a Washington uno schiaffo cui gli americani non sono abituati. Del resto i governanti di Riyad avevano addirittura rifiutato di ricevere una telefonata di Biden, che intendeva perorare un aumento delle forniture petrolifere saudite per parare i colpi di Putin. Nel frattempo si assiste anche a un timido riavvicinamento tra due storici nemici come India e Pakistan, sempre in funzione filo-russa e anti-occidentale.
Il mondo, insomma, sta cambiando, e pure parecchio. Sembra esserci una sorta di alleanza – strategica e culturale – contro l’Occidente, e una ribellione al soft power americano che per decenni ha dominato sul piano globale, col puntuale appoggio di molti Paesi africani e dell’America Latina. Le precedenti alleanze non contano più e molte nazioni tendono a riposizionarsi.
Conta ovviamente la grande debolezza dell’attuale amministrazione Usa, da tutti percepita nettamente, e la permanente irrilevanza dell’Unione europea dove, tra l’altro, i sovranisti hanno vinto le elezioni in Ungheria con Viktor Orbàn e in Serbia con Alexandar Vucic, entrambi su posizioni filo-russe. Stati Uniti e Ue possono anche fare blocco, ma si trovano di fronte nuovi avversari che un tempo erano, se non alleati, almeno amici.
Può davvero essere un mutamento epocale, che prima o poi imporrà anche all’Europa e all’Italia un ripensamento delle loro posizioni nello scacchiere internazionale. Questo significa che, a dispetto delle apparenze, Vladimir Putin è meno isolato di quanto americani ed europei tendano a credere. E che la Cina è destinata ad assumere un peso crescente, magari abbandonando ogni remora circa i progetti di annettere Taiwan.