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Se il culturame di sinistra la fa ancora da padrone

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Ancora oggi subiamo le conseguenze della scelta Dc di lasciare giustizia e cultura ai comunisti

Non si sa se sia un bene o un male continuare a parlare di Rula Jebreal. Si rischia forse di attribuire alla giornalista un’importanza eccessiva ed immeritata, ma qualche considerazione ulteriore non guasta, soprattutto circa le vesti stracciate dei falsi liberali di Italia Viva, quando sembrava che il Teatro Ariston dovesse fare a meno della presenza della Jebreal, e in merito al successivo “reintegro” della signora nel cast del prossimo Festival di Sanremo. I renziani, seguiti a ruota dai loro alleati di governo, erano ad un passo dall’invocare l’intervento delle Nazioni Unite, pur di scongiurare la mancata partecipazione di Rula. Si scherza, ma non troppo, visti i toni davvero accorati degli esponenti di Iv, i quali si sono scagliati contro i diktat o presunti tali di Matteo Salvini.

Questo è un Paese molto strano, a volte totalmente squinternato. Non è sufficiente scendere in piazza contro il leader dell’opposizione, bensì è necessario accusare di prove tecniche di regime chi non tocca, al momento, la leva di comando. Se c’è un regime in Italia, è senza dubbio quello rappresentato dalla cosiddetta cultura di sinistra. Una dittatura sempre più sgangherata ed impopolare, ma che sopravvive con una certa tenacia. La vecchia Dc appare come un qualcosa di preistorico nel 2020, ma ancora oggi subiamo le conseguenze della scelta democristiana di appaltare la giustizia e la cultura al Partito comunista italiano. Un po’ tutte le nazioni occidentali hanno a che fare con il cosiddetto “politicamente corretto”, che non è altro che una sorta di ipocrisia strumentale capace di decidere cosa sia accettabile e cosa non abbia invece diritto di cittadinanza nel dibattito pubblico. Ma l’Italia, a causa della pesante influenza delle sinistre rosse e rosé, subisce una vulgata ulteriore e peggiore. Guai a professare nel Belpaese idee liberali o peggio, liberiste in economia, perché si diventa in un istante affamatori della povera gente, oltre che naturalmente selvaggi, e quasi sempre si viene redarguiti da soloni col portafogli piuttosto gonfio. Se si vuole una politica che decida, magari aiutata da qualche riforma in senso presidenzialista, l’intenzione è sempre quella, secondo il culturame di sinistra, di importare in Italia modelli sudamericani. Chi si permette di non credere a tutta la narrazione dell’Anpi e dell’antifascismo di sinistra, può pure vantare padri e nonni caduti nella lotta partigiana, ma sarà costantemente ritenuto come un fascista o para-fascista. In merito al tema caldissimo di questo tempo, ovvero l’immigrazione, è sufficiente proporre limiti e regole per essere subito tacciati di razzismo e xenofobia. Gli Stati Uniti sbagliano sempre, sia quando si fanno i fatti loro che nelle circostanze in cui intervengono nel mondo, ma se è un dovere fare le pulci alla più grande democrazia del pianeta, non è poi così necessario parlare della natura degli avversari dell’Occidente ed elencarne crimini e misfatti. Ciò che viene deciso a Washington, soprattutto durante le amministrazioni repubblicane, sembra essere fonte di pericolo, anche quando si arriva a riconoscere l’effettiva nocività dei nemici dell’America, e di tutti noi, ma non giungono mai, dagli acculturati ed esperti di sinistra, soluzioni alternative alle scelte d’oltreoceano. Si preferisce semplicemente e si pretende che l’Italia rimanga nel limbo della viltà e di un falso neutralismo, sperando che la tempesta passi al più presto. Se un killer entra in casa nostra con il preciso intento di uccidere, non evitiamo la morte andandoci a nascondere sotto le coperte. Gli ebrei passati a miglior vita meritano compassione e celebrazioni annuali, ma i loro correligionari ancora presenti su questa terra possono al massimo ambire ad essere messi sullo stesso piano dei terroristi di Hamas.

Queste distorsioni vengono accoratamente sostenute non solo dai politici di professione schierati a sinistra, coadiuvati dagli utili idioti del moribondo M5S, ma anche da una platea di giornalisti, scrittori ed artisti, ai quali la cosiddetta cultura di sinistra ha offerto carriere ben remunerate. È tutta questa palude, pseudo-intellettuale e pseudo-intelligente, ad aver tanto insistito sulla presenza di Rula Jebreal al Festival di Sanremo. Se osserviamo la vicenda da un altro punto di vista, la conferma della sua esclusione avrebbe creato il martire perfetto del sovranismo, e probabilmente l’alzata di spalle di Matteo Salvini ha voluto togliere argomenti e relativi piagnistei alla signora e ai suoi accaniti supporter.

Tuttavia, siamo di fronte all’ennesimo atto di supponenza ed arroganza del culturame rosso. Il problema non è se Rula Jebreal piaccia o meno a Salvini, ma se la sua presenza sia coerente con un Festival musicale e se piaccia ai telespettatori, che – non dimentichiamolo – versano il canone. Gli italiani saranno pure brava gente, ma faticano ad innamorarsi di chi considera questo Paese fascista, razzista e carico d’odio. È questo che pensa di noi l’autorevole ed ambita ospite di Amadeus. La politica dovrebbe rimanere fuori da un evento come il Festival della canzone italiana, anche se puntualmente accade il contrario, e sarebbe sensato evitare di imporre personaggi così divisivi, i quali, oltre a disprezzare l’Italia nel suo complesso, che pure ha consentito loro una brillante carriera, guardano alle vicende mediorientali con pregiudizio negativo delle democrazie israeliana ed americana. Si spera che gli errori passati di un berlusconismo capace di aggregare molti voti, ma sostanzialmente ininfluente sul piano culturale e sociale, servano da monito a Salvini e Meloni, ai quali spetterebbe il compito, nel caso di una grande affermazione elettorale, di una rivoluzione non solo politica, ma anche culturale.