Sui danni provocati dal regime sanitario nei cittadini che non sanno più a chi credere ha scritto un articolo impeccabile Marco Faraci su questo sito: non c’è nulla da obiettare, se mai qualcosa da aggiungere. Posto che la comunicazione di regime in tema di Covid, Green Pass, misure repressive è stata infame, è lecito farne un alibi per ben altri orrori? Molti usano le ragioni fondate e le stravolgono in pretesti: siccome il mainstream ha mentito sulla pandemia, allora ha ragione Putin. No, a questo livello non si può fare. Dite quello che vi pare sulla nostra situazione, allucinante, intollerabile (ma la abbiamo tollerata), ma da qui a dire che in Ucraina non è successo niente, c’è un abisso logico e morale. In Ucraina non ci sono le stragi, però gli ucraini se le fanno da soli, però Putin fa bene a fare quello che fa perché è colpa della Nato, degli Usa, dell’Occidente. No, davvero non regge.
I putinisti di risacca, molti dei quali si nascondono dietro banalità e false complessità, hanno negato l’invasione; hanno negato Donbass, Odessa, Mariupol; hanno negato gli ospedali e i teatri bombardati; e adesso negano Bucha, le fosse comuni, la caccia all’ucraino. Tutto inventato, tutto distorto: garantiscono loro e qualche imbecille crinito. La preoccupazione di molti è di non prestare fede al mainstream, questa scatola dove si può infilare tutto, simile al Grande Reset che è la spiegazione definitiva di chi non ha spiegazioni. Le scene rilanciate dai media di tutto il mondo? Ma no, è il mainstream e il mainstream mente come respira. I discorsi di Putin, i suoi propositi di distruggere l’Ucraina? Iiih, e allora Biden?
Biden è una figura pericolosa perché malata, mentalmente improponibile, ma cosa c’entra con uno Zar che non fa mistero di voler ricostruire la Grande Madre Russia a qualsiasi costo umano? Poi l’odio contro Zelenskji, il comico macabro, il ladro buffone: da quanti, magari, si sono consegnati mani, piedi e coscienza a Grillo. Zelenskji ha fatto i miliardi, ha il villone in Italia; Putin è l’uomo più ricco del mondo, di miliardi ne ha 200, intestati a oligarchi prestanome, di ville non lo sa neanche lui, una costa un miliardo. “Però almeno di lui si sa”, dicono i tifosi e a quel punto come fa a non salirti una rabbia gelida? Diciamo pure tutto il peggio di questo Zelenskji, torbido, ambiguo, ma in Ucraina ci stanno 45 milioni di persone: tutti da “denazificare”, come dicono i russi? Se “tutto quello che sai è falso, tutto quello che non sai è vero”, proprio come diceva il nostro comico al pesto, allora a che serve accapigliarsi sui social?
Vanno molto di moda avventurieri, apprendisti, mestatori che, gratta gratta, finiscono per capovolgere ogni realtà e lo senti il respiro mefitico delle groupie che più Putin devasta, più annienta e più godono. “Piano, bisogna andarci piano, non credere a niente”. Ma credono alla propaganda russa che è la più miserabile dai tempi della Pravda. E a quella cinese. Credono a chi nega i cadaveri stesi, a chi inventa improbabili manomissioni tecnologiche. Fa bene un professionista come Biloslavo ad essere cauto su Bucha, ma la sua è la prospettiva di un inviato scafato e prudente: quella dei cialtroni e degli ipocriti è altro, è un farneticare perenne pur di non dire che stanno con Putin, che i massacri in Ucraina gli vanno bene perché li ha fatti lui; se avesse imposto anche il Green Pass, avrebbero detto che era libertà.
Dove si finisce se anche l’evidenza viene rifiutata? Se si archiviano le immagini di umani, di bambini, di animali straziati, giustiziati, dilaniati con la scusa che “bisogna vedere se è vero”? Certo, nessuna guerra è immune da invenzioni e opportunismi anche ignobili, ma questa è la prima che ci scoppia in diretta sotto gli occhi, le sue visioni sono lì e sono impossibili da ignorare, da contestare. Non è come in Vietnam, Libano, Iraq o alle Termopoli, non è neanche come nella Libia di pochi anni fa. “La guerra è male sempre”, pontificano i volonterosi carnefici di Putin. Che scoperta! Che posizione coraggiosa e spiazzante! Ma questa, per cominciare, non è una guerra, è una invasione e in una invasione c’è un invasore e ci sono gli invasi. E rifugiarsi nel gioco della complessità, non porta a niente: lo hanno fatto anche col nazismo, con il leninismo-stalinismo, lo hanno fatto le Brigate Rosse per giustificare, a suon di farneticazioni, i loro deliranti delitti. Tutto si può contestualizzare, qualsiasi evento nella storia umana, che è storia criminale dai tempi di Caino, si può far risalire a un presupposto, nessun accadimento si genera da sé, ma restiamo ai fatti, per favore: qui c’è un dittatore che, fiutato il momento, ha deciso di spianare un Paese sovrano. Tutto il resto è accademia, a volte sofisticata, più spesso stracciona. E giustificare il qualunquismo delle altre guerre, delle altre invasioni è semplicemente inaccettabile sul piano logico e su quello etico.
Come lo è il salto più estremo, dal Green Pass al Donbass: “Allora quello che ci hanno fatto a noi? La vera dittatura è qui”. È spuntato pure l’immancabile partititino dei rottami leninisti, direttamente dalla difesa delle libertà in Italia alla difesa della dittatura neosovietica: i Freccero, gli Ugo Mattei, i Cacciari, col contorno di qualche dilettante allo sbaraglio, sentendosi molto colti puntano a condurre le masse sulla strada della verità alternativa, della “problematizzazione”, se possibile guadagnandoci qualcosa, ma Freccero non può decentemente venirci a dire che a Mariupol “sono state reclutate attrici e le bombe erano finte”: se queste sono le opinioni che bisogna tutelare, benissimo, nessuno si sogna di impedirle, però sia lecito anche a noi dire che trattasi di solenni puttanate nella migliore delle ipotesi, di affermazioni vergognose altrimenti. Non è che tutto valga tutto, non sta scritto da nessuna parte che una analisi ponderata debba avere lo stesso peso di una sparata miserabile. “Ah, bisogna insistere coi negoziati, niente armi!”. Nessuna guerra, neppure la più atroce, sotto nessun cielo, si è mai protratta senza negoziati sullo sfondo: è un lavorio costante, oscuro, che dà frutti, quando ne dà, nei tempi lunghi. E il disarmo è una bellissima cosa, che però sa molto di libro dei sogni: “riarmare no, che porta alla terza guerra mondiale atomica”. Sì, ma vallo a dire a quel pazzo! Se la strategia è disarmare per scampare la guerra atomica, così lo Zar può sganciare la bomba atomica, allora siamo a cavallo.
È uscito un comunicato dell’agenzia statale russa Ria Novosti in cui all’intellettuale putiniano Timofei Sergeitsev viene attribuito il proposito di “denazificare l’Ucraina per i prossimi 25 anni”, in quanto “la rieducazione è impossibile con gente complice attiva o passiva del nazismo”. Linguaggio agghiacciante, nazista (o comunista) in sé, difficile da contrabbandare per fake news. Ma i problematici senza faccia non si scompongono, a quel punto tirano in ballo la Nato che è un evergreen della dialettica liceale alla cannabis. Non si scompongono neanche di fronte agli eccidi di donne, bambini, cani, il loro femminismo, il loro animalismo si ferma davanti alla militanza opportunistica, che a volte nasconde un fremito da resa dei conti per infimi trascorsi personali.
Agli esperti da social manca il pensiero logico e dunque morale, eruttano lenzuolate di interventi senza senso, senza connessione, dove dicono di tutto per non dire niente e nascondono la loro attrazione per un criminale dell’umanità dietro cortine di concetti, di constatazioni da prima elementare, ultimo banco, con problemi di disagio. “Bisogna ascoltare le ragioni di tutti”: che vuol dire, io quello che penso davvero non lo dico, però se me lo dici tu ti odio perché non mi piace sentirlo. Ma noi, noi giornalisti o giornalai, che altro dovremmo fare? Perdere le giornate nel “confronto” con idioti e impostori? Personalmente ho cominciato a cancellare a tutto spiano, peggio di Facebook, basta che uno mi provochi, “che virus hai preso?”, e lo faccio saltare. Ho il virus che ho sempre avuto, quello di non pormi problemi di militanza, non mi appartiene lo scrupolo di sostenere per partito preso il contrario del Pd per puro antagonismo demente. Oppure di allinearmi al cialtronismo berciante ancorché di moda.
Continuo a difendere la separazione, netta, senza appello, tra menzogna e menzogna, tra Green Pass e Donbass, tra regime (italiano) e dittatura (russa, neosovietica). Il mio amico Daniele Capezzone è più paziente, spesso mi ricorda che, alla fine, il tempo è galantuomo; ma converrà che fare questo mestiere in questo tempo di palude è diventato repellente, che mai avremmo pensato di constare l’incanaglimento di un Paese, di milioni di connazionali, oltre il livello di guardia. Qualcuno mi ha avvertito, bonariamente, “se continui così resti senza follower”: per me i follower non esistono, io ai lettori do tutto ma non sono niente per me, non se pretendono che io mi fotta la coerenza. Preferisco rimanere senza neanche uno che mi legga, ma con la mia coscienza. Perché la coscienza è libertà. Non faccio sconti anzitutto a me stesso e non accetto nessuna “complessità” quando occorre il rasoio di Occam: qui le cose sono semplici, sono chiare, c’è un massacro, c’è chi massacra e chi viene massacrato. Tutto il resto viene dal demonio. In trent’anni di mestiere ho sempre fatto così, ho perso tutto e tutti tante volte, poi sono tornati. Non cambio adesso, che non ho più niente da perdere né da vincere, in vista dei 60.