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Se l’obbligo vaccinale surrettizio entra anche nelle scuole

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La proposta dell’Anp (Associazione nazionale presidi, da non confondere con l’Associazione nazionale partigiani) di obbligare alla didattica a distanza gli studenti non vaccinati, in caso che uno dei loro compagni risultasse positivo, mentre gli altri potrebbero seguire le lezioni in presenza, è chiaramente discriminatoria ed assume un carattere ricattatorio: o ti vaccini oppure sei “confinato nella Dad”. Con tale proposta anche i presidi (pardon, dirigenti scolastici) riconoscono implicitamente che la Dad è molto inferiore alla didattica in presenza, sia come efficacia che come considerazione da parte di tutte le componenti del mondo della scuola.

Inoltre, si opererebbe una distinzione tra “immuni” e “non immuni”: si verrebbe schedati in apposite liste (come non pensare alle “liste di proscrizione” di infausta memoria?) e sarebbe esercitata una pressione molto forte su persone minorenni. Ora però la stessa Associazione dei presidi, per bocca del suo presidente, Antonello Giannelli, nota che “ovviamente non si ritiene opportuno l’obbligo per i minori”. Ciò significa che allora l’obbligo per i maggiorenni sarebbe “cosa buona e giusta”? Le scuole superiori sono piene di studenti che hanno raggiunto e superato la maggiore età: praticamente tutti quelli delle classi quinte e spesso anche delle quarte.

Talvolta si ha l’impressione che le affermazioni non tengano conto della realtà, ma siano dichiarazioni di principio astratte che devono essere applicate. “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, diceva, se non ricordo male, Massimo D’Azeglio (da non confondere con Massimo D’Alema), adesso Mario Draghi è come se dicesse: “Fatti i vaccini, bisogna fare i vaccinati” e si usano tutte le modalità, dal condizionamento sui mezzi di comunicazione, alla manipolazione delle informazioni per finire con la denigrazione dei “dissidenti”: rimane emblematica la strabiliante dichiarazione dell’attuale presidente del Consiglio, che i no-vax vogliono che tutti muoiano!

Si potrebbe far notare, all’estensore del decreto sul Green Pass, che essere contro l’obbligatorietà della vaccinazione non significa essere pregiudizialmente contro i vaccini. Magari coloro che sono contro il vaccino obbligatorio preferiscono che sia lasciata una libertà di scelta e di ponderazione sull’opportunità di sottoporsi all’inoculazione di quelli che sono pur sempre dei farmaci. Magari qualcuno potrebbe avere dei timori di conseguenze negative sul proprio organismo; magari qualcuno potrebbe ritenere superfluo fare un vaccino che fabbrichi gli anticorpi, in quanto già ne è dotato; magari semplicemente uno potrebbe ritenere necessaria una terapia quando sta male, non quando scoppia di salute da tutti i pori.

L’insistenza poi sulla vaccinazione dei giovanissimi è singolare (ed è tipica dell’Italia e non degli altri Paesi Ue), perché si tratta della fascia d’età meno a rischio in assoluto per il Covid-19, con una percentuale di letalità di fatto a zero. Vi sono poi stati dei morti anche in seguito a queste vaccinazioni (17.503 nell’Unione europea, e circa 500.000 persone danneggiate in modo grave).

Insomma, la situazione non è poi così rosea come vorrebbero farci credere: vi sono luci e ombre, come in tutte le situazioni reali e non ideologizzate. Perché è proprio questo il punto: che spesso, invece di partire da considerazioni reali, si vuol portare avanti un “programma” di governo. La tecnica è sempre la stessa: si fa in modo di procrastinare lo stato di emergenza, anche se non vi sarebbero i presupposti per farlo, in modo da poter emanare decreti che possono essere varati solo per motivi straordinari in caso di urgenza. Tanto poi il Parlamento li convaliderà sicuramente, succube ormai com’è alle decisioni governative.

Per quanto riguarda i docenti, poi, la situazione è ancora più paradossale; i dati parlano dell’85 per cento degli insegnanti già vaccinati, e risulta abbastanza grottesca la preoccupazione che il rimanente 15 debba assolutamente sottoporsi a tale trattamento. Non è fuori luogo poi l’osservazione della Gilda, che ritiene fuorviante il fatto che ci si limiti esclusivamente a questo aspetto nel dibattito sulla scuola. E le “classi pollaio”? E i docenti mancanti perché non ancora nominati? La stessa Gilda nota che tale percentuale, così alta, misura la responsabilità innata dei docenti. Anch’io vorrei sperare che sia così e che non sia per una sorta di “corsa all’omologazione”. Intanto non posso dimenticare che una simile “quota di adesioni” (più dell’80 per cento) si ebbe anche quando fu chiesto agli insegnanti di iscriversi al Partito nazionale fascista…

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