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Situazione drammatica in Iran: i morti della repressione si contano a centinaia, nell’indifferenza occidentale

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La lotta contro il regime degli ayatollah infuria in tutto l’Iran, ma secondo i media internazionali sarebbe stata sedata. Spiace per coloro che sono male informati o in malafede, perché nel Paese si combatte ancora, fino alla morte.

Soprattutto i giovani sono i più determinati nella protesta contro il regime. Le capitali provinciali e Teheran stanno sperimentando rivolte di una grandezza insolita, che stanno scuotendo la dittatura degli ayatollah. Perfino membri dell’esercito si sono sollevati contro gli ordini del regime. Assaliti e dati alle fiamme centinaia di banche, basi della milizia, poste, veicoli delle forze dell’ordine, moschee, seminari religiosi costruiti dai mullah, municipi, centri decisionali.

La chiusura di Internet ha ulteriormente esasperato la popolazione che è ben consapevole del fatto che il regime tenta in tutti i modi di oscurare la rivolta e non far arrivare all’estero le informazioni su quanto sta accadendo. L’ayatollah Ali Khamenei ha dato l’ordine di uccidere chiunque si trovi nella rivolta, uomini, donne e bambini. E le milizie del regime sparano su tutto ciò che si muove, mirando alla testa e al petto.

I feriti invadono gli ospedali, ma le forze di sicurezza fanno irruzione per prelevarli e portarli in carcere, dove cercano di estorcere confessioni tramite efferate torture. Gli agenti del regime fanno anche sparire i corpi delle vittime decedute in ospedale, il che rende impossibile fare una stima reale dei morti.

Secondo Amnesty International la repressione sistematica, con armi da fuoco, delle manifestazioni di protesta avrebbe provocato almeno 208 morti, mentre alcune fonti ne stimano un numero compreso tra 180 e 450. Secondo la FIDU, sulla base di numerose fonti d’informazione anche dall’interno del Paese, i feriti sarebbero oltre 4.000, mentre più di 10.000 persone sarebbero state arrestate, molte delle quali ora si trovano in pesanti condizioni di detenzione, sottoposte a torture e a rischio di esecuzione. Diverse autorità del regime – in un Paese dove la magistratura è un organo sottoposto al potere dei mullah – hanno infatti dichiarato che i manifestanti dovrebbero essere impiccati.

Più volte i manifestanti e la presidente della Resistenza iraniana, Mariam Rajavi, hanno chiesto che vengano inviati ispettori internazionali nel Paese a verificare la drammaticità della situazione e le violazioni dei diritti umani. Ma nessun governo europeo lo sta facendo e, ancor più grave, è l’invito rivolto dall’Italia al ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, corresponsabile dei massacri, a partecipare alla conferenza di Roma MED – Mediterranean Dialogues Forum che si tiene questa settimana – invito che lo stesso Zarif ha declinato, ufficialmente a causa delle proteste in corso.

La leader dell’opposizione, Maryam Rajavi, ha invitato il popolo iraniano a sollevarsi in rivolta contro il regime dei mullah. Mercoledì scorso, in un messaggio alla nazione, la signora Rajavi ha affermato che è “dovere patriottico” di tutti gli iraniani sostenere le proteste in corso, i giovani ribelli e le Unità di Resistenza del principale gruppo di opposizione, Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell’Iran (OMPI), noto anche come Mujahedin-e-Khalq (MEK). Le Unità di Resistenza del MEK stanno organizzando proteste anti-regime in tutto il Paese nonostante un grave giro di vite da parte del regime.