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“Sleepy Joe” Biden risorge nel Super Tuesday, ma i Democratici sono ancora in difficoltà

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I mass media hanno già definito “resurrezione” la vittoria di Joe Biden nel Super Tuesday e, da molti punti di vista, si può dire che abbiano ragione. Entro certi limiti il risultato era infatti atteso, ma non in queste proporzioni. Bernie Sanders è riuscito ad accaparrarsi soltanto la California, Stato indubbiamente importante, ma non tale da assicurare al senatore che si autodefinisce “socialista” la nomination finale.

Clamoroso invece il flop del tycoon democratico (ma ex repubblicano) Michael Bloomberg. Nonostante l’incredibile quantità di risorse personali investite, Bloomberg non è riuscito ad aggiudicarsi un numero di delegati sufficiente a proseguire la corsa e ha già annunciato il suo ritiro e il suo appoggio a Biden. È evidente che gli elettori democratici concordano con l’opinione espressa da Donald Trump, secondo il quale l’ex sindaco di New York voleva semplicemente “comprarsi” la nomination.

Senza dubbio il Super Tuesday ha davvero cambiato lo scenario nel campo democratico. I ritiri di Peter Buttigieg e di Amy Klobuchar hanno eliminato parecchi equivoci, consentendo agli elettori democratici moderati di raggrupparsi sotto le bandiere di Biden. L’ex vice di Barack Obama, che molti commentatori avevano dato più o meno per spacciato dopo i primi caucus, è ritornato con prepotenza sulla scena, e ora può contare su un numero di delegati sufficiente per fargli proseguire la corsa.

Ciò non significa, tuttavia, che Bernie Sanders sia definitivamente sconfitto. Dopo tutto ha vinto in California e il numero di delegati impegnati per lui (501, finora) non è poi così distante da quelli di Biden (566). Sanders continuerà senz’altro a combattere. Ha un carattere molto determinato e, soprattutto, non vede alcuna possibilità di accordo con l’ex vice presidente, da lui considerato troppo moderato. Potrebbe, a questo punto, incassare l’appoggio di Elizabeth Warren se quest’ultima deciderà di ritirarsi. Ma la pasionaria democratica non ha conquistato un pacchetto di delegati abbastanza consistente da modificare l’equilibrio complessivo.

Dunque si può prevedere una lotta all’ultimo voto tra Biden e Sanders, con tutti gli svantaggi che questo può comportare per l’immagine del partito presso l’opinione pubblica. Biden intende proseguire la politica di Obama riprendendo alcuni temi – come l’Obamacare – che l’elezione di Donald Trump aveva affossato. Sanders, dal canto suo, è intenzionato a riproporre sino in fondo gli argomenti a lui cari. Sanità pubblica per tutti, intervento dello Stato in campo sociale, politica estera “neutralista” e meno ostile, per esempio, nei confronti della Cuba dei Castro.

Ovviamente la domanda che tutti si pongono è se, per Donald Trump, sia meglio avere Biden o Sanders quale avversario nella corsa alla Casa Bianca, visto che lo stesso Trump non ha avversari in campo repubblicano ed è quindi sicuro di ottenere la nomination del suo partito. In effetti il presidente ha più volte lasciato capire di preferire Bernie Sanders perché sicuro di batterlo viste le sue posizioni estremiste.

Joe Biden, da questo punto di vista, è un osso più duro. La sua moderazione potrebbe, in via ipotetica, fare breccia in settori dell’elettorato non chiaramente schierati per i repubblicani. Biden è inoltre popolare nell’elettorato afroamericano che è piuttosto consistente dal punto di vista numerico. Non ha invece sfondato con i latinos che, tranne gli anti-castristi forti soprattutto in Florida, gli hanno sinora preferito Sanders.

Il fallimento di Michael Bloomberg è davvero impressionante, anche se molti l’avevano previsto. Tuttavia il plurimiliardario può ancora giocare un ruolo importante dirottando i suoi enormi finanziamenti su Biden. Senza dubbio il Super Tuesday ha causato una notevole semplificazione del quadro complessivo. Resta solo da capire se, nonostante le previsioni contrarie, Sanders riuscirà a prevalere, oppure se il Biden “risorto” sarà in grado di compattare i Democratici sul suo nome. Donald Trump ora può permettersi di fare lo spettatore disinteressato e di elaborare due strategie elettorali diverse, in attesa di capire se dovrà incrociare i guantoni con il senatore socialista oppure con l’erede di Barack Obama.

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