Solo regole e limiti fanno dell’immigrazione una risorsa

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Ormai, solo la parola stessa “immigrazione”, incute timore e preoccupazione in ampi strati delle società occidentali. Vi è una sensazione di costante insicurezza che, non a caso, ha portato sinora a vincere le elezioni o quantomeno, ad aumentare di molto le percentuali di consenso, in Europa e negli USA attraverso la vittoria di Trump, tutte quelle forze politiche più risolute in merito alla necessità di porre un freno ai movimenti migratori di massa.

Nel Vecchio Continente, l’immigrazione extracomunitaria, da potenziale ed iniziale opportunità, è stata trasformata in un incubo dalle classi dirigenti dei principali Paesi europei, Italia ovviamente inclusa, che per troppo tempo hanno aperto le porte ad un numero insostenibile di persone, provenienti perlopiù dall’Africa, senza distinguere fra bisognosi d’aiuto, delinquenti comuni e terroristi infiltrati. Altresì, senza legare gli ingressi alle necessità e alle possibilità delle realtà economiche europee.

L’Italia ha subito gli sbarchi indiscriminati, fomentati da biechi interessi economici. La Germania si ritrova con molte famiglie straniere che vivono di aiuti sociali e non lavorano. Mentre la capitale del Regno Unito, non a caso ribattezzata da alcuni come Londonistan, deve sopportare il peso di certi quartieri, occupati quasi interamente da musulmani e divenuti con il tempo inaccessibili per gli inglesi. I problemi non mancano neppure oltreoceano. Gli Stati Uniti si basano senz’altro su leggi e culture meno lassiste di quelle europee. Se non si riesce a soddisfare criteri ed esigenze del mondo del lavoro americano, si ritorna a casa oppure nemmeno si entra negli States, turismo a parte, naturalmente. Tuttavia le pressioni migratorie, in particolare al confine meridionale con il Messico, sono molto forti e, nonostante il dispiegamento di mezzi e forze, sono frequenti i tentativi di oltrepassare la frontiera illegalmente.

È notizia di questi giorni, la cosiddetta carovana di migranti partita dall’Honduras ed intenzionata ad entrare negli USA dal Messico. Si tratta di migliaia di persone e il Presidente Trump non ha esitato sin da subito a manifestare la volontà di respingere la carovana honduregna che probabilmente si è allargata, raccogliendo altri in El Salvador e in Guatemala. Il Governo americano ha inviato almeno 800 militari in appoggio alle forze già presenti al confine. La reazione di Trump non è eccessiva come sostengono i democratici e nemmeno discriminatoria nei confronti dei popoli centroamericani. Si tratta semplicemente di realismo che punta a scoraggiare altre modalità simili in futuro e a proteggere l’America dalle insidie di una piccola massa difficile poi da controllare e al cui interno ci può essere di tutto, dall’innocuo bisognoso al criminale vero e proprio. È risaputo come il centro America sia purtroppo funestato dalle famigerate “pandillas”, ovvero bande organizzate di criminali, giovani e giovanissimi, molto violente e spietate. Gli appartenenti a queste gang non modificano affatto il loro stile di vita, nemmeno quando emigrano negli Stati Uniti o in Europa, (non sono immuni dal fenomeno neppure alcune grandi città italiane). Non significa che tutti i salvadoregni o gli honduregni siano dei banditi. Se l’America, nel corso degli anni, avesse avuto disprezzo verso i “latinos”, non avrebbe sistemato nei vari stati milioni di ispanici fino a creare competizione fra la lingua inglese e quella spagnola e non esisterebbe un politico come Marco Rubio. È però necessario e Trump meritoriamente lo fa, porre il problema di una criminalità feroce, spesso legata all’immigrazione illegale, mai combattuta sul serio dai vari governi locali del centro America, con grave danno alle economie e al turismo di quei Paesi. L’immigrazione, da qualunque parte provenga, quando è di massa, è da scoraggiare e respingere, pur nell’ovvio rispetto dei diritti umani e di chi scappa davvero da fronti di guerra, perché essa è soltanto foriera di guai. La massa è di per sè difficile da controllare e poi da collocare nel mondo del lavoro; assume fatalmente le sembianze di un’invasione aggressiva fino a generare il rifiuto da parte delle opinioni pubbliche dei Paesi ospitanti, a scapito soprattutto di quei singoli o famiglie perbene che desiderano soltanto migliorare la loro condizione all’estero; alimenta razzismo e guerre fra poveri. L’immigrazione diviene un valore aggiunto, in qualsiasi latitudine, se permette anzitutto di selezionare fra onesti e malintenzionati, se risponde positivamente alle esigenze occupazionali di chi ospita ed infine, se non pretende di imporre le proprie regole e tradizioni al nuovo Paese di residenza e chissà, magari anche di cittadinanza.

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