Un progetto controverso in Francia fin dai suoi esordi. Nato da una collaborazione franco-cinese, completato nel 2015 e operativo nel 2018, i cinesi proseguono senza il controllo dei francesi, nella discrezione e nel silenzio più assoluto
Pochi lo sanno ma Wuhan, con una popolazione di 11 milioni di abitanti, è la città più francese della Cina. Vi è un museo dell’urbanistica francese e una stazione TGV costruita da francesi il cui tetto ricorda un uccello migratorio. Anne-Isabelle Sigros, che era capocantiere dell’agenzia di architettura Arep che ha edificato la stazione, ricorda: “All’epoca c’erano paludi e campi. Noi abbiamo deciso che lì sarebbe sorta la stazione”. Siamo negli anni 2000 e la cooperazione franco-cinese a Wuhan prosegue anche in campo scientifico e precisamente nel settore medico, come racconta dettagliatamente Antoine Izambard, autore di “France-Chine, les liaisons dangereuses” (Editions Stock).
Nel 2003, la SARS colpì la Cina. Il Paese in ginocchio chiede aiuto. Il presidente dell’epoca Jiang Zemin, il cui mandato sta per scadere, è amico personale del dottor Chen Zhu, un medico di Shangai formato all’Hôpital Saint-Louis di Parigi, al servizio del professor Degos, parente di Jacques Chirac. Più tardi, nell’ottobre 2004, durante un viaggio a Pechino, Jacques Chirac firma un importante partenariato strategico con il suo omologo cinese per combattere le malattie infettive emergenti. Questa partnership sembra tanto più necessaria in quanto intanto un altro virus, quello dell’influenza aviaria, l’H5N1, colpisce la Cina.
Così, l’idea del Laboratorio P4 su modello del P4 di Lione prende pian piano forma in collaborazione stretta con la Francia. Un laboratorio di altissimo livello, con parametri di sicurezza biologica molto elevata per lo studio di virus patogeni sconosciuti per i quali non esiste ancora un vaccino. Ma il progetto è fortemente criticato, soprattutto in Francia, dove scienziati e gli esperti di guerra batteriologica sono fortemente contrari all’apertura di questo laboratorio. Siamo nell’era post-11 settembre e persino i servizi segreti francesi temono che un laboratorio del genere possa trasformarsi involontariamente in un arsenale biologico. Tra l’altro, i francesi si chiedono ancora che fine abbiano fatto i laboratori di biologia mobile P3 finanziati proprio dal governo Raffarin dopo l’epidemia di SARS e poi sfuggiti al controllo degli scienziati francesi che collaboravano al progetto.
Nonostante dunque queste reticenze, davanti ad un finanziamento molto importante, tutte le riserve francesi vengono sciolte. Nel 2004 Michel Barnier, ministro della salute di Jacques Chirac, decide dunque di avviare il progetto cinese per la creazione del Laboratorio P4. Resta da trovare un posto. Essendo Shanghai troppo popolata, il laboratorio viene installato alla periferia di Wuhan. Nel 2008 viene creato anche un comitato direttivo, guidato da un francese, Alain Mérieux, di Lione, e dal dottor Chen Zhu. Nel 2010 l’amministrazione Sarkozy annuncia all’OMS l’inizio dei lavori. Una quindicina di piccole e medie imprese francesi altamente specializzate partecipano al progetto per la costruzione del laboratorio, un laboratorio con una tecnologia di altissimo livello, paragonabile a quella dei sottomarini nucleari francesi per quanto riguarda la tenuta stagna di alcune sue parti, come racconta il giornalista Antoine Izambard. Ma le aziende cinesi saranno responsabili della maggior parte della costruzione e l’edificio non viene definitivamente “certificato”. Il 31 gennaio 2015 il cantiere è completato. Antoine Izambard, che ha visitato il luogo, lo descrive come austero ed inquietante: “Alla fine di una strada a sei corsie – scrive – c’è “un enorme edificio in mattoni rossi in costruzione (progettato per ospitare 250 ricercatori in residenza), un altro edificio di altissima sicurezza che potrebbe essere scambiato per una prigione (un bunker a quattro piani con quattro laboratori a tenuta stagna), e un ultimo edificio rettangolare bianco con la scritta Wuhan Institute of Virology.
Da questo momento in poi, racconta Izambard, i cinesi prendono pian piano il controllo del laboratorio. Nel 2015, Alain Mérieux lascia improvvisamente la copresidenza della Commissione congiunta che aveva supervisionato il progetto. Perché? Lo spiega lui stesso in un’intervista a Radio France: “P4 è uno strumento molto cinese. Appartiene a loro, anche se è stato sviluppato con l’assistenza tecnica della Francia. Ma questo non significa tagliare tutti i legami tra il P4 di Lione e il P4 di Wuhan”. Così dice, ma nei fatti i francesi scompaiono pian piano dalla scena, nonostante nel 2017 l’ex primo ministro Bernard Cazeneuve ed il ministro della salute Marisol Touraine annuncino la presenza di 50 ricercatori francesi a Wuhan. Ma chi li ha visti? I ricercatori francesi infatti a Wuhan non ci andranno mai. Il laboratorio diventa operativo nel gennaio 2018, proprio in occasione della prima visita di Stato di Emmanuel Macron a Pechino. L’entourage scientifico di Macron fin dall’inizio solleva immediatamente dubbi sulla sua affidabilità. Già membri dell’ambasciata americana avevano visitato i locali ed avevano avvertito Washington dell’inadeguatezza delle misure di sicurezza adottate in un luogo dove si stavano studiando i coronavirus dei pipistrelli, secondo quanto racconta il Washington Post (qui su Atlantico).
Ma non basta. Anche la tanto decantata collaborazione franco-cinese tra il P4 di Lione e quello di Wuhan non decollerà mai. Lo stesso Alain Mérieux lo confermerà ai giornalisti di Radio France che stanno facendo un’inchiesta su questo tema: “Possiamo dire, senza rivelare un segreto di Stato, che dal 2016 non c’è più stata alcuna riunione del comitato franco-cinese per le malattie infettive”. Dunque, i cinesi proseguono senza il controllo dei francesi, nella discrezione e nel silenzio più assoluto. “Hanno costruito un enorme edificio per ospitare 250 ricercatori – racconta Antoine Izambard – ma non arriva nessuno da fuori. All’interno del laboratorio dunque ci sono solo pochi ricercatori cinesi dell’Istituto di virologia di Wuhan che svolgono ufficialmente ricerche sugli animali in relazione a tre malattie: l’Ebola, la febbre emorragica della Crimea-Congo e il NIPAH (un virus trasportato da maiali e pipistrelli, ndr)”. Anche un progetto in collaborazione con un altro istituto di ricerca prestigioso, l’ANSES, naufraga nel 2019. Visibilmente i cinesi vogliono solo ottenere le conoscenze, il savoir-faire degli scienziati francesi ed una volta ottenuto ti accompagnano gentilmente alla porta.
Un altro progetto per la creazione di un grande centro di sorveglianza per prevenire lo sviluppo di nuovi virus, come il coronavirus, sembra vedere la luce: unisce gli Istituti Pasteur francesi, con filiali della Fondation Mérieux in Laos, Cambogia e Bangladesh. È il dottor Chen Zhu a guidare il progetto e ne parla con il suo amico Alain Mérieux, il quale ne parla con Philippe Etienne, che è consigliere diplomatico del presidente Macron. Ma anche questo progetto naufraga visto che non sarà neppure menzionato durante il viaggio ufficiale di Emmanuel Macron in Cina nel novembre 2019.
Siamo dunque arrivati al novembre del 2019, periodo della diffusione del Covid-19 proprio da Wuhan. Che fa intanto il Laboratorio P4? Secondo quanto ricostruiscono i giornalisti di Radio France non resta inattivo. Secondo almeno due fonti attendibili, non confermate dalle autorità cinesi, alla fine di dicembre 2019 il professor Shi Zhengli avrebbe identificato il nuovo coronavirus da campioni prelevati da cinque pazienti negli ospedali municipali di Wuhan. Il 3 gennaio il P4 inizia il sequenziamento completo del suo genoma in un altro laboratorio, il P3 presso la Shanghai Central Public Health Clinic, che lo condividerà poi con altri Paesi. Allo stesso tempo, il P4 di Wuhan lavora su una scimmia d’India infetta per ottenere un vaccino. Poi la chiusura, il 23 gennaio, quando viene decretato il confino a Wuhan. Ma secondo diverse fonti francesi e cinesi contattate dai giornalisti di Radio France, il P4 continua a lavorare a pieno regime ed a metà marzo svolge persino una sperimentazione di vaccini in collaborazione con una società biotecnologica cinese. Secondo Radio France il virus di Covid-19 viene inoculato nelle scimmie prima di essere inattivato e poi iniettato nel personale volontario dell’istituto da cui dipende il laboratorio. Secondo Frédéric Tangy dell’Istituto Pasteur, tuttavia, per questo tipo di vaccino con virus inattivato, “c’è un rischio di esacerbazione della malattia. È la cosa peggiore che si possa fare, un disastro”. Oggi il P4, su cui pendono enormi e gravi sospetti di aver anche involontariamente causato la pandemia di Covid-19 è in piena corsa globale per creare un vaccino. Sarebbe il colmo (o forse no…) se lo trovasse prima di altri. E dei cinesi non c’è da fidarsi.