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Starlette opportuniste, Sardine e “generazioni TikTok”, solita superbia di sinistra che ovatta una ignoranza crassa

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La “generazione TikTok” si vanta di aver fatto fallire il comizio di Trump a Tulsa: a migliaia avrebbero prenotato i posti on line in modo da lasciarli vuoti. Vera o millantata che sia la storia, colpisce l’arroganza ignorante: “Il mio cane aveva un altro impegno”. Le facce sono quelle, inconfondibili, appartengano alle Sardine o al TikTok, al K Pop, che starebbe per musichetta coreana. Se chiedi a questi illuminati per quale ragione odiano Trump, non sanno dire. Ovvero ripetono gli slogan di familiari e insegnanti: è rozzo, è capitalista, è guerrafondaio, è razzista. Ma se gli opponi il pacifismo di guerra del clan obamian-clintoniano, se gli proponi di illustrarti una società alternativa al capitalismo che funzioni nella realtà, cambiano discorso, frignano o ti danno dell’ignorante. Loro a te. Anche sugli eccessi folli, contro-razzisti del Black Lives Matter scantonano: non trovano niente di allarmante nella degenerazione, velocissima, dalle statue agli umani. Il popolo delle manifestazioni “black” non sta offrendo una grande prova, una grande immagine di sé. In modo non dissimile a qualsiasi altra comunità, conveniamone, ma tant’è: l’assalto ai forni, ai polli, le violenze gratuite, il fanatismo con cui distruggere monumenti e tracce di storia patria e in senso più lato occidentale dimostrano un disegno forse caotico ma perverso, lasciano sospettare burattinai esperti, strategie maligne. Gente giovane, che davvero avesse a cuore la libertà e la circolazione delle idee, dovrebbe essere la prima a ribellarsi, a pelle, a istinto. Invece fanno finta di niente.

Viaggiano con la massa bestiona: pieno di cantanti, di attori opportunisti che odiano Trump si direbbe per procura. Il livello analitico è sconcertante, terrificante per mediocrità: non rileva la crescita perenne dell’economia sotto The Donald, non il ruolo, cruciale, di argine ad attacchi concentrici verso l’America e l’Occidente stesso, non la funzione, decisiva, non trattabile, di blocco alla tenaglia russo-cinese che vorrebbe distruggere gli Stati Uniti, dunque il tenore di vita, fortunato, unico, di questi mocciosi che tutto pretendono e niente sospettano. Per loro, come per guitti e menestrelli da Deep State, per lo più obnubilati da decenni di stravizi e di doppiezze, conta solo la furia scatenata, è una corsa a chi odia di più. Nel nome dell’amore, va da sé. Ma che dovrebbe fare un presidente americano se non prendersi cura del suo popolo? E come mai le star di Hollywood e le generazioni TikTok o K Pop risultano così avulse, così estranee al corpo sociale che in maggioranza capisce, coglie il ruolo e l’efficacia di Trump? Ma non se lo chiedono. La solita superbia di sinistra che ovatta una ignoranza crassa, imbarazzante.

Da noi si emula, si assorbe, e il tutto scade a livelli grotteschi, da commedia cinica. Un gruppo di misconosciuti Sentinelli “ordina“ l’attentato alla statua di Montanelli e subito un manipolo di mocciosi incappucciati esegue. Ma chi sono questi Sentinelli che nessuno ha mai sentito? Fin che si svela l’arcano: sono le frange oltranziste del genderismo, quelli che ai “pride” sfilano con esemplari cartelli “porti aperti come i nostri culi”. Tutto un programma! Gli stessi apostoli delle leggi liberticide in tema di opinione, del vittimismo strategico, dello smart utero che poi sarebbe il postal market dei bambini su ordinazione da parte dei ricchi, dei possidenti. Ma questo non è razzismo. Fino al parossismo dell’ur-razzismo: chiamano un aspirante cantante di origini creole e afroamericane che massacra l’inno nazionale: 20 mila euro per due minuti penosi ma chi lo critica si prende manco a dirlo del fascista, dello xenofobo. E sanno benissimo che la critica principessa, “perché non hanno chiamato un italiano a chiamare l’inno italiano?” discende non dalla matrice etnica ma dalla inettitudine artistica; avesse cantato, da par suo, un Ray Charles, uno Stevie Wonder, un Marvin Gaye, non saremmo qui a lamentarci.

Ma le code di paglia del conformismo da Stati Generali non mollano. Sentite questa Elodie, apprendista cantante uscita dagli stessi talent di Sylvestre: “Sergio è bravissimo, chi lo critica è gente di merda e Salvini è un piccolo uomo”. Cosa c’entri Salvini è difficile dire; ma è forse più facile arguire in quale modo sarebbe stato Trump a provocare la morte di George Floyd? In nome della demenza vale tutto, compreso giocare sporco. Qui però siamo oltre lo sporco, siamo all’indecente. Si può capire che questa Elodie abbia un concetto molto relativo del talento, che si rispecchi nei parigrado; non si può pretendere che l’inettitudine debba sempre farla franca anzi ci guadagni con la scusa dell’odio, del razzismo, della stupidità. Possibile che gli istrioni per autodefinizione ribelli e gli adolescenti per genetica inquieti debbano sempre schierarsi dalla parte del potere, del conformismo, dell’opportunismo più idiota?