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Svolta “tassa e spendi” a Londra: il Budget di Sunak allontana i Tories dalla loro identità

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Il governo di Sua Maestà ha annunciato alla Camera dei Comuni la nuova manovra finanziaria, il cosiddetto Budget. Questa ricorrenza ci permette di esprimere ancora una volta un certo disappunto per la svolta che sta prendendo la politica economica d’oltremanica.

Davanti ad un’aula al completo, tranne che per il leader Laburista positivo al Covid, Rishi Sunak ha illustrato l’indirizzo economico che ormai certamente ridisegnerà i confini ideologici del Partito Conservatore britannico. Il Cancelliere dello Scacchiere vuole dar vita ad un nuovo corso per l’economia, e in effetti durante l’intervento ne ha dato prova affermando orgogliosamente che “the Conservatives are the real party for the public services”.

Se in passato avessimo assistito ad una discussione sul Budget, magari al tempo di Lord Nigel Lawson, avremmo certamente riscontrato quell’orizzonte da cui i Tories di oggi sembrano essersi volutamente allontanati. A parte le giuste misure indicate per far fronte all’impennata del costo della vita, in soccorso alle fasce meno abbienti e alle piccole imprese, ciò che emerge poderosamente è l’aumento della spesa pubblica in tutti i comparti governativi e una malcelata ma evidente crescita della pressione fiscale per sostenerla.

Senza entrare nei tecnicismi economici, vi sono due elementi abbastanza insoliti per quello che un tempo era il partito di Margaret Thatcher: importanti aumenti negli stipendi dei dipendenti pubblici e un incremento del salario minimo pari al 6.6 per cento. Si tratta della nuova “Levelling up agenda” di Boris Johnson, sbilanciata verso posizioni tax and spend che apparterrebbero più propriamente al Partito Laburista.

Da tempi non sospetti proprio su Atlantico Quotidiano abbiamo chiarito quali siano le nuove esigenze elettorali dei Conservatori e quanto la strada da loro scelta, pur offrendo grandi vantaggi strategici rispetto all’opposizione, non prometta bene in termini di libertà economica e vada a minare la loro identità.

Il Cancelliere Sunak, che a parole si era sempre ritenuto un fiscal conservative, si è nei fatti dimostrato un keynesiano che non ritiene opportuno ridurre l’attuale perimetro pubblico nell’economia, quasi a voler emulare Gordon Brown, piuttosto che i colleghi conservatori come il thatcheriano Lawson.

Lo stesso si può dire di Johnson e dei tentativi di giustificare la sua linea, in particolare quando ha affermato che persino i suoi predecessori più illustri avrebbero fatto lo stesso. Chi conosce abbastanza i tempi che furono sa che il primo ministro si sbaglia. Per dirla con le parole di Lord Young sul Telegraph: “With all due respect Prime Minister, Margaret Thatcher would be cutting taxes not raising them”.

Nelle ultime ore sono arrivate anche le sonore bocciature dei principali think tank liberisti, come l’Institute for Economic Affairs e l’Adam Smith Institute, che ha così riassunto la manovra: “Where they see a problem, they reach for your wallet”. La Bbc riporta che, nonostante i numeri rassicuranti sull’attuale ripresa economica, in Gran Bretagna la tassazione ha raggiunto picchi che non si vedevano dai tempi del governo laburista di Clement Attlee e la spesa pubblica è arrivata a livelli che non si registravano dagli anni Settanta.

Un altro curioso risvolto che questo Budget ha svelato è più un aspetto di forma che di sostanza, e ci conduce nei meandri delle convenzioni su cui ancora si regge il Regno Unito. Qui le istituzioni, tutto sommato, non hanno perso il loro secolare attaccamento al protocollo e alla tradizione.

Infatti, le autorità della House of Commons, dallo Speaker Sir Lindsay Hoyle alla Deputy Speaker Dame Eleanor Laing, non hanno apprezzato l’insolito pre-briefing che il governo ha concesso ai media sulle principali misure economiche che intende attuare. Tutto questo è in effetti accaduto prima che il Budget venisse annunciato al Parlamento, contravvenendo alla norma non scritta per cui si evita di comunicare preventivamente con la stampa. Westminster confida dunque che una circostanza di questo tipo non si ripeta più in futuro e che Downing Street rispetti le formalità che da sempre contraddistinguono i rapporti col Parlamento.