Sono ormai mesi che il regime iraniano usa come slogan per attaccare gli Stati Uniti per le nuove sanzioni che Washington ha varato contro la Repubblica Islamica, l’accusa di aver provocato la mancanza di cibo e medicinali in Iran. Accuse arrivate per voce del ministro degli esteri Zarif e, appena qualche giorno fa, del presidente iraniano Rouhani, che così ha reagito davanti alle sanzioni Usa contro 18 banche iraniane, accusate di favorire le attività illecite del regime.
Peccato che, come ha dimostrato Alireza Nader, ricercatore del think tank Foundation of Defense Democracies, le cose non stiano affatto in questi termini. Le sanzioni americane, infatti, non intaccano in alcun modo la possibilità per le imprese occidentali di fare affari con la Repubblica Islamica in settori quali alimentari e medicinali. D’altronde, ad ammetterlo, fu lo stesso ministro della salute iraniano Saeed Namaki quando, il 31 marzo scorso, disse chiaramente che – nonostante le sanzioni – non c’era in Iran una carenza di medicinali necessari nella lotta al Covid-19.
Ancora prima, nel dicembre 2019, sempre Nader aveva affermato la stessa cosa – ovvero che non mancavano medicinali nel Paese – questa volta riportato direttamente da Tasnim News, agenzia di stampa iraniana vicina ai Pasdaran. In quella occasione, come si legge alla fine dell’articolo di Tasnim News, il ministro della salute iraniano si vantò anche che il budget per i servizi sanitari era stato aumentato del 99 per cento rispetto all’anno precedente. Addirittura, il ministro arrivò a sostenere che l’Iran era così capace di produrre medicinali da solo che ne aveva esportati in Europa, Africa e Asia Centrale.
A sconfessare le affermazioni di Zarif e Rouhani ci sono anche i dati nudi e crudi: nel 2019, l’import di medicinali da parte dell’Iran è rimasto robusto. D’altronde, parlando all’agenzia Irna, il direttore della Camera di Commercio Iran-Svizzera, Sharif Nezam Mafi, ha affermato che meccanismi come lo “Swiss Humanitarian Trade Arrangement”, permettono tranquillamente di esportare medicinali in Iran senza alcun rischio di incorrere nelle sanzioni americane.
E allora, perché in Iran mancano le medicine? Nuovamente, per avere una risposta, bisogna tornare alle affermazioni del ministro della salute Namaki. Parlando davanti ai deputati iraniani in un incontro a porte chiuse, riportato dalla Deutsche Welle in farsi, Namaki ha denunciato che a distruggere il sistema di approvvigionamento farmaceutico iraniano non erano le sanzioni americane, ma la corruzione interna al sistema e il circolo mafioso che “accumula medicinali nei magazini e distribuisce sul mercato quelli contraffatti”.
In una lettera inviata a Rouhani, il ministro Namaki aveva anche denunciato l’esistenza di un “network sofisticato” dentro il governo, responsabile di aver fatto sparire milioni di mascherine, costringendo il Ministero della Salute a rivolgersi al mercato nero.
D’altronde, come noto, il regime iraniano si situa al 146° posto su 180 Paesi, nella classifica del Transparency International’s Corruption Perception Index. Lo stesso FATF – Financial Action Task Force – giudica l’Iran un Paese ad alto rischio di corruzione, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo internazionale.
In passato, durante l’era del negazionista Ahmadinejad, l’allora ministro della salute Vahid Dastjerdi fu licenziato dopo aver denunciato alla tv di Stato che “lussuose macchine sono state importante con le sovvenzioni in dollari, ma non si sa che fine abbiano fatto i dollari che erano stati messi da parte per importare le medicine”.
Nel luglio del 2019, il capo di gabinetto di Rouhani Mahmoud Vaezi ha ammesso che oltre 1 milardo di dollari che il regime aveva deciso di usare come budget per importare beni essenziali, tra cui i farmaci, erano “spariti”.
Nel settembre del 2019, quindi, il regime ha arrestato Shabnam Nematzadeh, figlia di un ex ministro dell’industria di Rouhani, proprietaria di una delle compagnie farmaceutiche iraniane, per aver accumulato medicinali scaduti e averli rivenduti a prezzi superiori rispetto a quelli di mercato. Grazie al suo network parallelo, la Nematzadeh – e il suo socio – avevano accumulato oltre 42 milioni di dollari illegalmente.
Quella del regime iraniano, in conclusione, è solo propaganda, allo scopo di ottenere sostegno internazionale incondizionato. L’Europa, neanche a dirlo, c’è caduta in pieno, mettendo subito in piedi strumenti finanziari per aiutare il regime a fare affari con le piccole e medie imprese europee. Peccato che, come già denunciato su Atlantico Quodiano, queste imprese europee si troveranno davanti un sistema corrotto e rischieranno involontariamente di fare affari con i Pasdaran, finendo poi sotto sanzioni secondarie americane. Non proprio un grande affare…