A leggere le prime pagine dei giornali italiani il giorno dopo l’uccisione di Qassem Soleimani, la sentenza quasi unanime che ne esce è praticamente uno sola: “Trump è un pazzo che ha portato il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale”. Conclusione che fa alquanto sorridere, perché per quanto Trump sia un presidente sui generis, si dimentica che a morire è stato un terrorista, responsabile della morte non solo di centinaia di americani, ma anche di centinaia di occidentali e musulmani, fatti saltare in aria finanziando il peggior terrorismo internazionale (compresi gruppi di estrema destra, gruppi paramilitari latinoamericani dediti al narcotraffico e la stessa al Qaeda).
Detto questo, in attesa di capire quale sarà la vendetta iraniana, la sola conclusione che possiamo trarne è che buona parte dell’Occidente si è bevuta la efficace propaganda iraniana, che è riuscita a dipingere in questi anni Qassem Soleimani come un Che Guevara del XXI secolo, dedito unicamente alla lotta all’Isis e alla liberazione dei popoli oppressi… Una propaganda bevuta non soltanto grazie all’ottimo lavoro dei PR iraniani, ma anche con la complicità di tanti media occidentali, che hanno chiuso gli occhi davanti alla realtà del regime iraniano e alla sua natura terrorista e fondamentalista.
Una propaganda che ha potuto far breccia anche grazie alla folle strategia della precedente amministrazione Usa, quella di Barack Obama. Come noto, Obama puntava a ritirarsi dal Medio Oriente lasciando dietro di sé una specie di “equilibrio del terrore”, nel quale era riservata una parte centrale non solo alla Fratellanza Musulmana, ma soprattutto all’Iran. Per questo, davanti ad un Iran al collasso economico, nel 2011 Obama decise di ritirarsi dall’Iraq – nonostante il “surge” del generale Petraeus stava funzionando ottimamente, recuperando il sostegno degli stessi sunniti – di legittimare il programma nucleare di Teheran e di abbandonare al loro destino gli alleati tradizionali degli Stati Uniti nella regione. Avuta la benedizione americana, l’intero Occidente si adattò, trattando l’Iran come se fosse un El Dorado, coprendo le statue romane per non offendere la sensibilità dei clerici khomeinisti, salvo poi rendersi conto che fare affari con Teheran significava mettersi in casa i Pasdaran…
La stessa morte di Qassem Soleimani ci dice molto di quella che era la percezione dello stesso generale: ucciso davanti all’aeroporto di Baghdad, con un convoglio di scorta praticamente al limite del ridicolo. Segno evidente che – a dispetto delle sanzioni Onu – in Iraq (e non solo) Soleimani si sentiva a casa, pensava di poter entrare ed uscire come voleva, passando per gli aeroporti internazionali, dove persino un pivello dell’intelligence avrebbe potuto individuarlo. Pensava di essere ormai intoccabile. Quella stessa intoccabilità che gli permise di farla franca a Damasco quando venne ucciso Mughniyeh e di alzare il telefono per parlare con Petraeus, dicendogli di essere lui a comandare in Iraq…
Trump ha sovvertito tutto questo, mettendo fine ad uno status quo che durava da decenni. Potrebbe esserci un prezzo da pagare per questo? Ovvio. L’Iran potrebbe infliggere sofferenza ai suoi nemici occidentali? Ovvio, ma sono anche quaranta anni che lo fa, promuovendo terrorismo in ogni dove e passandola sostanzialmente quasi da impunito. Il punto centrale di tutta questa storia però è che ormai l’equazione è cambiata e oltre ai rischi di una “vendetta” iraniana, c’è anche un presidente americano che ha fatto dopo anni qualcosa che nessuno avrebbe mai immaginato, arrivando dove nessuno avrebbe pensato sarebbe potuto arrivare. Dunque, il problema del “giorno dopo” non si pone solamente per la Casa Bianca, ma anche e soprattutto per Teheran.
Colpendo un drone americano in acque internazionali, lanciando un missile contro una raffineria saudita dal suo territorio e attaccando l’ambasciata Usa a Baghdad, l’Iran ha superato la “linea rossa” e Soleimani – il mastermind di questa strategia offensiva – è stato fatto saltare in aria. Se tanto ci dà tanto, qualcuno a Teheran dovrà iniziare a pensare anche cosa potrebbe comportare per l’Iran affrontare le conseguenze di una vendetta che vada oltre le “linee rosse” delineate da Donald Trump. Perché da questo momento in poi, nessuno è più intoccabile…