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Terrore islamico a Nizza: siamo “casa della guerra” e da Ankara a Teheran ce lo ricordano

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L’uomo che la mattina del 29 ottobre ha ucciso tre persone nella cattedrale di Notre Dame di Nizza e quello che nelle stesse ore, armato di un coltello, ha tentato di uccidere dei poliziotti ad Avignone sono dei jihadisti. Entrambi gridavano “Allah Akbar” durante l’aggressione. L’attentatore di Nizza ha ucciso le sue vittime sgozzandole come prescrive il Corano.

Un jihadista crede che per meritare il paradiso non basti cercare di seguire meglio che si può le prescrizioni della fede islamica. Deve anche imporre ai confratelli di seguirle devotamente e castigare chi non lo fa. Il 27 ottobre in Pakistan, a Peshawar, un attentato dinamitardo jihadista contro una madrassa, una scuola coranica, ha ucciso otto persone e ne ha ferite più di 80. L’esplosione si è verificata mentre gli studenti affollavano la grande sala di preghiera della scuola. I morti avevano da 20 a 40 anni; tra i feriti molti bambini.    

Il buon musulmano inoltre deve dedicarsi a conquistare l’umanità intera all’Islam, se necessario con la forza, combattendo. Seguendo il Corano, chiama “Dar al-Islam”, casa dell’Islam, i territori sottoposti all’Islam e “Dar al-harb”, casa della guerra, quelli abitati dagli infedeli.

La maggior parte dei musulmani, tuttavia, non sono jihadisti. Vivono volentieri e serenamente nella “casa della guerra” e ammettono che gli “infedeli” pratichino le loro religioni nella “casa dell’Islam”. Ma negli ultimi vent’anni la propaganda anti-occidentale si è fatta serrata: tutta volta a dimostrare che quella occidentale è una civiltà arrogante, avida e spietata, fondata sulla rapina e lo sfruttamento del resto del mondo. Gli occidentali e loro soltanto sono razzisti, sprezzanti, imbevuti di pregiudizi.

La Turchia ha subito condannato l’attentato di Nizza e ha espresso solidarietà al popolo francese. Ma il 26 ottobre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha insultato il presidente francese Emmanuel Macron mettendone in dubbio la salute mentale e ha lanciato un appello a boicottare i prodotti francesi, appello che è stato accolto da Qatar e Kuwait. Erdogan è arrivato a dire che “contro i musulmani d’Europa è in corso una campagna di linciaggio simile a quella condotta contro gli ebrei europei prima della Seconda Guerra Mondiale”. All’origine di questo attacco all’Europa c’è l’omicidio di Samuel Paty, il docente di storia decapitato in Francia il 16 ottobre da un musulmano come punizione per aver mostrato le vignette satiriche su Maometto della rivista Charlie Hebdo durante una lezione sulla libertà di espressione. Con poche eccezioni, tutto il mondo islamico, non solo la Turchia, ha reagito con protervia all’attentato: incolpando la vittima, chi ha deplorato la sua uccisione e chi sta cercando di prevenire nuovi attentati individuando le moschee e i centri islamici che predicano odio e jihad.

Il 26 ottobre, ad esempio, in Bangladesh migliaia di persone hanno partecipato a una manifestazione di protesta mostrando manifesti con la fotografia del presidente francese e la scritta: “Macron è il nemico della pace”. Il parlamento pakistano nello stesso giorno ha votato una risoluzione che chiede di richiamare l’ambasciatore pakistano a Parigi. In Somalia il 28 ottobre la capitale Mogadiscio e molte altre città sono state bloccate da manifestazioni di protesta contro chi “difende le vignette sul Profeta Maometto”. I dimostranti che hanno risposto all’appello “ai fedeli di manifestare la loro rabbia contro la Francia” hanno cantato slogan ostili e bruciato fotografie del presidente Macron.

Emblematica è stata la posizione dell’università islamica egiziana di Al Azhar, il principale centro di formazione del mondo islamico sunnita. Il 20 ottobre il grande imam Ahmed al-Tayeb ha condannato l’“odioso atto criminale”, ha detto che il “terrorista che lo ha compiuto non rappresenta la religione di Maometto”, ma ha dichiarato che insultare le religioni in nome della libertà di espressione rappresenta un “appello all’odio” e ha accusato di razzismo il presidente Macron per aver condannato il “separatismo islamista”. Non diversa è stata la reazione della massima autorità dell’islam sciita. Il leader supremo iraniano Ali Khamenei ha accusato Macron di aver insultato l’islam e il profeta Maometto. “Domandatevi perché il vostro presidente ha insultato il messaggero di Dio in nome della libertà di religione – ha detto rivolgendosi ai giovani francesi – il suo stupido atto è un insulto alla ragione delle persone che lo hanno eletto”. Atti deplorevoli, gli attentati, ma giustificati.

È difficile dire chi ha iniziato, e quando, ad accusare l’Occidente di meritare la guerra. Forse i primi a commentare in questi termini il terrorismo islamico sono stati non dei musulmani, bensì dei cristiani. L’11 settembre 2001, invece di pregare per le vittime degli attentati di al Qaeda, i maggiori portavoce del mondo missionario italiano si sono scagliati contro “il terrorismo economico che affama il sud del mondo”, contro il nostro mondo “assurdo che deve crollare”, contro la “violenza strutturale dei morti per la fame e le malattie, per il debito, per l’economia fatta a uso e consumo dei ricchi”, l’ostinazione occidentale a voler “salvaguardare non la civiltà, ma un benessere fasullo che si regge sullo sfruttamento e sull’esclusione”, la “prepotenza del mondo occidentale che impone la propria cultura umiliando sistematicamente le altre”. Prima o poi, dissero, la “colossale mina vagante doveva pur scoppiare”.

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