Pubblichiamo un intervento di Giulio Centemero, deputato, capogruppo in Commissione Finanze e tesoriere della Lega
Egregio direttore, come ho ricordato la scorsa settimana al Wednesday meeting di Americans for Tax Reforms, think tank guidato dal leggendario Grover Norquist – che trova il proprio equivalente italiano nell’Istituto Mercatus – e in un mio breve intervento su Economy, affinché i mercati finanziari siano efficienti, e procurino liquidità alle imprese, vanno eliminati gli ostacoli, primi fra tutti quelli relativi agli investimenti. Senza troppi approfondimenti appare quindi subito evidente come nel panorama italiano, la prima misura asimmetrica da sopprimere sia la distorsiva Tobin Tax, imposta di derivazione comunitaria che viene applicata solo in Italia e parzialmente in Francia.
Non vorrei sembrasse un’idea preconcetta, un accanimento immotivato, una mia idiosincrasia personale che vado sostenendo quanto più possibile nella mia attività parlamentare e non, perché è invece una deduzione lapalissiana, sotto gli occhi di chiunque abbia voglia di osservare i dati del MEF e uno studio di Ambromobiliare. Entrambi infatti dimostrano che questa tassa non solo penalizza il settore finanziario italiano ma di fatto non porta nulla di significativo all’erario, al contrario di quanto si prevedeva alla vigilia della sua introduzione. Che la Tobin Tax in versione italica sarebbe andata a detrimento del mercato se ne accorse, tra gli altri, Nicola Porro già il 15 dicembre 2013, titolando laconico sul blog de ilgiornale.it: “Come previsto: arriva il buco della Tobin”, quasi a descriverla come un’operazione della “banda del buco”.
Un’ulteriore interessante lettura che ne conferma il flop è negli atti del convegno “Più equità e risorse per la crescita”, tenutosi il 3 marzo 2014 presso la Camera dei Deputati, a cura dell’allora presidente della Commissione Bilancio, Francesco Boccia. Riporto brevemente alcune riflessioni provocatorie dell’intervento di Alessandro Valeri, presidente di Intermonte SIM S.p.a. che in quell’occasione rivolgendosi ai politici affermò:
“Qual è il senso e la logica di politica economica con il governo Renzi di avere una tassa che abbiamo solo noi e i francesi in tutta Europa (e in Francia riescono di fatto a eluderla)? Secondo, perché la tassa si applica solo al 2 per cento di tutte le transazioni finanziarie italiane e non a tutte le transazioni? La tassa si applica solo alle transazioni azionarie ma non a tutte, solo a circa un terzo. Pagano di fatto solo gli investitori istituzionali di lungo periodo.”
Insomma, anche Valeri rilevava già nel 2013 che si trattava di un’imposta a detrimento del solo mercato italiano (alla faccia dell’armonizzazione comunitaria), che in più colpiva e colpisce anche una specifica categoria di operatori, e in maniera del tutto folle, aggiungo io, proprio chi investe a lungo termine e non attua dunque operazioni speculative.
Un’altra considerazione importante nella relazione di Valeri fu che la Tobin Tax ha di fatto contribuito a “delocalizzare” Borsa Italiana in geografie dove tali balzelli non esistono, considerazione che condivido e sottoscrivo. Altra evidenza, non da meno, che emerge da questa lettura è lo scetticismo su questo balzello già marcato anche tra alcuni rappresentanti del centrosinistra.
Insomma, se l’obiettivo iniziale del governo Monti era quello di portare nuovo gettito per un miliardo di euro, possiamo affermare con la massima tranquillità e sicurezza, tirando le somme, che l’obiettivo non è stato raggiunto. I dati del 2017, 2018, 2019 e 2020 ci mostrano un trend di introito erariale in decrescita: da 432 milioni a 196 milioni. Per non parlare dei volumi azionari scambiati alla Borsa di Milano, che dal milione e ottanta scendono costantemente a 346 mila nel 2020.
Inutile ripetere in queste pagine che a mio avviso la Tobin Tax italiana è un’imposta, come tante altre, che va eliminata tout court perché dannosa e inutile. È infatti arrivato il tempo in cui dal pensiero si passi all’azione ed è questo lo spirito con cui ho presentato un emendamento nella legge delega fiscale: spero di trovare un appoggio bipartisan. Comunque lo scopriremo presto: dopo la partita per il Colle, la Commissione Finanze alla Camera passerà all’esame degli emendamenti. Stay Tuned!