Grecia: è finita l’avventura di Alexis Tsipras. Il leader di Syriza, diventato premier nel 2015, durante la grande crisi economica, ha perso le elezioni di domenica 7 luglio. Tutto come previsto. Con una percentuale dei consensi intorno al 40 per cento, ha vinto Kyriakos Mitsotakis, alla guida dei conservatori di Nuova Democrazia (PPE) e figlio di una delle più importanti dinastie politiche greche.
Il partito di Tsipras ha invece ottenuto circa il 31 per cento, mentre la terza piazza è appannaggio del nuovo contenitore socialdemocratico KINEL, di cui fa parte anche il vecchio e decaduto PASOK. Tra le forze più piccole spicca il partito comunista ellenico, poi troviamo gli esponenti ellenici dell’ECR (il partito europeo dei conservatori e riformisti) di Soluzione Greca ed il nuovo soggetto politico di Yanis Varoufakis, ultimo ad aver passato la soglia di sbarramento. Non avrà rappresentanza parlamentare Alba Dorata. Da segnalare una partecipazione al voto rilevante, circa 65 per cento.
L’unico governo il cui azionista di maggioranza era un membro del Partito della Sinistra Europea è giunto così al termine. Va ricordato che non si trattava di un monocolore, ma che parte attiva erano i Greci Indipendenti, nazionalisti di destra ormai spariti dal panorama politico ellenico. I greci hanno abbandonato Tsipras per diversi motivi: l’aver tradito alcune promesse, come ad esempio un atteggiamento troppo morbido con l’Ue (basti pensare ai risultati disattesi del referendum 2015); l’introduzione di nuove tasse ed ultimo ma non meno importante, l’accordo sul nome con la Macedonia. Nel gennaio 2019 infatti l’ex repubblica jugoslava ha cambiato denominazione in Repubblica della Macedonia del Nord grazie ad un accordo tra i governi macedone ed ellenico. Un fatto che ha avvicinato Skopje a Ue e Nato, ma che ha scatenato forti proteste in Grecia (con manifestazioni di piazza e violenti scontri) ed ha trovato una netta opposizione nella destra ellenica, Nuova Democrazia in testa.
La vittoria di Nuova Democrazia è sicuramente frutto del carisma del suo leader Kyriakos Mitsotakis, 51 anni, figlio di Konstantinos, primo ministro tra il ’90 e il ’93. Ha una sorella che è stata la prima donna sindaco di Atene e un nipote che è l’attuale primo cittadino della capitale. Mitsotakis ha convinto i greci con importanti proposte sul campo economico: abbassamento della pressione fiscale, riduzione della spesa pubblica, maggiore cooperazione tra settore privato e stato ed incentivi in grado di attrarre investitori stranieri e incoraggiare imprenditori locali. Per farlo, Mitsotakis dovrà rinegoziare gli impegni che il governo uscente ha preso con la Troika. Promette anche il rispetto del classico mantra conservatore “law and order”, legge e ordine. Nuova Democrazia avrà la maggioranza assoluta nel Parlamento ellenico, con 158 seggi su 300, e grazie alla netta vittoria ottenuta darà alla Grecia un governo monocolore dopo 8 anni dall’ultimo.
L’agenda di governo avrà questi punti principali: rispetto di patria e valori, sostegno alla persona attraverso una maggiore libertà economica ed annesso taglio delle tasse, ed una probabile ed intensa cooperazione con gli Stati Uniti in diversi settori strategici, dall’industria cantieristica alla collaborazione in campo militare.
Quindi anche la Grecia, dopo aver consegnato all’Europa il primo idolo (e astro cadente) della contemporanea sinistra progressista e radical chic, svolta a destra come sta capitando ultimamente in diverse parti del globo. Lo fa grazie ad un leader carismatico che ha messo al centro del suo programma i bisogni reali di una classe media vessata che vuole liberare le sue energie soffocate da tasse e burocrazia. La sfida che attende Kyriakos Mitsotakis è dura, ma una coalizione di sinistra è stata sconfitta e un partito che in campagna elettorale ha issato le bandiere di patria e libertà ha vinto. E questa è già una buona notizia.
“Domani inizierà per la Grecia un futuro migliore”, ha detto Mitsotakis domenica mentre votava, speriamo sia proprio così.