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Turchia e Iran vanno d’accordo quando si tratta di reprimere la libertà di stampa

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Ancora una volta Turchia e Iran dimostrano di essere sulla stessa linea, non solo quando si tratta di promozione dell’islamismo – nonostante la divisione tra sunniti e sciiti – ma anche per quanto riguarda la violazione dei diritti umani e in particolare la repressione della libertà di stampa.

Chi rischia a breve di fare le spese di questo allineamento è Mohammad Mosaed, giornalista iraniano, che nel 2020 è stato premiato dall’organizzazione americana Committe to Protect Journalist (CPJ) per la sua attività in nome della libertà di stampa.

Mosaed è stato arrestato per la prima volta in Iran nel novembre del 2019, per alcuni messaggi da lui postati sui Social, mentre erano in corso le proteste popolari contro l’innalzamento del prezzo della benzina. Nell’agosto del 2020, è stato condannato a quattro anni e nove mesi di carcere, con l’accusa di “minaccia della sicurezza nazionale”, “propaganda contro lo Stato” e per aver criticato in un tweet il governo iraniano, per come stava affrontando la pandemia.

Dopo essere stato chiamato per due volte dalla magistratura iraniana per scontare la sua condanna, Mosaed ha deciso di fuggire in Turchia. Qui, purtroppo, invece di ricevere l’asilo politico, è stato prelevato da un centro medico, dove era in cura, e gli è stato comunicato che di lì a poco sarebbe stato espulso verso l’Iran.

Reagendo alla notizia della possibile prossima espulsione di Mosaed dalla Turchia, la CPJ ha emesso un comunicato pubblico, chiedendo che il giornalista venga immediatamente rilasciato. Ad oggi, purtroppo, non è arrivata nessuna risposta dalle autorità turche.

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