Un esempio di antipopulismo illiberale: come funziona e perché impoverisce il dibattito pubblico

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“Metà coglioni e metà fascisti”. Questa è la brillante definizione che Gino Strada ha dato del governo gialloblù. Un binomio prezioso per capire come opera quell’antipopulismo militante descritto magistralmente da Luigi Curini su Atlantico qualche settimana fa. Strada, con queste parole, ha dimostrato che chi si oppone alla linea pro-immigrazione deve essere messo a tacere. La squalifica morale (fascisti) e quella culturale-intellettuale (coglioni) pone di fatto l’esecutivo Conte fuori dall’arena democratica. La combinazione dei due aggettivi rende infatti il governo illegittimo (ricordiamoci sempre il peso del termine fascista…).

Non importa che l’immigrazione sia un tema suscettibile di discussione e su cui si possono avere pareri diversi. Chi vuole ridurre gli sbarchi attuando una politica differente da quella dell’accoglienza senza limiti deve essere silenziato ed estromesso dal dibattito pubblico. E attenzione: tutta questa operazione non si realizza sul piano dei contenuti, cioè spiegando perché tale politica sia sbagliata ma su quello morale. Insomma, chi ha un giudizio dissimile da quello di Strada deve essere zittito perché individuo deprecabile. Proprio questa logica, che personaggi come il fondatore di Emergency non esiterebbero a definire fascista, rende gli anti-populisti militanti illiberali. Illiberali perché provano a silenziare, con tecniche più o meno esplicite, coloro che hanno opinioni legittime, ma diverse dalle loro. Il giochino è sottile ma sembra funzionare alla perfezione per mettere fuori gioco l’avversario.

L’arena democratica, con questo meccanismo, cessa di essere tale perché si riduce a coloro che hanno convinzioni simili su un medesimo tema. Quello di Strada non è l’unico caso in cui opera questa forma di anti-populismo. L’Europa, i diritti civili e l’America trumpiana sono solo alcune delle questioni sulle quali i cittadini devono essere liberi di avere opinioni diverse. Invece, con questi meccanismi, che a volte operano sottotraccia, le posizioni altre rispetto ad una certa narrazione vengono censurate. Da qui il rischio di uno spazio pubblico più povero, privo di dialogo e fatto di idee sostanzialmente omogenee. Tutto il contrario di quel luogo in cui si dovrebbero incontrare e scontrare visioni e valori diversi, dove, grazie alla forza del discorso e della ragione, l’individuo è libero di ascoltare e decidere.

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