Il professor Mola non ha davvero bisogno di presentazioni: storico italiano tra i più autorevoli, qui più volte segnalato e recensito, ad esempio per i suoi notevolissimi lavori su Giovanni Giolitti.
Ma Aldo A. Mola è conosciuto anche per importanti volumi sulla storia della Massoneria (il primo del 1976, il secondo del 1992-94). Da poche settimane è uscito per Bompiani un suo terzo libro sul tema, impressionante per mole (circa 800 pagine) e profondità della ricerca, che non attinge nemmeno per un rigo ai lavori precedenti, è tutto basato su documenti inediti, ed è aggiornato fino alla più stringente attualità di questo 2018.
Già il titolo dice molto dell’approccio dell’Autore: non “Storia della Massoneria italiana”, ma “Storia della Massoneria in Italia”. Quindi, una realtà – come scrive testualmente Mola – “impollinata” dell’estero, sin dalle origini inglesi nella prima metà 1700: per tentare di arginare in Italia l’egemonia borbonica e quella pontificia, ma subito bersaglio di scomuniche e anatemi, e qui vissuta spesso come un corpo estraneo, per un verso con un costante bisogno di accreditamento estero, per altro verso oggetto di una vita costantemente “sub judice”, tra sospetti giudiziari, aggressioni politiche, e ricorrenti atmosfere da caccia alle streghe.
E’ paradossale, per Mola, che un’istituzione vissuta liberamente in tanti Paesi – non solo nel mondo anglosassone, dove tra l’altro è stata decisiva per la nascita degli Stati Uniti d’America –, qui in Italia sia invece “tollerata, sorvegliata, indagata, ma mai riconosciuta”. Né una pur meritoria attitudine all’apertura, alla convegnistica, al dialogo è finora riuscita a rompere il muro del pregiudizio. “E’ il paradosso di un Paese – scrive l’Autore – che ha avuto e ha più antimassoneria che massoneria, così come ha più antifascismo di quanto ebbe fascismo”. Insomma, altrove la Massoneria non è un “problema”, mentre lo è in un Paese, il nostro, dove gli iniziati sono meno dello 0,5 per mille degli abitanti.
Fenomeno oggettivamente curioso: fino alle ultime aggressioni, tutte citate e analizzate da Mola, dalle proposte di legge del 2017 volte a discriminare i massoni a un passaggio del recente contratto di governo del 2018, passando per la campagna della Commissione antimafia guidata dalla Bindi all’insegna della superstizione antimassonica, con una relazione approvata all’unanimità da quella Commissione e pubblicamente contestata – fuori di essa – da un solo parlamentare allora in carica (l’estensore di questo articolo: non massone, peraltro).
Davanti a un’opera così vasta e significativa, oltre a un doveroso invito alla lettura, mi limito a tre notazioni.
La prima. Il professor Mola, a beneficio di smemorati e analfabeti di andata e ritorno, ricorda il ruolo della Massoneria nel Risorgimento italiano e nella nascita dell’Italia, nell’uscita della Penisola (o almeno nel tentativo di uscire) dalla dimensione di mera “espressione geografica”. La cosa è particolarmente meritoria, dopo decenni di cappa cattocomunista abituata a soffocare e negare la storia risorgimentale, “fastidiosamente” caratterizzata da tratti liberali.
La seconda: con coraggio e lucidità, l’Autore non esita a individuare contraddizioni nello stesso mondo massonico in Italia. Mola parla di una “fungaia di invenzioni, fusioni, scissioni”, una proliferazione di realtà, fino alla clamorosa vicenda di Giuliano Di Bernardo, un ex gran maestro che arriva allo sproposito di mettere in discussione la compatibilità della massoneria con le leggi dello stato, oltre a gettare altre gravi ombre. Ma Mola non esita a rivolgere critiche anche più culturali e ideali, come lo slittamento di certuni – prima e dopo il referendum del 1946 – su posizioni non solo legittimamente repubblicane, ma di settarismo antimonarchico, dimenticando le origini inglesi e il carattere monarchico (ma non cortigiano) della Gran Loggia Unita d’Inghilterra.
La terza. Mola non ha paura di chiamare le cose con il loro nome, e anche di ricordare la traiettoria antiliberale di una parte consistente e potente del mondo cattolico, attraverso diversi pontificati, e il rinnovarsi di un pregiudizio e di un’ostilità con poche interruzioni ed eccezioni.