Gli inglesi attribuiscono alle elezioni suppletive un’importanza quasi mistica. Cercano di scorgere tra le linee del voto in constituency più o meno sperdute per il paese un filo conduttore che aiuti a comprendere lo stato dell’arte dei partiti. Così, la by-election di Old Bexley and Sidcup nel sud-est di Londra – resasi necessaria dopo la scomparsa del deputato Tory James Brokenshire – ha dato pepe a una stagione politica complessa, apparentemente contrassegnata dalla perdita di consenso di Boris Johnson e dal primo sorpasso della legislatura – quantomeno nei sondaggi – del Labour nei confronti dei Conservatori. Il test è stato, quindi, presentato dai media britannici come un referendum sul premier britannico e anche i Tories hanno schierato sul campo, a sostegno del loro candidato, il consigliere comunale locale Louie French, tutti i big del partito. Hanno girato la zona e fatto canvassing – propaganda – tutti i big del partito dal ministro dell’interno, Priti Patel, al ministro per il Levelling Up, Michael Gove, passando per il Cancelliere Sunak e lo stesso Boris Johnson.
Alla fine il risultato, invero dall’esito piuttosto scontato, ha sorriso al partito di governo. E risulta alquanto fonte di ilarità pensare che un French abbia salvato Johnson in questo momento. Il neo-deputato ha, infatti, ottenuto la maggioranza dei voti nella suppletiva (51,48 per cento), ma con una maggioranza molto ridotta rispetto a quella di Brokenshire: da circa 19 mila voti di vantaggio si è passati a 4.478, con un travaso di voti al Labour del 10 per cento, un buon risultato del Reform Party erede del Brexit Party, oltre il 6 per cento, e un’affluenza del 34 per cento, la più bassa in una suppletiva dal 2018.
È presto per dire se l’Uomo di Old Bexley and Sidcup potrà rappresentare una tendenza che si consoliderà sul piano nazionale. L’area, cintura esterna della Capitale, con un reddito medio superiore alla media nazionale e un elettorato conservatore consolidato sin dalla creazione della circoscrizione nel 1983, poco si presta a verificare i rapporti di forza dei partiti su base nazionale. Né, tantomeno, può essere indicativa dei nuovi pattern di voto registrati nel 2019, con i Tory che hanno sfondato la muraglia rossa del nord-est del Paese a discapito del Labour. Certo, l’alta astensione può essere vista sotto due punti di vista: un segnale di malcontento dell’elettorato nei confronti della politica, di cui a farne le spese è il partito di governo. Oppure come l’esito di una contesa elettorale scontata che non ha riscaldato l’animo degli elettori, già convinti che i Tories avevano la vittoria in tasca. La prima ipotesi è sostenuta dai Laburisti, la seconda dai Conservatori. Il presidente del partito, Oliver Dowden, ha definito l’idea che il Labour stia compiendo progressi in aree tradizionalmente blu “buona per gli allocchi”.
Johnson, che questa settimana è tornato davanti di un paio di punti nei sondaggi, sembra dunque tenere in questo primo appuntamento con il voto. Il 16 dicembre ci sarà un’altra suppletiva, nel Nord Shropshire, dove si deciderà il successore del dimissionario Owen Paterson. E poi nel 2022 si voterà per il seggio di Sir David Amess, ucciso da un fanatico islamico nella sua constituency durante un incontro con gli elettori. I Tories puntano al 3-0 sul Labour. Dal canto suo, Johnson punta a consolidare la sua leadership in una fase di forte incertezza per via delle nuove restrizioni causate dalla variante Omicron, delle polemiche sui migranti e della discussione interna al partito sulle politiche economiche. Per dirla con French, qui vivra verra.