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Una destra “presentabile” non è quella che la sinistra vorrebbe cucirsi su misura

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Liberale, moderata, europeista: questi i requisiti perché la destra possa essere certificata come “presentabile”. Da chi? Dalla sinistra, che più che presentabile, in realtà, la vorrebbe perdente. Qualche spunto di riflessione per un’alternativa alla omologazione

La richiesta avanzata è ben precisa: occorre una destra “presentabile”. E a sollevare con puntuale scadenza la questione è per lo più la controparte, la sinistra, il che fa subito dubitare che più che una richiesta si tratti di una preghiera: se la destra abbandona i suoi cavalli di battaglia, allora sarà più facile fronteggiarla.

In Parlamento sono questi i giorni delle trattative tra governo e opposizioni, con lo sfrontato corteggiamento a Forza Italia e a Silvio Berlusconi, tra altissimi momenti di divertissement come quelli regalati da Renato Brunetta, estasiato dallo spessore di Luigi Di Maio. Perché, si sa, le trattative prevedono che le due controparti si parlino. È dunque questa l’idea di destra presentabile? Quella che trasforma in pochi giorni qualcuno che in una nota azienda televisiva “pulirebbe i cessi” in un leader vero? 

Liberale, moderata ed europeista: sono questi, a quanto pare, i tre requisiti necessari perché la destra possa essere certificata come “presentabile”. Sono aggettivi politicamente abusati e quindi svuotati del loro significato, quindi buoni per qualsiasi occasione. L’assist involontario fornito da chi pretende che gli avversari si adeguino alle proprie aspettative apre così lo spazio per riflettere su quale alternativa offrire, come d’altronde si richiede ad ogni sistema democratico.

Liberale. Se lo è la sinistra, se lo è persino il movimento grillino, a conti fatti non lo è nessuno. Il liberalismo in Italia è soffocato sotto anni di interventismo e paternalismo che stanno dando il meglio in una fase estremamente delicata come quella in corso di emergenza sanitaria. La destra liberale è materiale di studio e di analisi sui libri di storia: è una chimera, sostenuta da una sparuta minoranza che coltiva il vizio di dispensare patentini e certificazioni, un modus operandi decisamente poco in linea con l’idea che si vuole diffondere.

Come può muoversi la destra italiana, in un contesto simile? Sostenere l’iniziativa individuale, al tempo stesso rendendosi conto che si appartiene ad una comunità che è frutto dei gesti di chi la compone e dunque promuovendo il senso di responsabilità; limitare la sfera statale, concentrandosi sul pieno funzionamento di quei servizi che le spettano (la sicurezza, l’efficienza burocratica, la certezza del diritto); volgere l’attenzione a chi è nel bisogno, perché ad ognuno sia concesso il diritto di realizzarsi senza poltrire nelle maglie larghe del welfare state.  

Moderata. Cosa s’intende per “moderazione”? Nei termini, piuttosto che nei modi? Affidare la propria strategia politica ai soli slogan non porta da nessuna parte: i temi sul tavolo cambiano rapidamente, invecchiano in un batter d’occhio. Occorre saperli tramutare in fatti prima che scadano, agendo aggressivamente se su di essi si è pronti a scommettere davvero, non solo in campagna elettorale. E ciò può avvenire nel pieno rispetto delle regole democratiche e del dibattito politico: la moderazione è un conto, il paludismo un altro. E nella palude l’Italia ci sguazza da tempo.

Il linguaggio aiuta a definire la via che s’intende intraprendere: va da sé che debba essere chiaro e semplice perché possa essere compreso dai più. Se talvolta finisce per offendere qualcuno, si metta in conto che sentirsi offesi non equivale ad aver ragione.

Europeista. È un grattacapo comprendere l’universo Unione europea, figuriamoci definire i contorni dell’europeismo. La sensazione è che la destra italiana lo sia già: l’Ue è un’ottima fonte alla quale abbeverarsi per trarre energie da spendere in battaglie quali l’immigrazione, il Mes e fondi monetari. Se questa Europa non ci fosse, a molti toccherebbe trovare davvero una collocazione.

La destra soffre della stessa patologia del resto della politica italiana: è romanocentrica, convinta che quello sia l’unico ombelico cui guardare. Il mondo viaggia velocemente e anche la destra nostrana, il più delle volte, semplicemente si accoda. A pandemia alle spalle, occorrerà riprendersi dalle violenti colpi incassati per ridare fiato al sistema economico, ma non sarà sufficiente predicare di “comprare italiano”: si curino gli interessi nazionali esportandoli, soprattutto là dove per legami culturali e diplomatici siamo ben conosciuti e apprezzati, raggiungendo accordi che non compromettano le nostre sfere decisionali.

Altro che europeista, la destra italiana provi ad essere di più. Sia di spirito maggioritario, non si perda nel labirinto del proporzionale.