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Unita nella diversità, le sfide della Chiesa d’Inghilterra: la Regina apre l’undicesimo Sinodo

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Martedì 16 novembre sono ufficialmente iniziati i lavori dell’undicesimo Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra, aperto dal consueto intervento del Sovrano, nonché Governatore Supremo della C of E. Anche se stavolta la Regina ha affidato il proprio scritto al figlio minore, il Principe Edoardo, Conte di Wessex, a causa dei problemi di salute che l’hanno afflitta negli ultimi tempi, non ha voluto mancare all’importante evento, nel corso del quale si dovranno delineare i punti fondamentali dell’operato della Chiesa nel prossimo futuro. Il Sinodo è l’organo di autogoverno e deliberazione della Chiesa stessa, fondato nel 1970, come ricordato dalla Regina nella sua dichiarazione, come successore dell’Assemblea. Si tratta di un istituto che rispecchia molto bene la natura così peculiare di questa Chiesa, ancora oggi established, e quindi investita di funzioni ufficiali, in Inghilterra. Ha una struttura incredibilmente complessa, esattamente come la Chiesa stessa, e riunisce vescovi, sacerdoti e laici, con lo scopo di discutere e approvare misure concernenti ogni aspetto, dall’organizzazione alla dottrina, dalle posizioni su questioni sociali alla liturgia.

Essenzialmente, come ci ricorda Sua Maestà, cerca di mantenere la barra del timone su una via mediana, come la Chiesa d’Inghilterra ha sempre fatto, tra rinnovamento e continuità, tenendosi lontana da ogni posizione estrema, senza però troncare ogni legame con chi si barrica su posizioni più dure. Il compito sembra oggi particolarmente arduo: ci saranno certamente punti di vista molto distanti su certi temi, ammonisce la Regina – indubitabile, se pensiamo che ci saranno da affrontare argomenti come l’approccio ai cambiamenti climatici e la posizione delle persone omosessuali all’interno della Chiesa. Molte Chiese, anche nella Comunione Anglicana, non hanno retto a tali pressioni, spaccandosi e dividendosi, e la Supreme Governor, pur senza citare tale eventualità, prega chiaramente perché il Sinodo trovi saggezza nel decidere e soprattutto unità nell’esistere.

Dopotutto, la Church of England ha ancora una funzione importante da svolgere nella società, anche se le cose non sono più quelle di un tempo. Elisabetta II tiene a ricordare di avere tanti sudditi di ogni fede – o di nessuna -, e che tutti loro hanno un ruolo nella società; eppure, ha ancora senso l’esistenza di una Chiesa ufficiale, c’è ancora bisogno di una Chiesa nazionale. E questo bisogno è stato più evidente che mai negli ultimi due anni: la pandemia, rammenta la Regina, ha colpito molto duramente la nazione, e il colpo si è fatto sentire ancora di più tra le fasce più deboli della popolazione. E la C of E ha risposto prontamente al bisogno: ha dato vita a moltissime iniziative di sostegno, sia spirituale che materiale, ha portato speranza e aiuto, e ha reinventato in un certo senso la propria liturgia – aspetto fondamentale – portando le funzioni nelle case dei fedeli con gli appuntamenti domenicali, registrati ogni settimana in una diocesi diversa, con la partecipazione di vescovi, sacerdoti e laici, sempre cercando di dare spazio a tutte le diverse tradizioni e sfumature che compongono la comunità anglicana.

Ma la Chiesa d’Inghilterra non è solo un’istituzione confortante e una pietra di volta della nazione: è anche portatrice del messaggio del Vangelo di Cristo e dei suoi comandamenti – secondo le parole della Regina – e ad essi è sempre rimasta fedele. E ancora oggi si incarica di diffonderli, in modo sorprendentemente vitale per un’istituzione mainstream, e anche questa è una cosa che non è mai cambiata.

Certo, la C of E che ha aperto il suo undicesimo Sinodo può essere molto diversa da quella che aveva conosciuto il principe Filippo – sempre ricordato dalla sovrana – all’apertura del primo, 50 anni fa. I dati diffusi in questi giorni sulle circa 500 persone che si avviano al sacerdozio nel prossimo anno parlano di un 11 per cento di appartenenti a gruppi etnici minoritarî, 24 per cento di giovani e ben 54 per cento di donne – che in pochi anni sembrano destinate a formare la maggioranza assoluta del clero. È una Chiesa che non rappresenta più la maggioranza della popolazione, una Chiesa che deve affrontare la particolare fase culturale che stiamo vivendo senza strapparsi e senza rinnegare sé stessa.

Ma resta sempre la vecchia Chiesa d’Inghilterra, nonostante tutto ben salda nel suo ruolo, e si appresta ad affrontare il suo futuro col piglio di un Arcivescovo che non esita a definire la cancel culture un gravissimo pericolo per l’Occidente, e con una partecipazione che raramente si era vista nel passato recente: la reazione della Chiesa alla pandemia ha portato alla luce in modo visibile i tanti ragazzi che animano nuovamente la vita di parrocchia, ed è proprio pensando a loro che Sua Maestà conclude pregando per una Chiesa unita e coesa, parte attiva della società inglese, e britannica in generale, con la sua finalmente cordiale collaborazione con la Church of Scotland – di ispirazione calvinista, con cui i rapporti sono sempre stati a dir poco tiepidi. Una presenza imprescindibile, con le sue parrocchie, le istituzioni scolastiche ed educative, i centri di assistenza, le mense, le strutture ospedaliere.

Riuscirà ad essere ancora una casa per tutti, per gli evangelici e gli anglo-cattolici, per i tradizionalisti e i liberal, ad unire le funzioni online e le high mass cantate? Sua Maestà crede di sì, e per questo prega e lavora, perché la pluricentenaria istituzione possa resistere unita nella diversità, come l’Inghilterra stessa, ancora oggi e domani una Chiesa per e dell’Inghilterra – e perché gli inglesi possano chiamarla ancora our Church.

Segue la traduzione integrale della dichiarazione della regina.

Vostre Grazie, le Convocazioni di Canterbury e di York, debitamente convocate in obbedienza alle Nostre Regie Scritture, sono in questo giorno unite, e la Camera dei Laici è aggiunta ad esse in conformità alla Misura di Governo Sinodale del 1969, così da costituire l’Undicesimo Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra.

Arcivescovi e membri tutti, l’apertura di un nuovo Sinodo offre a tutti noi l’opportunità di rendere grazie per la testimonianza di coloro che ci hanno preceduti, e di pregare per ricevere la saggezza necessaria, nel momento in cui vi apprestate a cercare di bilanciare cambiamento e continuità nelle decisioni che vi attendono. È difficile credere che siano passati più di 50 anni da quando il principe Filippo e io abbiamo partecipato alla prima riunione del Sinodo Generale.

Nessuno di noi può rallentare il passare del tempo; e mentre spesso ci concentriamo su tutto ciò che è cambiato negli anni trascorsi, molto rimane tuttavia immutato —compreso il Vangelo di Cristo e i suoi insegnamenti.

L’elenco dei compiti da affrontare in quel primo Sinodo generale può suonare familiare a molti di voi: l’educazione cristiana; l’unità dei cristiani; la migliore distribuzione dei sacerdoti e degli altri ministri in base ai bisogni della popolazione. Ma uno spicca, supremo: “portare il popolo di questo Paese alla conoscenza e all’amore di Dio”.

Naturalmente, nella nostra società moderna, così riccamente diversificata, il benessere della nazione dipende dal contributo di persone che appartengono a tutte le fedi —o anche a nessuna.

Ma per le persone di fede, gli ultimi anni sono stati particolarmente duri, con le loro restrizioni senza precedenti nell’accesso al conforto e alla rassicurazione del culto pubblico.

Per molti, è stato un periodo di ansia, di dolore e di stanchezza.

Eppure il Vangelo ha portato speranza, come ha fatto attraverso i secoli; e la Chiesa si è adattata e ha continuato il suo ministero, spesso in modi nuovi —come le forme digitali di culto.

San Paolo ci ricorda che a tutti i cristiani è affidato il ministero della riconciliazione, e rendere più salde e profonde le relazioni tra le grandi tradizioni cristiane è stata una priorità costante, fin dal primo Sinodo Generale del 1970. E così, sono lieta di notare la maggiore cooperazione tra la Chiesa d’Inghilterra e la Chiesa di Scozia, così come i costanti rapporti e legami ecumenici tra molte Chiese, all’insegna della ricerca dell’unità dei cristiani.

Vostre Grazie e membri del Sinodo, i prossimi cinque anni non saranno sempre semplici. Come ogni nuovo Sinodo, avete ereditato pesanti responsabilità e molte questioni da affrontare, relazioni da discutere e decisioni difficili da prendere. Potreste dover considerare diverse proposte sul governo, sulla condotta, sull’uso delle risorse e su altre questioni —nonché su una visione per il futuro della Chiesa.

In alcune aree, naturalmente, ci saranno opinioni differenti, ma la mia speranza è che sarete rafforzati dalla certezza dell’amore di Dio, e che potrete lavorare insieme attingendo alla tradizione della Chiesa di unità nella comunione per i compiti che vi attendono.

All’inizio di questo nuovo Sinodo, la mia preghiera è che la benedizione del Signore sia su di voi mentre intraprendete i vostri compiti di discussione e deliberazione; e che possiate trovare ispirazione nelle gioiose parole dell’inno che avete cantato questa mattina:

O Consolatore, avvicinati,
appari nel mio cuore,
e accendilo, donandogli la tua santa fiamma.

Elizabeth R.

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