Un regime nel caos totale: è così che si può definire attualmente la Repubblica Islamica dell’Iran. Come si ricorderà, Teheran ha iniziato il 2020 abbattendo un aereo civile ucraino appena decollato dalla capitale e provando a negare ogni responsabilità in merito. Davanti all’evidenza, il regime iraniano è stato costretto a riconoscere l’accaduto, ma ancora oggi nessun responsabile è stato chiamato a pagare, le scatole nere dell’aereo non sono state consegnate agli investigatori e nessuna famiglia delle vittime ha ricevuto alcun indennizzo.
Dopo la tragedia dell’aereo ucraino, in Iran è scoppiata la crisi del coronavirus. Una crisi che, anche in questo caso, ha visto l’Iran prima negare totalmente il problema e rifiutare di chiudere i luoghi sacri della città di Qom, epicentro della diffusione del virus in Iran, di fermare i voli della Mahan Air tra l’Iran e la Cina. Per la cronaca, come anche riportato dal quotidiano La Stampa, proprio i voli della Mahan Air non solo in Cina ma anche in Siria e Libano hanno contribuito ad esportare il virus in mezzo Medio Oriente. Ricordiamo che la Mahan Air è la compagnia dei Pasdaran, inserita nella lista delle compagnie colpite da sanzioni internazionali, per il fatto di essere usata dalle Guardie Rivoluzionarie per trasportare jihadisti sciiti a Damasco e Beirut. La Mahan Air ha viaggiato in Italia fino al dicembre scorso, dopo che è stata bloccata grazie alle pressioni della Casa Bianca (e dopo essere già stata messa al bando da Francia e Germania).
L’11 maggio, è stato reso noto che durante una esercitazione militare nel Mare di Oman il 10 maggio, un missile iraniano ha colpito un’altra nave iraniana, causando un incendio a bordo e la morte di 19 soldati e il ferimento di altri 15. Anche in questo caso, per ore è stata imposta la censura, lasciando pubblicare ai media che nell’incidente era deceduto un solo militare. Dunque, le reali vittime del fuoco amico potrebbero essere molte di più. Ancora una volta, viene dimostrato come la Repubblica Islamica sia ormai un Paese in preda alla psicosi, con personale militare scarsamente addestrato ed estremamente impaurito, che maneggiando armamenti pericolosi rischia veramente di scatenare – anche involontariamente – gravissimi incidenti, capaci di mietere numerose vittime.
Questa incapacità iraniana non deve essere sottovalutata. Anche perché il presidente Trump – dopo l’ennesimo atto provocatorio da parte dei Pasdaran nello Stretto di Hormuz – il 22 aprile ha inviato alla marina militare americana un ordine molto chiaro: colpire e affondare qualsiasi cannoniera iraniana che si permetta ancora di creare fastidio alle navi statunitensi nel Golfo. Insomma: il pericolo che un calcolo sbagliato da parte iraniana si trasformi in un conflitto più ampio, è ormai diventato qualcosa più che un semplice “rischio”.
È per questo che l’Ue dovrebbe far muro, insieme agli Stati Uniti, per rinnovare l’embargo totale previsto dalle Nazioni Unite sulla compravendita delle armi verso la Repubblica Islamica dell’Iran. Un embargo imposto dall’Onu tra il 2006 (risoluzione 1737) e il 2010 (risoluzione 1929) e poi parzialmente sospeso con l’approvazione dell’accordo sul programma nucleare del 2015 e della risoluzione 2231. In quell’accordo, si prevedeva la fine di parte dell’embargo imposto alla compravendita delle armi entro il 18 ottobre del 2020. D’altronde, è stato lo stesso presidente Rouhani, lo scorso novembre, ad affermare davanti ad una folla che la sola ragione per cui Teheran non abbandonava il JCPOA, era proprio il fatto che a breve sarebbe scaduto l’embargo sulla compravendita delle armi verso l’Iran.
Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha parlato chiaro nei giorni scorsi: “Gli Stati Uniti eserciteranno tutte
le opzioni diplomatiche per garantire che l’embargo Onu sulle armi all’Iran sia prorogato”. “Non accetteremo il loro status quo di violenza e terrore né consentiremo mai che l’Iran abbia l’arma atomica”, ha aggiunto in una nota.
È perciò fondamentale che l’embargo sia rinnovato e che l’Ue si trovi al fianco degli Stati Uniti. Non solo perché si sono ritirati dall’accordo dopo il suo palese fallimento, ma anche e soprattutto perché è ormai chiaro a tutti che Teheran non vuole, né sa minimamente controllare efficacemente l’uso di questi armamenti. Senza contare il fatto che, ancora oggi, l’Iran è considerato il primo Paese per sostegno ai gruppi jihadisti sparsi per il mondo. Fattore questo, che ha portato Teheran ad essere pienamente re-inserito nella lista nera del Financial Action Task Force (FATF), con l’accusa di riciclaggio di denaro a fini di finanziamento del terrorismo internazionale.
È in mano ad un regime come questo che l’Occidente, già alle prese con l’emergenza da Covid-19, vuole mettere in mano armamenti che possono portare il mondo intero davanti ad un’altra crisi internazionale?