Se c’è chi ha scritto che “la Costa Azzurra è un angolo del mondo che sarà sempre l’Inghilterra”, ora possiamo dire che c’è un angolo – anzi, più che un angolo un’intera zona – di Londra che è anche un pezzettino italiana. Il tutto grazie ai Westminster Italian Conservatives, fondato da un gruppo di residenti italiani a Londra per sostenere i Tories nella capitale britannica.
Atlantico Quotidiano ha parlato con Stefania Signorelli, la vice-chairman del gruppo per saperne di più sui progetti dell’associazione e su come i conservatori italiani hanno vissuto due snodi cruciali della storia del Regno Unito: la Brexit e la pandemia legata al Covid-19.
DANIELE MELONI: Quando sono nati gli Italian Conservatives? Che scopi ha l’associazione?
STEFANIA SIGNORELLI: Siamo nati nel 2016 per sostenere la campagna elettorale di Zac Goldsmith a sindaco di Londra. Purtroppo in quell’occasione il candidato conservatore non ce l’ha fatta. Non dimentichiamoci che Londra non è città Tory e che a parte Boris Johnson, abbiamo sempre avuto il Labour alla guida della città di recente. Goldsmith pagò anche il fatto di essersi esposto in favore della Brexit in una città pro-Remain e questo determinò la sua sconfitta. Facemmo tantissimo “canvassing” per lui e quella fu la nostra prima esperienza di politica attiva. Peraltro, non è strano che anche i big del partito facciano volantinaggio e bussino alle porte dei cittadini per cercare di convincerli a votarli. Ho visto anche Theresa May fare “canvassing”. Anche da primo ministro lei amava tornare nel week-end nella sua constituency di Maidenhead e parlare con i suoi elettori dei problemi locali.
DM: Alla fine l’epoca May è durata 3 anni ma è stata flagellata dalle sconfitte parlamentari legate alla Brexit. Poi è arrivato Boris Johnson e il 12 dicembre 2019 ha ottenuto una vittoria storica. Per quale motivo i britannici – ma soprattutto gli inglesi – lo hanno votato?
SS: il popolo era stufo dell’argomento Brexit, si sentiva parlare solo di quello e hanno visto in Johnson l’unico con un’agenda credibile per portarla a termine. Lo hanno votato anche tanti laburisti che non si fidavano di Corbyn e pensavano che era giunto il momento di metterci alle spalle la Brexit. Johnson è stato bravo a sfruttare questo sfinimento anche all’interno del partito: possiamo dire che May gli ha preparato il terreno, anche se il suo essere camera-shy – timida di fronte ai media – le ha giocato contro. Noi comunque, come Italian Conservatives, abbiamo al nostro interno sia Remainers che Brexiteers, siamo un gruppo aperto, pluralista, e sempre lo saremo.
DM: la Brexit è un fenomeno epocale, spesso inquadrato solo in termini economicistici quando non macchiettistici da buona parte della nostra stampa, e anche da parte di quella inglese. Penso al Guardian per esempio. Ma che clima si respirava a Londra nei giorni del referendum e dopo il suo esito?
SS: chi aveva votato Remain – il 60 per cento dei londinesi – era affranto e anche tra i nostri connazionali c’era chi temeva di tornare a casa o chissà quali svantaggi. In realtà non c’è stato nulla di tutto ciò. Il governo ha subito riconosciuto lo status dei cittadini dell’Unione europea residenti a Londra e le procedure per chiedere il settled o il pre-settled status sono state rapide e facili da portare a termine. Il tanto temuto esodo di capitali, banche e imprese non c’è stato. Goldman Sachs ha assunto molte più persone. Io mi occupo di servizi di business per le imprese e non ho mai percepito un calo del lavoro negli ultimi 4 anni prima della pandemia. Anzi, semmai un’espansione.
DM: Una volta portata a termine la Brexit al grido elettorale di “Get Brexit Done”, Johnson ha dovuto affrontare la pandemia tra le critiche e anche una vicenda personale molto dolorosa che lo ha visto ricoverato al St. Thomas Hospital. Com’è cambiata Londra con il Covid?
SS: è cambiata moltissimo perché chi può lavora da casa, ma gli inglesi sono molto pragmatici e hanno avuto un atteggiamento positivo anche di fronte alla pandemia. Inizialmente non ci sono state tutte le restrizioni che abbiamo visto altrove. Il governo dava dei “consigli” e le multe erano risibili, qualcosa come 30 sterline. Quando Johnson ha detto che i casi in Inghilterra erano così alti perché “il popolo inglese ama la libertà” non ha detto una cosa peregrina, come molti hanno sostenuto. Gli inglesi rispettano la legge e le consuetudini – basti pensare a come si mettono in fila ordinati senza che nessuno sgarri – ma hanno fatto fatica a digerire le limitazioni delle libertà personali. Lo stesso Johnson le ha definite “detestabili”, poi però sono arrivate l’obbligatorietà delle mascherine sui mezzi pubblici e altre misure per contenere il diffondersi dei contagi. Il governo ha agito facendo il massimo per limitare i danni.
DM: Eppure ora il programma di vaccinazioni di massa del Governo Johnson potrebbe fare uscire il Paese dalla pandemia prima di tutti gli altri in Europa. Johnson ha puntato sulla ricerca da subito per sconfiggere il coronavirus e i fatti gli stanno dando ragione.
SS: sì, sul programma di vaccinazioni Johnson è stato lungimirante e ha anche potuto contare sull’efficienza dell’NHS, una delle strutture pubbliche più amate dagli inglesi. La comunicazione e gli inviti a vaccinarsi sono costanti e c’è persino una app dove puoi vedere quando sarà il tuo turno per ricevere la tua jab, la tua iniezione, sia la prima che la seconda. Speriamo di metterci alle spalle questo periodo alla svelta: una città come Londra vive per la sua socialità e vogliamo tornare alla normalità pre-Covid il prima possibile.
DM: Quali sono i progetti degli Italian Conservatives nel breve periodo. In primavera ci saranno le elezioni per il nuovo sindaco di Londra e il Labour è favorito a ottenere un secondo mandato con Sadiq Khan. Anche alle politiche l’anno scorso la città ha votato in stragrande maggioranza i Laburisti. Vi state concentrando su quello?
SS: sì, stiamo lavorando per sostenere la candidatura di Shaun Bailey come sindaco. Sappiamo che non sarà una battaglia facile, ma Shaun è un ottimo candidato, un politico con un background di assoluto rilievo che può essere appealing per ogni cittadino londinese, sia del centro che delle periferie. Il fatto di avere scelto un candidato della minoranza etnica BAME vi fa capire quanto sia grande e aperto il Partito Conservatore: c’è spazio per tutti coloro che vogliono dare una mano senza alcuna distinzione. D’altronde lo stesso Johnson ha nominato ministri di ogni fascia sociale, etnia e credo religioso. Un bel messaggio anche per una città come Londra dove l’apertura mentale e le diversità sono di casa.