In letale ritardo, adesso sono i più forsennati nel pugno di ferro, vogliono dimostrare che hanno a cuore ciò che fino a ieri avevano sottovalutato: la salute dei loro amministrati, e si sentono un po’ tutti piccoli padri celesti, piccoli Mao o almeno Xi Jinping. Il richiamo della foresta…
Il Premierconte si era certificato in tempi non sospetti: “Sono sempre stato di sinistra io”. Sì, si vede. Col coronavirus gli amministratori, centrali e locali, son dovuti andare a “vedere”, scoprendo le carte, e lì si è constatata la frana di una profezia per molto tempo autoadempiuta o meglio autoimposta, stile dittatura cinese: noi, noi compagni siamo i meglio sindaci, governatori, i nostri servizi funzionano benone, i nostri “modelli”, dall’Emilia alla Toscana, dall’Umbria a dove sia, li studiano nel mondo. Blah, blah, blah. Il modello Emilia resse nella ricostruzione postbellica semplicemente perché trattavasi di un autoritarismo umanizzato, puro capitalismo in salsa comunista sì, ma all’italiana, all’emiliana. Col partito che sorvegliava e chiudeva gli occhi e assecondava la crescita spontaneista. Altri tempi, degenerati col tempo. Il “modello Bologna” si è rivelato alla lunga un disastro di lassismo, di falle, di problemi rinviati, ai nostri giorni ha spiccato il girone dantesco di Bibbiano. In Umbria non ne potevano più, nelle Marche si era alla paralisi anche senza coronavirus, l’epidemia che ha spazzato via presunzioni e vanità.
Del Premierconte in tanti hanno messo in fila gli incredibili svarioni che peraltro non accennano a smettere, ultimi dei quali l’auspicato (da lui) ricorso al Mes, quanto a dire un suicidio di massa, e quindi i soliti insulti per autonomi e partite Iva e quinci il Tombolone (poi rinnegato) sulla miseria delle 600 euro. Dalla compagna Lamorgese l’ennesimo sfascio in forma di tolleranza per i migranti che, per giunta non controllati, continuano ad affluire, se no “è razzismo”. Si può parlare di vaneggiamento al potere?
Ma anche a livello locale, periferico, l’insipienza scintilla e abbiamo registrato la figura di palta dei tanti sindaci, da Sala a Milano a Gori a Bergamo, a tanti altri fino al climax del governatore Zingaretti, splendidi nell’irridere, nel minimizzare, nel darsi a bevute “solidali” e ad effusioni cinesi oltre il limite dell’intelligenza. E questi – ci informa Giorgio Gandola su La Verità, oggi fanno perfino gli offesi: dall’alto delle loro macerie, posano, spocchiosi come sempre, e pretendono scuse. Da chi? Dai cittadini. La loro spocchia non funziona più. La presunzione non incanta più. Hanno fallito, punto. E dovrebbero darsi alla cucina con la mogliettina e la cognatina, o ai centri sociali, o alle terrazze solidali, comunque sparire, se ancora sopravvivesse un concetto di responsabilità oggettiva, politica. Il coronavirus li ha denudati, ha dimostrato che, come esponenti di sinistra, in senso amministrativo non valgono una cicca; ha confermato che a sinistra si gestisce tutto con l’ideologia anziché il pragmatismo, e che la favola bella dei governi centrali o periferici illuminati è un incubo.
Oggi anche i più arroganti, i più di sinistra a denominazione di origine controllata, come il Bonaccini emiliano, adottano soluzioni “di destra” che poi di destra non sono, sono semplicemente le uniche possibili e le impone lo stato di fatto, l’eccezionale gravità della situazione. E dunque: cordoni, blocchi, confini, controlli, isolamenti, niente abbracci a mandorla, niente trastulli alcoolici, e, presto, auspicabilmente, niente più rotture di coglioni di pifferi “Bella ciao” sui balconi e pugni chiusi chissà verso cosa. Verso il sol del coronavirus. Ci sono arrivati in ritardo, drammatico, letale ritardo: ma ci sono arrivati, smentendo tutto di loro stessi, delle loro idee ideologiche, della loro azione tardiva e fanatica. Adesso sono i più forsennati nel pugno di ferro, vogliono dimostrare che hanno a cuore ciò che fino a ieri avevano sottovalutato: la salute dei loro amministrati, e si sentono un po’ tutti piccoli padri celesti, piccoli Mao o almeno Xi Jinping. Il richiamo della foresta. Naturalmente, essendo comunisti e non potendo vaccinarsi da questa malattia, non rinunciano, nella tragedia globale, a rileggere la realtà e a riferirla con l’immancabile lingua di legno: la sconfitta del capitalismo, la sconfitta del sovranismo. No, questa è la sconfitta vostra. Totale e definitiva. Sarebbe da dirvi: pensate a governare e tacete, ma il pericolo è proprio questo: che pensiate e che sgoverniate. Quello che conta, che resta, è che, da amministratori di sinistra, avete conclamato una illuminata inettitudine e tutta la spocchia del mondo non vi basterà. Alla prova delle prove, avete fallito. Tutti, dal Giuseppi in poi.