Sono, notoriamente, piuttosto stonato ma canterò pure io. in occasione del vertice dell’alleanza atlantica in programma a Bruxelles l’11-12 luglio, un “vertice” che secondo molti verrebbe utilizzato dal Presidente americano Donald Trump per picconare e forse cominciare a smantellare la Nato.
Non intonerò un inno, ma una canzonetta di George M. Cohen, prolifico autore di commedie musicali, e protagonista di Broadway dagli Anni Venti agli Anni Quaranta del Ventesimo Secolo: “Overthere, overthere, there are yankees everywhere, everywhere!” (“Laggiù, laggiù ci sono yankee da per tutto, da per tutto!). E’ una canzone leggera, allegra, gioiosa, pur se con un pizzico di melanconia per la lontana terra natia . Composta, inizialmente, per una commedia in musica a sfondo patriottico (“Anna, get your gun!”, “Anna, prendi il fucile”) diventò il “tune” più fischiettato, oltre che cantato, dai soldati americani nella Prima Guerra Mondiale; si racconta che lo stesso Hemingway la canticchiasse negli altipiani di Asiago così ben descritti in “A farewell to arms” (“Addio alle armi”). Diventò, poi, una delle canzoni più care alle truppe Usa, soprattutto quelle sul fronte europeo, negli Anni Quaranta. L’ultima inquadratura di un film biografico in bianco e nero, su George M.Cohen, mostra Roosevelt il quale sbircia ( e saluta) da una finestra della Casa Bianca, soldati che sfilano a Pennsylvania Avenue al ritmo di “Overthere, overthere, there are yankees everywhere, everywhere!”.
Perché canterò “Overthere”? In primo luogo, è la canzonetta più diffusa e più cantata, senza alcun imprimatur ufficiale, dai milioni di ragazzi americani che due volte nel secolo scorso varcarono l’Atlantico in missione di pace in un Vecchio Continente che aveva innescato la miccia del proprio suicidio. In secondo luogo, questi ragazzi (molti dei quali venivano dall’immenso Mid-West e non avevano mai visto il mare prima di imbarcarsi alla volta dell’Europa) erano pacificatori, come lo sono i nostri (e non solo i nostri) nella tormentate terre dell’Iraq, dell’Afghanistan, ed altrove. Con generosità estrema, molti di loro, per dare la pace e la libertà a noi, sarebbero rimasti sul suolo europeo, in immensi cimiteri da Anzio alla Normandia. In terzo luogo, meglio di molti concioni ufficiali, la canzone di G.M. Cohen esprime quella massima fondamentale di Voltaire, iscritta in marmo nel suo villaggio natale ai confini tra Francia e Svizzera, spesso dimenticata da noi ma metabolizzata negli Usa: l’intolleranza deve essere massima nei confronti degli intolleranti. In quarto c’è un fatto personale: a 22 anni ho potuto continuare a studiare grazie a borse di viaggio finanziate dai contribuenti americani e a borse di studio finanziate da filantropi americani; a 26 anni, sono tornato negli Usa, con mia moglie ed con 300 dollari in tasca, in due. Ci sono rimasto oltre 15 anni, compiendo un’intera carriera in Banca Mondiale. Là sono nati i nostri figli. Là ho imparato a lavorare ed ad avere la massima intolleranza nei confronti degli intolleranti. Forse, ho anche appreso un po’ di generosità.
Ho nella parete del mio studio una foto incorniciata del 1966: cinquanta studenti europei e cinquanta americani – era il primo anno di un Master alla Johns Hopkins University (Bologna Center) – in visita allo SHAPE ( sede del Supremo Comando Alleato) allora a Parigi – un’esperienza fondante.
Certamente gli Stati Uniti di oggi sono più interessati all’Estremo Oriente, all’America Latina ed alla stessa Russia che ad un’Europa al cui processo d’integrazione hanno contribuito attivamente, non solo per generosità ma anche per non trovarsi ancora una volta immischiati in guerre intestine nel Vecchio Continente . E che oggi vedono ristagnare in preda a litigiosi sovranismi.
Tuttavia, da parte europea sarebbe auspicabile uno sforzo. Non le spese americane per la difesa superano il 3,5% – il target per i Paesi Nato è il 2%- e quelle della Germania e dell’Italia sfiorano rispettivamente l’1,22% e l’1,13% (ed un terzo di quelle classificate come ‘difesa’ in Belgio sono, in effetti, pensioni per le forze armate), ma ci sono aree – in primo luogo la cyber security – dove la collaborazione sarebbe fruttuosa prima ancora che necessaria. Quindi, un rafforzamento non un indebolimento dell’alleanza è nell’interesse di tutti. Overthere!