Da oltre un anno e mezzo non si parla più di “mascherine altruiste” per indicare quelle chirurgiche, e di “mascherine egoiste” per il tipo FFP2. Non era male, come trovata pubblicitaria, perché rendeva l’idea, probabilmente attendibile dal punto di vista scientifico, della diversa funzione: più spiccatamente rivolta alla protezione degli altri quelle chirurgiche e più protettive anche per sé stessi le FFP2. Potrebbe essere che, rese le FFP2 obbligatorie nella maggioranza delle situazioni, sottolineare l’esigenza di proteggere innanzitutto sé stessi farebbe brutto. Ormai avviato il processo di criminalizzazione dei non vaccinati, con la loro esclusione sociale, in quanto bollati come nemici della società, striderebbe troppo dire agli italiani: “Suvvia, basta con le mascherine altruiste, usate d’ora in poi quelle egoiste!”. Le parole contano, ora più che mai.
Tutta l’azione di governo è scritta sul pentagramma ove quelle poche note che vi stanno sopra vengono ripetute ad libitum senza armonia alcuna. Pare che le sfumature, quelle dei diesis e dei bemolli, siano state bandite. Bisogna suonare quella musica acromatica e ripetitiva che piace al direttore. Indugiare sui semitoni è passibile di cacciata dall’orchestra, così come l’ascoltatore più evoluto che trovasse monotona e priva di gusto la musica troppo grezza, come se si suonasse davanti ai maiali, verrebbe accompagnato all’uscita del teatro, tra fischi e sberleffi della platea di bocca buona che non vuole complicazioni. Ci stiamo riducendo alla semplificazione forzata di concetti complessi e variegati, come il maestro frettoloso e scazzato che spiega ai suoi scolari armati di piffero che le note sono sette, che cominciano con il do basso e finiscono col do alto (e sarebbero otto).
Viviamo nell’epoca della schematizzazione totale, intesa come il limite al quale deve attenersi la “Scienza”, e non sia mai che lo schema sia soltanto una semplificazione di facile impatto; alla base dello schema il nulla, e non certamente la teoria completa. Le norme emergenziali attuali fanno riferimento a schemi più che a concetti concreti schematizzabili in tabelle. Chi e perché abbia creato tali schemi non ci è dato saperlo, ma l’importante è che ci siano tante sigle alfanumeriche e tanti neologismi da imparare a memoria senza capirne minimamente la ragione. Ma quanto è buono e generoso il Capo Supremo che ci risparmia di spiegarci cose che non capiremmo! In principio fu lo schema, poi venne la sostanza, sembra che funzioni così.
Mai come oggi ci è stato richiesto, addirittura dal presidente della Repubblica, di schierarci di qua o di là, ovviamente dopo averci indicato quale sia la “giusta” parte dove stare. Il bello, per così dire, è che quelli che c’invitano alle decisioni draconiane, sono stati maestri nell’arte del cercare la terza, la quarta o la quinta via quando si trattava di scegliere banalmente se dovessero stare a sinistra, al centro o a destra. Basterebbe rileggere (e pochissimi lo fanno) quanto dichiarato dai fautori delle liste “buoni e cattivi” quante sfumature di pensiero, quante sottigliezze, quante posizioni intermedie hanno inventato fino a ieri per discolparsi dalle accuse di incoerenza totale, per rendersi conto di quanto tutto ciò sia surreale. Per certi versi potremmo dire che siamo alla metadittatura, al superamento della volontà incontrastabile del ducetto di turno, quella basata sull’assioma che il capo ha sempre ragione. Avessero almeno l’onestà intellettuale di riconoscere di non essere affatto convinti di quanto ci stanno imponendo e di quanto ci obbligheranno a fare domani.
Paradossalmente, a moltissimi di noi basterebbe sentirci dire: “Ragazzi, non abbiamo un’idea precisa del perché vi stiamo obbligando a fare questo e quello, ma stiamo improvvisando in buona fede, pensando di fare bene e dimostrandoci disponibili a rimediare ad eventuali grossi errori…” Anche un semplice richiamo alla buona fede invoglierebbe a concedere loro un’apertura di credito, persino qualche isolata, wildcard ogni tanto. Ma è la supponenza delle certezze basate su evidenze scientifiche, che forse saranno tali soltanto tra decenni, ad irritare sempre più quelli che già non sanno più a quale superstar della medicina dar retta, a rendere tutto più difficile. Anche questa spinta a considerare un deficiente o un criminale chi abbia qualche dubbio non si può più tollerare, ancor più alla luce di sparate ad effetto come quella del “vi lascio un Paese unito”. La ragione del dubbio di cartesiana memoria è ormai surclassata dall’aforisma: ”Abbi certezze, sempre, tanto farai presto a fare dietrofront quando si accorgeranno che hai detto una cazzata”. Avete presente i dibattiti televisivi, quando qualcuno, dopo essersi accorto di aver detto una palese stupidata, cerca di giustificarsi con l’immancabile ”era una provocazione…”? Temo proprio che ben più d’uno degli inguaribili depositari di certezze, una volta successo il disastro, potrebbe dirci che era solo una provocazione, giusto per vedere come l’avremmo presa. E, comunque, anche se fossero solo provocazioni, a lungo andare susciterebbero reazioni magari eccessive o scomposte, e non sono affatto sicuro che a forza d’insistere con le esibizioni di forza, prima o poi, la corda potrebbe spezzarsi, e nel momento meno indicato per affrontare certe emergenze aggiuntive.
Con questo andazzo, il dubbio, grande molla per approfondire la conoscenza di qualsiasi cosa, è già sbagliato in termini, o, almeno, così vogliono farci intendere. Oggi bisogna avere certezze, come l’ometto che per dimostrare di “non dovere chiedere mai” comprava il mediocre dopobarba immedesimandosi nel contenuto della camicia di jeans sbottonata sul petto, che allora usava villoso. Sembrerebbe perfino una gigantesca operazione di marketing, se non fosse peggio. Trattiamo la più globale delle epidemie della storia a colpi di slogan e frasi fatte degne di un dozzinale spot pubblicitario. Persino la Scienza, quella con la “S” maiuscola, oggi si propaga con la pubblicità, ma nella reclàme, perlomeno, è facilissimo intravedere il cui prodest, mentre chiedersi a chi giovi tanto spaccio di certezze dogmatiche potrebbe condurre a risposte inquietanti e troppo simili a certe calamità storiche già vissute. Vediamo troppi appelli all’unione nazionale, puntualmente seguiti, nello stesso discorso, dalla cesura netta e divisiva tra sostenitori o detrattori dei vaccini o dei Green Pass per non essere punti da qualche dubbio.
Una volta di diceva “legittimo dubbio”, ma pare che al dubbio non sia più concessa alcuna legittimità, anche e soprattutto per decreto. Si diceva anche che “carta canta” e che le cifre tagliano le gambe alle chiacchiere, ma quale carta canta oggi, di quali cifre si parli e da chi provengano quei numeri rimane un mistero. Comunque sia e comunque vada, non sembra proprio che ci si stia avviando su un percorso pieno di concordia e privo di contrapposizioni. Non scordiamo, almeno per chi crede, che qualcuno ci disse di farci agnelli tra i lupi. Ma da lì a lasciarsi passivamente sbranare dai lupi ne passa ancora e sarebbe bene ricordare che una delle più efficaci strategie degli agnelli in occasione dell’attacco dei loro predatori è quello di sciogliere immediatamente il gregge per pensare ciascuno a salvare la propria pelle. Viva la mascherina egoistica! A chi mi ricordasse che “uniti si vince” risponderei, comunque, che in caso di pandemia da virus stare troppo uniti non fa benissimo e che è addirittura vietato.