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Vietato parlare di islamizzazione: in Francia minacce di morte per un reportage su Roubaix

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Roubaix, Francia. Le telecamere della trasmissione Zone interdite, del canale francese M6, si sono concentrate su una città povera del Nord dove è in atto un fenomeno preoccupante. Zone Interdite si è interessata a certi quartieri dove l’islam radicale è oramai diffuso. Nella regione Hauts-de-France, la città di Roubaix (98.000 abitanti, di cui il 43 per cento sotto la soglia di povertà) ospita una grande comunità musulmana: sette moschee, di cui una apertamente salafita. Nel reportage si mostra come alcuni quartieri della città siano scivolati nel fondamentalismo e in una forma di separatismo: i ristoranti offrono box chiusi riservati alle donne velate, in alcune scuole le bambine sono velate già all’età di 6 anni e sono separati dai maschi, in alcune librerie è addirittura possibile acquistare libri che sostengono il jihad. 

Originario di Roubaix e giurista, Amine Elbahi denuncia nel reportage l’islamizzazione che dice di osservare tra la popolazione. Durante una sequenza, si vede Amine che cammina per rue de Lannoy, una delle strade più grandi perché porta al centro della città. L’avvocato mostra “cinque o sei macellerie halal“, “librerie islamiche”, e negozi di prêt-à-porter con “il velo integrale, il niqab”. “È una chiamata a escludersi dalla comunità nazionale e ad aderire a una pratica più rigorosa dell’islam”, si rammarica. Più tardi, l’avvocato deplora il “silenzio” delle autorità quando cerca, invano, di avvisarle della radicalizzazione di sua sorella, che era partita per la Siria. Nel centro della città, si possono anche comprare bambole senza volto. Questi giocattoli sono venduti a genitori con una visione ultra-radicale dell’islam (che proibisce la rappresentazione di esseri umani). Una commessa spiega che in questo modo i fabbricanti rispettano la richiesta islamica di non riprodurre il volto creato da Allah. Un altro negozio vende anche orsacchiotti bianchi senza occhi.

Nel reportage, Amine Elbahi racconta di aver più volte avvisato la prefettura del Nord, alla fine del 2020, di una fantomatica associazione in città dal nome altisonante “Ambizioni e iniziative per il successo”. Sospettava in effetti che fornisse “corsi coranici” sotto forma di tutoraggio, pur beneficiando di sovvenzioni pubbliche, in particolare comunali. Sullo sfondo, pare ci siano sospetti di clientelismo nei confronti del sindaco Guillaume Delbar, che pur d’intascare denaro illecito, avrebbe chiuso gli occhi sulla natura dell’associazione, provocando un disastro sociale e civile.

Immediatamente dopo la diffusione del reportage è partito il fuoco incrociato di critiche ed una vera e propria ondata di odio contro la redazione di M6 e contro coloro che hanno partecipato al reportage. La giornalista Ophélie Meunier è stata minacciata sui social e ha dovuto essere messa sotto scorta dalle autorità. Lo stesso vale per uno dei protagonisti del reportage, l’avvocato e giurista Amine Elbahi. “I giornalisti e le persone che hanno testimoniato in questo reportage riceveranno la protezione dello stato, le loro denunce sono in corso di esame”, ha detto il ministro dell’interno Gérald Darmanin lunedì 31 gennaio. “Faremo di tutto perché gli autori di queste minacce siano trovati e tradotti in giustizia”. Anche il sindacato dei giornalisti francese ha espresso pieno sostegno alla giornalista Ophélie Meunier. “È inammissibile attaccare qualcuno in questo modo. Niente giustifica le minacce o la violenza, e l’informazione e la libertà di stampa devono rimanere una priorità se vogliamo preservare la nostra democrazia”.

Anche i candidati alle presidenziali, in piena campagna elettorale, hanno reagito con veemenza al reportage. Jean-Luc Mélenchon ha parlato di programma “disonesto” (ma ammette di non averlo visto durante un talk show televisivo), Eric Zemmour invece ha definito Roubaix “l’Afghanistan a due ore da Parigi”.

La denuncia di Elbahi ha nondimeno portato a un’indagine da parte della magistratura, che ha scoperto che “corsi di arabo di natura religiosa” sono stati effettivamente insegnati. Il sindaco Delbar e tre membri dell’associazione dovranno comparire davanti al tribunale penale di Lille, il primo per appropriazione indebita, gli altri per “violazione della fiducia”. Tuttavia, il processo potrebbe essere rinviato: due avvocati hanno chiesto tempo per studiare il caso. Quanto ad Elbahi, la sua vita è diventata un inferno. Il giurista racconta di aver ricevuto numerose minacce sui social. Elbahi è descritto in particolare come un “kouffar” (miscredente in arabo) ed è stato minacciato dai salafiti di essere decapitato per strada.