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L’X factor del voto in Emilia Romagna: il brand Salvini traina Borgonzoni, mentre il Pd si nasconde

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“La scelta di farsi processare per il caso Gregoretti può essere l’X factor della campagna elettorale in Emilia-Romagna e potrebbe portare alla vittoria Lucia Borgonzoni”. Andrea Altinier, docente universitario presso lo Iusve, a lungo nello staff di Luca Zaia, esperto di comunicazione politica e media relation (ha collaborato con Swg e collabora con Youtrend), fotografa con un’analisi a tutto campo la strategia comunicativa di Salvini e la campagna elettorale in Emilia-Romagna, da cui sono emerse tutte le difficoltà del Partito democratico.

MARTINO LOIACONO: Professore, partiamo dalla scelta di Salvini di farsi processare per il caso Gregoretti. Che peso politico e comunicativo ha?
ANDREA ALTINIER: Tutto ciò che sta facendo Salvini, inclusa la politica nazionale, è pensato per influenzare la campagna elettorale in Emilia-Romagna. E così ha scelto di farsi processare perché il caso Gregoretti è motivante e mobilitante e può portare molti cittadini a votarlo. Inoltre, innesca il Salvini contro tutti, un processo che lo ha aiutato più volte. Anche perché ne esce come vittima della magistratura.

ML: Ha parlato di vittimismo, ci spiega come tutto ciò si inserisce nella contesa elettorale in Emilia-Romagna?
AA: Salvini sta cercando di calare tutti i temi nazionali nella sfida tra Bonaccini e la Borgonzoni. In questo caso sta usando l’immigrazione, uno dei suoi cavalli di battaglia. In queste ultime settimane ha accelerato perché sa che sono le fasi in cui si decidono le elezioni. Basti guardare all’episodio del citofono…

ML: Cosa ne pensa?
AA: È stata una scelta sorprendente, come quella del Vinci Salvini per le Europee del 2019 e le politiche del 2018. Non sono lo stesso format, ma anche in questo caso egli ha deciso di mettersi al centro dell’agenda mediatica con una mossa spregiudicata. I suoi avversari ormai non stanno parlando d’altro, aiutandolo a raggiungere l’obiettivo che si era posto. Il Salvini contro tutti, o meglio il tutti contro Salvini, si innesca anche perché nella narrazione dei suoi avversari c’è un’ossessione nei suoi confronti e tutto ruota intorno al leader della Lega. La scelta di farsi processare e questo episodio possono essere dunque l’X factor di questa campagna elettorale e potrebbero portare la Borgonzoni alla vittoria.

ML: Secondo lei Bonaccini è in grado di reagire alla spregiudicatezza di Salvini?
AA: Vorrei premettere che Bonaccini ha svolto una buona campagna elettorale, come si vede anche dai suoi social media. Dal punto di vista strategico è ineccepibile per posizionamento e narrazione. Si tratta di una campagna denazionalizzata, depoliticizzata e fortemente incentrata sulla sua figura. Anche il suo look è diventato importante per dargli una certa istintività e far sì che la sua figura fosse sotto i riflettori. E in questo senso il candidato uscente ha avuto anche la capacità di non cadere nell’ossessione per Salvini cercando di evitare polemiche e privazioni. È stata una campagna solida che si è mossa dentro un perimetro chiaro ovvero quello amministrativo–istituzionale. Fino a qui tutto bene, ma forse c’è un deficit che è quello dell’empatia con l’elettorato e il sogno da consegnare agli elettori. Bonaccini non ha emozionato e in politica l’elemento emotivo ha un suo peso. Questo non è un problema solo di Bonaccini, ma è il Pd che oggi non riesce più ad emozionare dando un’idea di futuro che arrivi al cuore.

ML: Se Salvini sta dando una mano alla Borgonzoni che fine ha fatto il Pd? Perché non riesce ad aiutare Bonaccini?
AA: Il brand Salvini sta trainando la Borgonzoni, invece il Pd non ha nessun effetto. I Dem non hanno un leader capace di spostare gli equilibri e in grado di far decollare il consenso. Ecco perché Bonaccini non ha sfruttato il brand Pd. E qui si apre un tema cruciale: se il Pd si nasconde in una delle regioni più rosse c’è un problema… Se anche l’Emilia-Romagna diventa contendibile significa che il Partito democratico si sta sfarinando. Si pensi che nel 2005 Vasco Errani vinse con il 62 per cento (Ulivo al 48 per cento), nel 2010 sempre Errani vinse con il 52 per cento (Pd al 41 per cento), nel 2014 Bonaccini vinse con il 49 per cento (Pd al 44 per cento). Crollate le ideologie, sarebbe necessario rappresentare dei ceti, delle categorie e invece sembra che il Pd non rappresenti più nessuno. Se non i ceti più affluenti che vivono nei centri urbani. Continuare a perdere Comuni e Regioni poi non aiuta.

ML: Le sardine possono essere un fattore importante per contenere questa emorragia?
AA: Le sardine hanno riempito le piazze, hanno creato un fenomeno mediatico interessante ma non so che effetto elettorale possano avere. Basta guardare i sondaggi. Nonostante le loro manifestazioni la Lega continua a rimanere sopra il 30 per cento e se perde voti li cede a Fratelli d’Italia, non certo alla sinistra. Infatti il Pd continua ad attestarsi sotto il 20 per cento. In passato, ad esempio, le grandi manifestazioni d’autunno della Cgil spostavano numerosi voti (circa il 3/4 per cento). L’effetto sardine mi pare dunque più emotivo che elettorale. Anche perché il loro posizionamento è troppo schiacciato sull’antisalvinismo e ha perso la potenziale trasversalità.

ML: Che conseguenze potrebbero esserci a livello nazionale dopo il voto di domenica?
AA: È inutile nascondersi: il voto in Emilia-Romagna è diventato nazionale. È un termometro del consenso nazionale. È uno snodo importante ma non farà cadere il governo, perché anche se il Pd dovesse perdere non potrebbe permettersi di tornare al voto. Il progetto di logorare Salvini, del resto, è fallito. Pd e M5S si erano illusi di vincerlo mandandolo all’opposizione e scongiurando l’aumento dell’Iva. Ma non basta. La Lega è ormai un partito nazionale in grado di competere in ogni regione d’Italia.